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Home » Scienze e culture » “Io, rifugiato dal Kosovo, gay e rom: sempre minoranza nelle minoranze. Una vita con la paura di essere rifiutato da tutti”

“Io, rifugiato dal Kosovo, gay e rom: sempre minoranza nelle minoranze. Una vita con la paura di essere rifiutato da tutti”

Ervin Bajrami, 29 anni, vive a Bergamo, lavora al Comune. Ha appena fatto coming out, divenendo attivista Lgbtq+. "Il rischio è l'emarginazione dai rom per retaggio culturale e dai gay per prevalenza degli stereotipi. In realtà viviamo la condizione della trans e della afroamericana che dettero origine al Gay Pride, tanti anni fa a New York"

Domenico Guarino
26 Giugno 2021
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Essere gay nella comunità rom. Essere rom in Italia.  Essere gay e rom in un mondo che spesso tende alle segregazione ed alla negazione dei diritti di chi non è ‘conforme’ ad una presunta normalità, sia essa etnica, che culturale, sessuale etc. Ervin Bajrami è un giovane attivista LGBTQ+ Rom che ha vissuto e vive sulla propria pelle la condizione non semplice di essere minoranza nella minoranza. Con le conseguenze che ne derivano.

Ha 29 anni, vive a Bergamo e lavora come istruttore amministrativo presso i servizi sociali del Comune, ed  è consigliere del Grande Colibrì, un’associazione LGBT+  che si occupa di ricerca e informazione a livello mondiale e di rifugiati LGBT, che ha collaborato con UNHCR ed è finita recentemente sulle pagine del New York Times  per il suo  opuscolo multilingue sul covid e la violenza sulle donne.

Ervin Bajrami interviene a un dibattito

Ti definisci “un ragazzo rom, gay e razializzato”.

“ Arrivo in Italia nel 2001 come rifugiato dopo la guerra del Kossovo e la mia vita sin da subito è bombardata da stereotipi e pregiudizi con i quali si identifica uno straniero, cosa che  mi accompagnerà fino al mio coming out come rom peggiorando la situazione ed infine come gay, quest’ultima oltre alle discriminazioni esterne alle quali trovavo rifugio in una grossa fetta di comunità non solo rom ma anche straniera, farà diminuire il mio safe space e la mia bolla prossemica verso l’esterno” racconta Ervin.

Il quale ricorda come il suo attivismo sia cominciato nello stesso anno del coming out come gay. “Fino a marzo del 2021 ho sempre lottato da solo sia come rom che come persona razializzata -dice- a ma da quest’anno Ucri (unione comunità romanes italiane)  e altre associazioni sono diventate una nuova casa per me. Ucri ha pubblicamente sostenuto il ddl Zan e il Grande Colibrì da sempre sostiene e racconta storie di minoranze nella minoranza, per questo motivo queste due associazioni sono divenute la mia nuova casa e il mio nuovo safe space”.

Cosa significa essere gay e rom allo stesso tempo?

“Significa lottare sia da una parte per far accettare l’altra e viceversa. Gli stereotipi e l’ignoranza del nostro vivere quotidiano alimentato da una cultura retrograda e tramandata da secoli ha fatto sì che il radicamento di alcuni pregiudizi e stereotipi, seppur infondati e non conosciuti permangono ancora nel vivere comune e non si ha voglia di approfondire o conoscere per abbattere alcuni muri creati nella società ma anzi vengono alimentati da notizie devianti e da una politica volta alla conservazione di tale cultura che non fa altro che  seminare odio e discriminazione”.

Come si alimentano questi pregiudizi?

“Il fatto di non poter parlare per sé stessi e rappresentarsi a livello giuridico, che è la massima forma di dignità e si concretizza della persona in uno stato di diritto, crea una sorta di boomerang di fake news volte alla divisione e discriminazione che purtroppo spesso si trasformano in rifiuto incondizionato  che sfocia in parole d’odio e purtroppo in atti violenti. Io mi trovo spesso in difficoltà a parlare da minoranza di una una parte di me anch’essa minoranza e non parliamo di questioni semplici ma di abbattere stereotipi incultati in fondo alle radici di una cultura troppo abituata a pensare all’immaginario della persona Rom o del ragazzo Gay non solo travisando la realtà ma alterandola e trasformandola, deviando la realtà e rimanendo ferma all’immaginario stereotipato. Questo non solo crea difficoltà comunicative ma anche di rappresentanza”.

Qual è la condizione delle persone omo o transessuali nella comunità rom?

