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I problemi dell'Università in Italia: il merito dei laureati 'prodigio' non può oscurare i difetti

di NICOLÒ GUELFI -
29 dicembre 2021
Lauree in Italia

Lauree in Italia

Samuele Cannas, sei lauree a soli 25 anni.

Nel nostro Paese si è parlato molto, ultimamente, di studenti prodigio che collezionano lauree con lode in tempi record. Se il loro lavoro è eccezionale, quello della stampa, della politica e degli atenei appare molto più ipocrita. Samuele Cannas, studente sardo di 25 anni, ha recentemente conseguito la sua sesta corona d’alloro presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Prima di lui, a giugno 2020, il record per il numero di lauree apparteneva a Giulio Deangeli, il quale aveva suscitato il medesimo clamore sulla stampa nazionale. Fermo restando che il talento, l’impegno, la perseveranza e anche i risultati di queste persone siano positivi e meritino plauso, il caso ricorda certi docenti che, per giustificare la verifica in cui quasi tutta la classe è andata male, si rivolge verso l’unico studente promosso. D’altronde, se ce l’ha fatta lui, potevano farcela tutti, no? La situazione, per l’università italiana, non è delle migliori sotto vari punti di vista. Basta guardare al numero dei laureati e già si capisce dove si va a parare: secondo dati Istat del 2020, in Italia solo il 20,1% della popolazione compresa tra 25-64 anni possiede una laurea, contro una media dell’Unione Europea del 32,8%. Questo testimonia il mancato successo del passaggio da un’università d’élite a una di massa. Gli atenei non sono in grado di accogliere grandi numeri di studenti e molti di quelli che iniziano un percorso non lo portano a termine. Secondo Affari Italiani, incrociando i dati di Eurostat e AlmaLaurea, con 523.900 abbandoni universitari solo nel 2017 (289.900 studenti e 234.000 studentesse) l’Italia ha un triste primato anche in questo ambito: è la seconda a livello europeo, dopo la Francia. L’abbandono in realtà inizia già prima. In Italia, ancora secondo Istat, nel 2020 la quota di giovani che hanno abbandonato gli studi prima di conseguire il diploma è pari al 13,1%, per un totale di circa 543mila ragazzi. La percentuale sale al 16,3% se ci riferiamo a Sud Italia. Non esattamente un quadro idilliaco, e fare leva su singoli casi virtuosi non può cancellare problemi strutturali.
Laurea

Sia prima che dopo la laurea esistono problemi strutturali che i giovani si trovano ad affrontare

Altro aspetto importante è che i successi di Giulio e Samuele non sono agevolati dalla legge. In Italia, per un decreto regio risalente al 1933, non è possibile iscriversi a più corsi di laurea contemporaneamente. Un limite divenuto anacronistico e penalizzante per tutti i ragazzi che invece potrebbero trarre beneficio da carriere sincretiche che uniscano profili diversi. Questo tema è oggetto del disegno di legge sulla doppia laurea, il cui relatore è l’onorevole Alessandro Fusacchia, approvato all’unanimità alla Camera in ottobre e in attesa di una data per essere discusso al Senato. In un contesto del genere, casi virtuosi di studenti eccellenti non si verificano grazie all’università, ma nonostante essa. L’ultimo aspetto che è necessario evidenziare è come il nostro Paese decide di impiegare i suoi laureati. Un rapporto della Corte dei conti uscito a maggio del 2021 afferma come, a partire dal 2013, il fenomeno della cosiddetta “fuga dei cervelli” sia aumentato del 41,8%. Le cause, secondo quando emerge, sarebbero da individuare nelle “persistenti difficoltà di entrata nel mercato del lavoro” e nel fatto che “la laurea non offre possibilità d’impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore”. Le “limitate prospettive occupazionali”, unite alla “remunerazione non adeguata”, sono i motivi che portano sempre più laureati a lasciare l’Italia verso altri lidi più favorevoli. Forse, invece delle onorificenze e dei complimenti, sarebbe giusto garantire i mezzi, il rispetto e un futuro dignitoso a chi studia.