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Impiantata per la prima volta in Italia una retina artificiale che dona la vista ai pazienti ciechi affetti da maculopatia

L'Innovativa operazione è stata effettuata all'ospedale San Giovanni Addolorata di Roma nell’ambito del progetto internazionale "PRIMAvera"

di BARBARA BERTI -
16 settembre 2022
Primo impianto in Italia di retina artificiale (Instagram)

Primo impianto in Italia di retina artificiale (Instagram)

Impiantata per la prima volta in Italia una rivoluzionaria retina artificiale – o meglio, una protesi sottoretinica – in grado di ridonare una visione utile (bionica) ai pazienti che hanno perduto totalmente la vista a causa di una grave patologia oculare, la degenerazione maculare senile nella forma atrofica (secca) giunta allo stadio terminale, che prende il nome di “atrofia geografica”. L’innovativo intervento è avvenuto all’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma: è stato eseguito dal responsabile Uosd chirurgia vitreoretinica Marco Pileri, nell’ambito del progetto internazionale “PRIMAvera” e a ricevere il microchip Prima (sviluppato dall’azienda Pixium Vision) è stato un paziente di 91 anni affetto da maculopatia atrofica in stadio terminale, che colpisce sempre più anziani. “I pazienti con AMD atrofica terminale, nei quali si è avuta una progressiva scomparsa dei fotorecettori (coni e bastoncelli) che li ha portati alla completa perdita della visione centrale, si sono sempre sentiti dire che per loro non c’era alcuna possibilità di recupero anche minimo della visione centrale, mentre oggi appare possibile ripristinare una visione utile (sebbene limitata al riconoscimento di numeri e lettere) con l'impianto di un microchip sottoretinico”, ha dichiarato il dottor Pileri in un comunicato stampa.
L'equipe del dottor Marco Pileri, responsabile della UOSD di chirurgia vitreoretinica (Instagram)

L'equipe del dottor Marco Pileri, responsabile della UOSD di chirurgia vitreoretinica (Instagram)

“La nostra aspettativa è ridare la possibilità di leggere lettere, numeri, parole e anche piccole frasi” ha dichiarato dopo l’intervento Andrea Cusumano, direttore scientifico del progetto per l’Italia, annunciando a breve altri due interventi. In particolare lo studio clinico internazionale “PRIMAvera” (condotto per l’Italia dal Consorzio tra l’Università di Tor Vergata e il Presidio Britannico) arruolerà in Italia almeno cinque pazienti, “mentre in totale saranno inizialmente 38 i pazienti che riceveranno l'impianto in diversi Paesi europei” ha spiegato ancora Cusumano sottolineando, però, che i numeri sono destinati a crescere. “I risultati preliminari dello studio sono attesi entro fine anno – ha aggiunto Cusumano - mentre per la valutazione complessiva dello studio ci vorranno tre anni. Prevediamo di operare i prossimi due pazienti entro 10 giorni e che l’intervento durerà anche meno di due ore mentre la riabilitazione dei pazienti inizierà poi nel giro di alcune settimane”. Il microchip oggetto dell'intervento è di minuscole dimensioni (meno di un terzo di un capello), wireless, e si impianta con una chirurgia mininvasiva in anestesia locale. Il microchip è in grado di captare la luce nell’infrarosso e, generando stimoli elettrici, è in grado di restituire una visione utile. La degenerazione maculare legata all’età è una delle patologie più gravi che colpiscono l’occhio e riguarda un numero crescente di anziani. Nella malattia, l’area centrale della retina (“macula”) cruciale per la visione dei dettagli, per riconoscere i volti, i colori, leggere e guidare, risulta progressivamente danneggiata. La malattia rappresenta la prima causa di cecità legale e ipovisione nel mondo occidentale e colpisce principalmente over 65enni. Ufficialmente in Italia ci sono circa un milione di pazienti affetti da degenerazione maculare legata all'età. Tra questi circa 850.000 con la forma atrofica (secca) incurabile, e circa 150.000 affetti dalla forma essudativa (umida), il cui decorso si può frenare con delle iniezioni intravitreali. “In realtà i numeri della maculopatia sono di gran lunga sottostimati di almeno il 25-30 per cento – ha spiegato Cusumano - Perché molti pazienti non sanno ancora di esserne affetti”. Si contano inoltre circa 200-300mila pazienti in fase avanzata di malattia (atrofia geografica). Meno di un anno fa al Policlinico Gemelli è stato eseguito un altro impianto ma ha riguardato una protesi retinica diversa, la retina artificiale NR600, per un'altra malattia retinica, di origine ereditaria, la retinite pigmentosa.