Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Scienze e culture » Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari, nove infermieri su dieci hanno subito aggressioni a lavoro

Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari, nove infermieri su dieci hanno subito aggressioni a lavoro

La denuncia della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche: più di un operatore su due ha subito violenze fisiche sul posto di lavoro. La presidente Mangiacavalli chiede tolleranza zero

Remy Morandi
12 Marzo 2022
Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari

Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari

Share on FacebookShare on Twitter

Nove infermieri su dieci sono stati vittime di violenza sul luogo di lavoro. Praticamente tutti, secondo le stime della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI). Il dato è allarmante, soprattutto oggi, sabato 12 marzo 2022 in cui si celebra per la prima volta in Italia la Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari.

“Rispetta chi ti aiuta”, la campagna della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche in occasione della prima Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari

Più di un infermiere su due ha subito violenza fisica sul lavoro

Gli infermieri sono i professionisti della Sanità in assoluto più colpiti dagli atti di violenza sugli operatori sanitari. In particolare, secondo le stime della FNOPI, l’89% degli infermieri è stato vittima di violenza sul lavoro e di questi casi nel 58% (oltre uno su due) si è trattato di violenza fisica. La situazione, riferisce la Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, si sta oggi aggravando perché accanto alle usuali violenze, durante la pandemia si sono create situazioni come quelle in cui non è stato possibile far avvicinare persone ai ricoverati. Situazione che ha generato fortissime tensioni e numerose aggressioni. Per non parlare, accusa la FNOPI, dei no-vax autori di continue aggressioni e minacce, anche di morte nei confronti degli operatori sanitari.

I dati dell’Inail: 13-14 aggressioni al giorno agli infermieri

Secondo l’Inail, di tutte le aggressioni al personale sanitario il 46% sono subite dagli infermieri e il 6% dai medici. In base a questi dati, le aggressioni agli infermieri sarebbero circa 5.000 all’anno, con un media di 13-14 aggressioni al giorno. Ma le mancate denunce e gli episodi non rilevati dimostrerebbero che il numero di aggressioni è in verità molto più alto. In realtà, secondo l’Inail, le violenze verbali e fisiche sono almeno 10-15 volte più numerose.

Un infermiere su due non ha denunciato le violenze subite

Grazie al co-finanziamento della FNOPI, otto università italiane hanno realizzato uno studio nazionale sugli episodi di violenza rivolti agli infermieri sul luogo di lavoro. Dalla ricerca è emerso che più della metà degli infermieri (il 54,3%) ha segnalato l’episodio, ma chi non l’ha fatto si è comportato così perché nel 67% dei casi ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero causa dell’episodio, nel 20% l’infermiere che non ha denuciato era convinto che tanto non avrebbe ricevuto risposta alcuna da parte della struttura in cui lavora, il 19% ritiene che il rischio sia una caratteristica attesa/accetata dal lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire da solo senza doverli riferire questi episodi. Le conseguenze delle aggressioni comunque ci sono sempre: il 24,8% degli infermieri che ha segnalato di aver subito violenza negli ultimi 12 mesi, riporta un danno fisico o psicologico, e per il 96,3% il danno è a livello psicologico, compromettendo spesso anche la qualità dell’assistenza.

La presidente della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, Barbara Mangiacavalli

La presidente Mangiacavalli: “Tolleranza zero contro la violenza”

La presidente della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, Barbara Mangiacavalli, ha voluto sottolineare che “la prevenzione degli episodi di violenza a danno degli operatori sanitari richiede che l’organizzazione identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e ponga in essere le strategie organizzative, strutturali e tecnologiche più opportune, diffonda una politica di tolleranza zero verso atti di violenza nei servizi sanitari, incoraggi il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi e faciliti il coordinamento con le Forze dell’ordine o altri oggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie per eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari. Solo l’impegno comune può migliorare l’approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro”.

