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Home » Scienze e culture » Etiopia, il massacro della popolazione Amhara: vittime soprattutto donne e bambini

Etiopia, il massacro della popolazione Amhara: vittime soprattutto donne e bambini

Sono oltre 400 le persone uccise nell'eccidio avvenuto a Tole Kebele, nella regione di Oromia. Amnesty International chiede che sia fatta piena luce sull'accaduto

Domenico Guarino
2 Agosto 2022
Etiopia

Etiopia, sono più di 400 le vittime del massacro compiuto dall'Elo nei confronti della popolazione Amhara

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Almeno 400 vittime, uccise in maniera sommaria, decine di feriti, incendi di abitazioni, saccheggi: è quanto è accaduto a Tole Kebele, nella regione di Oromia, in Etiopia, lo scorso 18 giugno. Secondo la denuncia di Amnesty International, che ne ha svelato la portata e che chiede al Governo ed alle autorità internazionali di fare piena luce sull’accaduto, a farne le spese è stata la popolazione Amhara, un gruppo etnico della zona centrale del Paese, di cui fanno parte circa 23 milioni di persone, cioè il 30,2% della popolazione etiope.

Secondo i testimoni, ad operare il massacro, che ha avuto come vittime soprattutto donne e bambini, sarebbero stati i membri dell’Esercito di liberazione Oromo (Elo), riconosciuti a causa dei loro caratteristici capelli lunghi e intrecciati, le loro divise militari e soprattutto perché parlavano il dialetto oromiffa. L’Elo è un gruppo armato che si è distanziato dal Fronte di liberazione oromo dopo che, nel 2018, questo gruppo è entrato nella competizione politica. Dal 2018 vi sono stati frequenti scontri tra l’Elo e le forze governative nell’ovest e nel sud della regione di Oromia. Amnesty International ha intervistato dieci persone, tra cui testimoni oculari, familiari delle vittime e un funzionario locale e tutte hanno raccontato le stesse atroci scene di violenza, uccisioni, devastazione.

Etiopia massacro
I bossoli nel villaggio di Tole Kebele dopo il massacro degli Amhra (AP)

L’analisi delle immagini satellitari, da parte del Crisis Evidence Lab dell’organizzazione per i diritti umani, ha confermato le dichiarazioni secondo le quali il 18 giugno una serie di incendi è divampata nei villaggi di Tole Kebele. Secondo i testimoni, gli attacchi sarebbero iniziati alle 9, dopo che molti uomini erano andati nei campi o avevano lasciato le loro abitazioni per svolgere altre attività, lasciando nelle case soprattutto donne, bambine e bambini. A quel punto i membri dell’Elo hanno circondato i villaggi e poi si sono mossi al segnale di uno sparo. Oltre alle uccisioni di massa, hanno dato fuoco alle case e hanno razziato bestiame, cereali e denaro in contante.

Un funzionario locale, intervistato da Amnesty International, ha dichiarato che le vittime sono state almeno 450. “Questi ha anche aggiunto che l’attacco è stato immediatamente segnalato alle autorità, che hanno fatto sapere di non poter intervenire perché c’era una strada interrotta. Per tutte e cinque le ore dell’attacco, le forze governative non solo intervenute, nonostante la più vicina rappresentanza del governo distasse meno di 50 chilometri. Sono arrivate solo dopo che l’Elo era andato via, mentre i sopravvissuti stavano già recuperando i corpi dei loro parenti uccisi” denuncia l’organizzazione umanitaria, che ha già documentato in passato episodi del genere, sia pure non delle stesse dimensioni. I portavoce di Elo, da parte loro, hanno ripetutamente negato ogni responsabilità per l’attacco a Tole Kebele, accusando invece le forze governative.

Hachalu Hundessa
Hachalu Hundessa, noto cantante e attivista politico etiope ucciso due anni fa

L’eccidio di oromia si iscrive all’interno di una fase molto complicata della storia etiope più recente, che ha visto il riacutizzarsi delle tensioni intra-etniche, soprattutto dopo l’uccisione del celeberrimo cantante, di etnia oromo, Hachalu Hundessa, avvenuta il 29 giugno di due anni fa, attivista politico, simbolo della battaglia per l’autodeterminazione della popolazione oromo, etnia maggioritaria in Etiopia, ma continuamente soggetta a discriminazione e marginalizzazione. A causa delle sue idee Hundessaa era stato anche incarcerato per aver partecipato alle proteste contro il regime tigrino e per sospetti legami con il Fronte di Liberazione Oromo, organizzazione politica considerata fuorilegge che si batte contro il dominio coloniale e l’oppressione della cultura e del popolo oromo.

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"Ve lo risparmio ragazzi, non è proprio il mio forte" ha risposto l
  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
Almeno 400 vittime, uccise in maniera sommaria, decine di feriti, incendi di abitazioni, saccheggi: è quanto è accaduto a Tole Kebele, nella regione di Oromia, in Etiopia, lo scorso 18 giugno. Secondo la denuncia di Amnesty International, che ne ha svelato la portata e che chiede al Governo ed alle autorità internazionali di fare piena luce sull’accaduto, a farne le spese è stata la popolazione Amhara, un gruppo etnico della zona centrale del Paese, di cui fanno parte circa 23 milioni di persone, cioè il 30,2% della popolazione etiope. Secondo i testimoni, ad operare il massacro, che ha avuto come vittime soprattutto donne e bambini, sarebbero stati i membri dell'Esercito di liberazione Oromo (Elo), riconosciuti a causa dei loro caratteristici capelli lunghi e intrecciati, le loro divise militari e soprattutto perché parlavano il dialetto oromiffa. L’Elo è un gruppo armato che si è distanziato dal Fronte di liberazione oromo dopo che, nel 2018, questo gruppo è entrato nella competizione politica. Dal 2018 vi sono stati frequenti scontri tra l’Elo e le forze governative nell’ovest e nel sud della regione di Oromia. Amnesty International ha intervistato dieci persone, tra cui testimoni oculari, familiari delle vittime e un funzionario locale e tutte hanno raccontato le stesse atroci scene di violenza, uccisioni, devastazione.
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Hachalu Hundessa
Hachalu Hundessa, noto cantante e attivista politico etiope ucciso due anni fa
L’eccidio di oromia si iscrive all’interno di una fase molto complicata della storia etiope più recente, che ha visto il riacutizzarsi delle tensioni intra-etniche, soprattutto dopo l'uccisione del celeberrimo cantante, di etnia oromo, Hachalu Hundessa, avvenuta il 29 giugno di due anni fa, attivista politico, simbolo della battaglia per l'autodeterminazione della popolazione oromo, etnia maggioritaria in Etiopia, ma continuamente soggetta a discriminazione e marginalizzazione. A causa delle sue idee Hundessaa era stato anche incarcerato per aver partecipato alle proteste contro il regime tigrino e per sospetti legami con il Fronte di Liberazione Oromo, organizzazione politica considerata fuorilegge che si batte contro il dominio coloniale e l’oppressione della cultura e del popolo oromo.
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