“Ad oggi le persone LGBT+ dichiarate nella comunità rom si contano sulle dita di una mano e quando iniziai io 10 anni fa, ero completamente solo, con il tempo ho avuto modo di conoscere altre persone della comunità rom e appartenenti alla comunità LGBT+”.

Come vivi e come hai vissuto la tua condizione di attivista ‘solitario’ in un mondo spesso pieno di pregiudizi?

“La questione mi pesa e non poco ma ho scelto di lottare in questo senso e non solo e di certo non smetterò ora. Le mie battaglie sembrano un’utopia a volte perché essere rom e gay sembra una notizia straordinaria, oggi”.

Ma lo è veramente?

“Assolutamente no, nelle comunità romanés le persone LGBT+ non sono tante ma tantissime e se non si dichiarano è perché probabilmente temono l’allontanamento da parte della famiglia e della propria comunità in primis e in secondo luogo il rifiuto da parte della comunità LGBT+. Hanno torto? No, perché ad oggi se non sei discriminato da una parte lo sei dall’altra per via di un forte retaggio culturale da un lato e di una radicalizzazione degli stereotipi e dei pregiudizi dall’altro”.

Sei single o vivi una relazione?

“Sono single dopo una relazione molto lunga”.

Ervin Bajrami, 29 anni,originario del Kosovo

Che significato ha per te il Pride oggi?

“Un significato fortissimo perché ha una storia politica molto forte. Il primo Pride parte a New York nella Stonewall Inn da parte di una donna trans, immigrata, sexworker e una donna afroamericana che lanciano un tacco ad un poliziotto dopo l’ennesima retata, l’ennesimo sopruso e le varie ingiustizie verso la comunità LGBT. Parte al grido di “Gay power” uno slogan ripreso dagli afroamericani “Black power” Oggi, in Italia dobbiamo molto a queste donne non bianche e non borghesi ma anzi, l’opposto dell’immaginario occidentale. A livello legislativo in Italia fondamentalmente le persone LGBT+ non hanno pari diritti, abbiamo le unioni civili ma non il matrimonio egualitario, come si addice a cittadini di serie B, stessi doveri ma sui diritti scendiamo a compromessi. Il ddl Zan è da questo punto di vista una legge sacrosanta che va ad aggiungere la dicitura ‘orientamento sessuale, identità di genere, abilismo e misoginia’. Una legge che va a tutelare diverse minoranze ma che ad oggi è strumentalizzata come se riguardasse solo la comunità LGBT+”.

Esiste un contrasto generazionale nel mondo LGBTQ+?

“Il contrasto generazionale esiste sia per l’apertura verso la comunità LGBT+ sia per l’abbattimento di un retaggio culturale nella stessa comunità romanés. Fino a quando non si darà la possibilità alle persone di rappresentarsi con la propria storia, cultura e visione del mondo, dando loro dignità e non calando dall’alto stereotipi e pregiudizi per rappresentarla sarà complicato, perché se non si dà voce a qualcuno è come se gli togliessimo la dignità, oltre alla parola e togliendo la parola e la dignità ad una persona è come se non esistesse nella realtà, ma permane nell’immaginario comune che la descrive e plasma a suo piacimento”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere

Essere gay nella comunità rom. Essere rom in Italia.  Essere gay e rom in un mondo che spesso tende alle segregazione ed alla negazione dei diritti di chi non è ‘conforme’ ad una presunta normalità, sia essa etnica, che culturale, sessuale etc. Ervin Bajrami è un giovane attivista LGBTQ+ Rom che ha vissuto e vive sulla propria pelle la condizione non semplice di essere minoranza nella minoranza. Con le conseguenze che ne derivano.

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Il quale ricorda come il suo attivismo sia cominciato nello stesso anno del coming out come gay. "Fino a marzo del 2021 ho sempre lottato da solo sia come rom che come persona razializzata -dice- a ma da quest'anno Ucri (unione comunità romanes italiane)  e altre associazioni sono diventate una nuova casa per me. Ucri ha pubblicamente sostenuto il ddl Zan e il Grande Colibrì da sempre sostiene e racconta storie di minoranze nella minoranza, per questo motivo queste due associazioni sono divenute la mia nuova casa e il mio nuovo safe space”.

