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Home » Scienze e culture » Inquinamento, l’Italia è il quarto paese nell’Ue per morti. La classifica poco invidiabile dei decessi da smog

Inquinamento, l’Italia è il quarto paese nell’Ue per morti. La classifica poco invidiabile dei decessi da smog

Biodiversità, colture agricole e foreste i settori più colpiti. Ma dal 2020 le emissioni di sostanze nocive sono in calo

Domenico Guarino
18 Dicembre 2022
Sono 80mila i decessi all'anno causati dall'inquinamento atmosferico

Sono 80mila i decessi all'anno causati dall'inquinamento atmosferico

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Il 13,2% del totale. Qualcosa come 80mila persone all’anno. E’ il numero dei decessi causati dall’inquinamento atmosferico nel nostro Paese. Un triste primato per l’Italia che ci colloca al quarto posto assoluto nella assai poco invidiabile classifica delle morti provocate dallo smog. Solo Cipro (16,9%), Malta (14%) e Polonia (13,3%) presentano percentuali maggiori.

Combustibili fossili: la principale fonte di inquinamento da particolato

Il rapporto che condanna la popolazione urbana dell’Ue

I dati sono contenuti nel rapporto “Zero pollution“ dell’Agenzia Ue per l’Ambiente (Aea) presentato dal commissario Ue all’ambiente Virginijus Sinkevicius, che si inquadra all’interno dell’omonimo progetto dell’Unione Europea volto a centrare uno degli obiettivi del Green Deal dell’Europa. Secondo l’analisi dell’AEA, nel 2020, il 96% della popolazione urbana dell’UE è stata esposta a concentrazioni di particolato fine superiori al livello guida dell’OMS di 5 microgrammi per metro cubo (µg/m3) di aria e almeno 238.000 persone sono morte prematuramente a causa dell’esposizione all’inquinamento da PM 2,5, mentre l’inquinamento da biossido di azoto ha portato a 49.000 morti e quello da ozono ad altri 24.000.

La principale fonte di inquinamento da particolato in Europa proviene dai combustibili fossili nel settore residenziale, commerciale e istituzionale. In particolare, le emissioni per il riscaldamento degli edifici sono state responsabili del 44% delle emissioni di PM 10 e del 58% di PM 2,5. L’agricoltura è stata responsabile della stragrande maggioranza (94%) delle emissioni di ammoniaca e di oltre la metà (56%) di quelle di metano. Mentre per gli ossidi di azoto, le fonti principali sono state il trasporto su strada (37%), l’agricoltura (19%) e l’industria (15%).

L’inquinamento sta danneggiando anche la biodiversità. Non a caso, nel 2020, il 59% delle aree forestali è stato esposto a livelli dannosi di ozono troposferico

La luce in fondo al tunnel: le emissioni stanno diminuendo

L’inquinamento atmosferico danneggia anche la biodiversità, le colture agricole e le foreste, causando gravi perdite economiche. In particolare, secondo l’analisi dell’AEA, nel 2020, in Europa il 59% delle aree forestali e il 6% dei terreni agricoli sono stati esposti a livelli dannosi di ozono troposferico. Le perdite economiche dovute agli impatti dell’’inquinante sui raccolti di grano sono state pari a circa 1,4 miliardi di euro in 35 paesi europei nel 2019, con le maggiori perdite registrate in Francia, Germania, Polonia e Turchia.

Per quanto riguarda la salute dell’uomo, oltre alla morte prematura, l’inquinamento atmosferico provoca numerosi problemi e aumenta considerevolmente i costi nel settore sanitario. Ad esempio, nel 2019, in 30 paesi europei, l’esposizione al PM 2,5 ha portato a 175.702 anni vissuti con disabilità (YLD) a causa di broncopneumopatia cronica.

Alcuni segnali positivi tuttavia cominciano a cogliersi. Nel complesso, le emissioni di tutti i principali inquinanti atmosferici nell’UE hanno continuato a diminuire nel 2020. Questa è la tendenza, osserva l’analisi dell’EEA, che sta continuando dal 2005, nonostante il notevole aumento del prodotto interno lordo (PIL) dell’UE nel periodo 2005-2020. Durante lo stesso lasso di tempo il numero di decessi precoci dovuti all’esposizione al PM 2,5 è diminuito del 45% e se questa tendenza continuasse, dovrebbe raggiungere l’obiettivo del piano d’azione per l’inquinamento zero, che prevederebbe una riduzione del 55% delle morti premature entro il 2030.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Il 13,2% del totale. Qualcosa come 80mila persone all’anno. E’ il numero dei decessi causati dall’inquinamento atmosferico nel nostro Paese. Un triste primato per l’Italia che ci colloca al quarto posto assoluto nella assai poco invidiabile classifica delle morti provocate dallo smog. Solo Cipro (16,9%), Malta (14%) e Polonia (13,3%) presentano percentuali maggiori.
Combustibili fossili: la principale fonte di inquinamento da particolato

Il rapporto che condanna la popolazione urbana dell'Ue

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L'inquinamento sta danneggiando anche la biodiversità. Non a caso, nel 2020, il 59% delle aree forestali è stato esposto a livelli dannosi di ozono troposferico

La luce in fondo al tunnel: le emissioni stanno diminuendo

L’inquinamento atmosferico danneggia anche la biodiversità, le colture agricole e le foreste, causando gravi perdite economiche. In particolare, secondo l’analisi dell’AEA, nel 2020, in Europa il 59% delle aree forestali e il 6% dei terreni agricoli sono stati esposti a livelli dannosi di ozono troposferico. Le perdite economiche dovute agli impatti dell’'inquinante sui raccolti di grano sono state pari a circa 1,4 miliardi di euro in 35 paesi europei nel 2019, con le maggiori perdite registrate in Francia, Germania, Polonia e Turchia. Per quanto riguarda la salute dell’uomo, oltre alla morte prematura, l’inquinamento atmosferico provoca numerosi problemi e aumenta considerevolmente i costi nel settore sanitario. Ad esempio, nel 2019, in 30 paesi europei, l’esposizione al PM 2,5 ha portato a 175.702 anni vissuti con disabilità (YLD) a causa di broncopneumopatia cronica. Alcuni segnali positivi tuttavia cominciano a cogliersi. Nel complesso, le emissioni di tutti i principali inquinanti atmosferici nell’UE hanno continuato a diminuire nel 2020. Questa è la tendenza, osserva l’analisi dell’EEA, che sta continuando dal 2005, nonostante il notevole aumento del prodotto interno lordo (PIL) dell’UE nel periodo 2005-2020. Durante lo stesso lasso di tempo il numero di decessi precoci dovuti all’esposizione al PM 2,5 è diminuito del 45% e se questa tendenza continuasse, dovrebbe raggiungere l’obiettivo del piano d’azione per l’inquinamento zero, che prevederebbe una riduzione del 55% delle morti premature entro il 2030.
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