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Intelligenza artificiale e brevetti, cosa accade se l'invenzione è fatta da un computer

Dibattito sulla necessità di rivedere le norme vigenti per includere regole specifiche per le creazioni prodotte parzialmente o totalmente tramite le Ai

di DOMENICO GUARINO -
18 agosto 2022
Un'immagine del film "Io, Robot" con Will Smith

Un'immagine del film "Io, Robot" con Will Smith

Può un robot, un umanoide, inventare qualcosa? E se lo facesse, potrebbe brevettarlo? In un momento in cui gli studi e le applicazioni che vendono al centro le intelligenze artificiali (Ai, Artificial Intelligence) stanno diventando sempre più numerosi,  l’interrogativo non è per nulla campato in aria.

Se nelle ultime settimane, a seguito del caso Google/Lemoine ci siamo interrogati sulla possibilità che le intelligenze artificiali possano avere un’autocoscienza e, dunque, ambire a un’identità peculiare allo stesso modo di qualsiasi individuo umano, la domanda conseguente che dobbiamo porci è: qualora questi ‘esseri’, auto-senzienti o meno, sviluppassero abilità in grado di inventare oggetti o strumenti inediti, potrebbero rivendicarne la paternità ideale con tutto ciò che ne consegue?

Può sembrare fantascienza, sta di fatto che la Corte d'Appello statunitense del Circuito Federale ha dovuto emettere una sentenza con la quale ha ribadito proprio questo elemento, ovvero il fatto che un'intelligenza artificiale non può brevettare alcunché, dal momento che il richiedente in questione non è un essere umano e solo gli umani possono fare richiesta di brevetto. Questo perché  la definizione inclusa nel "Patent Act" afferma che solo gli umani possono detenere un brevetto, elemento che da solo basta a bloccare ogni possibile interpretazione più larga del concetto.

David (Haley Joel Osment) in una scena del film "A.I. - Intelligenza artificiale"

David (Haley Joel Osment) in una scena del film "A.I. - Intelligenza artificiale"

Insomma, la giurisprudenza Usa  si è portata avanti per così dire, stabilendo che per quanto evoluti e avanzati  robot non possono rivendicare i diritti tipici degli umani. Il caso è stato portato avanti dal fisico Stephen Thaler, che fa parte dell’Artificial Inventor Project, un’iniziativa internazionale che sostiene che un’intelligenza artificiale dovrebbe poter essere inserita come inventore in un brevetto (il proprietario dell’intelligenza artificiale possiederebbe legalmente il brevetto). La battaglia di Thaler, considerato un pioniere nel campo dell'Ai e della programmazione, creatore dell’algoritmo Dabus, va avanti dal 2019 ed è stata più volte respinta; l'ultima volta è stata nel 2021, quando l'Ufficio Brevetti statunitense aveva respinto le richieste dello scienziato in quanto le intelligenze artificiali citati non potevano essere riconosciuti legalmente come inventori.

La questione è tutt’altro che banale, al punto che uno dei giudici che è intervenuto nell'ultima sentenza, Leonard P. Stark, ha dovuto  sottolineare come l'argomento ponga diverse domande dal punto di vista filosofico e metafisico. Thaler da parte sua ha già detto che intenderà ricorrere in appello, affermando che il giudizio è stato emesso sulla base di un'interpretazione sin troppo alla lettera della vicenda. Inoltre, gli avvocati di Thaler ritengono che nell'interesse degli Stati Uniti, la questione dovrebbe essere comunque regolamentata, in quanto è sempre più probabile che in futuro le intelligenze artificiali producano tecnologie che necessiteranno di brevetti.

Un'immagine del film "L'uomo bicentenario", diretto nel 1999 da Chris Columbus

Un'immagine del film "L'uomo bicentenario", diretto nel 1999 da Chris Columbus

Anche perché nel frattempo in alcuni stati le richieste di Thaler sono state accolte. Il 28 luglio 2021 l’Ufficio Brevetti del Sudafrica ha rilasciato il primo brevetto al mondo nel quale un sistema di intelligenza artificiale è designato come l’inventore, e il proprietario di tale sistema, ovvero Thaler, è designato come titolare del brevetto. Due giorni dopo, il 30 luglio anche la Corte australiana è arrivata alla stessa conclusione, affermando che Thaler è proprietario dell’invenzione poiché possiede e controlla non solo il Dabus (il sistema di intelligenza artificiale che avrebbe sviluppato il prodotto da brevettare) ma pure il codice che esso utilizza. E, dunque, possiede anche ciò che questi produce. In compenso, ha sentenziato la Corte, un sistema di intelligenze artificiali può essere designato come inventore, sebbene non come titolare del brevetto. Thaler ha presentato ricorso anche presso l’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) che il 21 dicembre ha annunciato la decisione di respingerlo.

L’obiettivo dichiarato della campagna internazionale di depositi e successivi ricorsi condotta da Thaler, con l’assistenza di una squadra internazionale di mandatari e legali, è quello di dimostrare che le norme che definiscono l’inventore ai fini del rilascio di un brevetto non tengono conto, allo stato attuale, del ruolo sempre maggiore svolto dall'intelligenza artificiale nel raggiungimento di soluzioni innovative.