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"Significa lottare sia da una parte per far accettare l'altra e viceversa. Gli stereotipi e l'ignoranza del nostro vivere quotidiano alimentato da una cultura retrograda e tramandata da secoli ha fatto sì che il radicamento di alcuni pregiudizi e stereotipi, seppur infondati e non conosciuti permangono ancora nel vivere comune e non si ha voglia di approfondire o conoscere per abbattere alcuni muri creati nella società ma anzi vengono alimentati da notizie devianti e da una politica volta alla conservazione di tale cultura che non fa altro che  seminare odio e discriminazione".

Come si alimentano questi pregiudizi?

"Il fatto di non poter parlare per sé stessi e rappresentarsi a livello giuridico, che è la massima forma di dignità e si concretizza della persona in uno stato di diritto, crea una sorta di boomerang di fake news volte alla divisione e discriminazione che purtroppo spesso si trasformano in rifiuto incondizionato  che sfocia in parole d'odio e purtroppo in atti violenti. Io mi trovo spesso in difficoltà a parlare da minoranza di una una parte di me anch'essa minoranza e non parliamo di questioni semplici ma di abbattere stereotipi incultati in fondo alle radici di una cultura troppo abituata a pensare all'immaginario della persona Rom o del ragazzo Gay non solo travisando la realtà ma alterandola e trasformandola, deviando la realtà e rimanendo ferma all'immaginario stereotipato. Questo non solo crea difficoltà comunicative ma anche di rappresentanza".

Qual è la condizione delle persone omo o transessuali nella comunità rom?

"Ad oggi le persone LGBT+ dichiarate nella comunità rom si contano sulle dita di una mano e quando iniziai io 10 anni fa, ero completamente solo, con il tempo ho avuto modo di conoscere altre persone della comunità rom e appartenenti alla comunità LGBT+".

Come vivi e come hai vissuto la tua condizione di attivista ‘solitario’ in un mondo spesso pieno di pregiudizi?

"La questione mi pesa e non poco ma ho scelto di lottare in questo senso e non solo e di certo non smetterò ora. Le mie battaglie sembrano un'utopia a volte perché essere rom e gay sembra una notizia straordinaria, oggi".

Ma lo è veramente?

"Assolutamente no, nelle comunità romanés le persone LGBT+ non sono tante ma tantissime e se non si dichiarano è perché probabilmente temono l'allontanamento da parte della famiglia e della propria comunità in primis e in secondo luogo il rifiuto da parte della comunità LGBT+. Hanno torto? No, perché ad oggi se non sei discriminato da una parte lo sei dall'altra per via di un forte retaggio culturale da un lato e di una radicalizzazione degli stereotipi e dei pregiudizi dall'altro".

Sei single o vivi una relazione?

"Sono single dopo una relazione molto lunga".

Ervin Bajrami, 29 anni,originario del Kosovo
Che significato ha per te il Pride oggi?

"Un significato fortissimo perché ha una storia politica molto forte. Il primo Pride parte a New York nella Stonewall Inn da parte di una donna trans, immigrata, sexworker e una donna afroamericana che lanciano un tacco ad un poliziotto dopo l'ennesima retata, l'ennesimo sopruso e le varie ingiustizie verso la comunità LGBT. Parte al grido di "Gay power" uno slogan ripreso dagli afroamericani "Black power" Oggi, in Italia dobbiamo molto a queste donne non bianche e non borghesi ma anzi, l'opposto dell'immaginario occidentale. A livello legislativo in Italia fondamentalmente le persone LGBT+ non hanno pari diritti, abbiamo le unioni civili ma non il matrimonio egualitario, come si addice a cittadini di serie B, stessi doveri ma sui diritti scendiamo a compromessi. Il ddl Zan è da questo punto di vista una legge sacrosanta che va ad aggiungere la dicitura 'orientamento sessuale, identità di genere, abilismo e misoginia'. Una legge che va a tutelare diverse minoranze ma che ad oggi è strumentalizzata come se riguardasse solo la comunità LGBT+".

Esiste un contrasto generazionale nel mondo LGBTQ+?

"Il contrasto generazionale esiste sia per l'apertura verso la comunità LGBT+ sia per l'abbattimento di un retaggio culturale nella stessa comunità romanés. Fino a quando non si darà la possibilità alle persone di rappresentarsi con la propria storia, cultura e visione del mondo, dando loro dignità e non calando dall'alto stereotipi e pregiudizi per rappresentarla sarà complicato, perché se non si dà voce a qualcuno è come se gli togliessimo la dignità, oltre alla parola e togliendo la parola e la dignità ad una persona è come se non esistesse nella realtà, ma permane nell'immaginario comune che la descrive e plasma a suo piacimento".

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