Potrebbe interessarti anche

Sindaci ’disobbedienti’: Sergio Giordani (Padova), Isabella Conti (San Lazzaro di Savena) Alice Parma (Sant’Arcangelo di Romagna)
Attualità

Diritti dei figli di coppie omogenitoriali: aumentano i sindaci ‘disobbedienti’

24 Marzo 2023
In Uganda approvata una legge anti-gay (Amnesty International)
Attualità

Uganda, sì alla legge anti-gay. Carcere anche per chi si dichiara Lgbtq

22 Marzo 2023
Chiara Sommi al concerto dei Maneskin di Torino (Facebook)
Lifestyle

Maneskin, disabile al concerto: “Pensati in transenna”

20 Marzo 2023

Instagram

  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Nove infermieri su dieci sono stati vittime di violenza sul luogo di lavoro. Praticamente tutti, secondo le stime della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI). Il dato è allarmante, soprattutto oggi, sabato 12 marzo 2022 in cui si celebra per la prima volta in Italia la Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari.
"Rispetta chi ti aiuta", la campagna della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche in occasione della prima Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari

Più di un infermiere su due ha subito violenza fisica sul lavoro

Gli infermieri sono i professionisti della Sanità in assoluto più colpiti dagli atti di violenza sugli operatori sanitari. In particolare, secondo le stime della FNOPI, l'89% degli infermieri è stato vittima di violenza sul lavoro e di questi casi nel 58% (oltre uno su due) si è trattato di violenza fisica. La situazione, riferisce la Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, si sta oggi aggravando perché accanto alle usuali violenze, durante la pandemia si sono create situazioni come quelle in cui non è stato possibile far avvicinare persone ai ricoverati. Situazione che ha generato fortissime tensioni e numerose aggressioni. Per non parlare, accusa la FNOPI, dei no-vax autori di continue aggressioni e minacce, anche di morte nei confronti degli operatori sanitari.

I dati dell'Inail: 13-14 aggressioni al giorno agli infermieri

Secondo l'Inail, di tutte le aggressioni al personale sanitario il 46% sono subite dagli infermieri e il 6% dai medici. In base a questi dati, le aggressioni agli infermieri sarebbero circa 5.000 all'anno, con un media di 13-14 aggressioni al giorno. Ma le mancate denunce e gli episodi non rilevati dimostrerebbero che il numero di aggressioni è in verità molto più alto. In realtà, secondo l'Inail, le violenze verbali e fisiche sono almeno 10-15 volte più numerose.

Un infermiere su due non ha denunciato le violenze subite

Grazie al co-finanziamento della FNOPI, otto università italiane hanno realizzato uno studio nazionale sugli episodi di violenza rivolti agli infermieri sul luogo di lavoro. Dalla ricerca è emerso che più della metà degli infermieri (il 54,3%) ha segnalato l'episodio, ma chi non l'ha fatto si è comportato così perché nel 67% dei casi ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero causa dell’episodio, nel 20% l'infermiere che non ha denuciato era convinto che tanto non avrebbe ricevuto risposta alcuna da parte della struttura in cui lavora, il 19% ritiene che il rischio sia una caratteristica attesa/accetata dal lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire da solo senza doverli riferire questi episodi. Le conseguenze delle aggressioni comunque ci sono sempre: il 24,8% degli infermieri che ha segnalato di aver subito violenza negli ultimi 12 mesi, riporta un danno fisico o psicologico, e per il 96,3% il danno è a livello psicologico, compromettendo spesso anche la qualità dell’assistenza.
La presidente della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, Barbara Mangiacavalli

La presidente Mangiacavalli: "Tolleranza zero contro la violenza"

La presidente della Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, Barbara Mangiacavalli, ha voluto sottolineare che "la prevenzione degli episodi di violenza a danno degli operatori sanitari richiede che l'organizzazione identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e ponga in essere le strategie organizzative, strutturali e tecnologiche più opportune, diffonda una politica di tolleranza zero verso atti di violenza nei servizi sanitari, incoraggi il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi e faciliti il coordinamento con le Forze dell’ordine o altri oggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie per eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari. Solo l’impegno comune può migliorare l’approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro".
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto