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Home » Scienze e culture » L’Italia brilla per sensibilità ecologista: 8 top manager su 10 investono in sostenibilità

L’Italia brilla per sensibilità ecologista: 8 top manager su 10 investono in sostenibilità

Dal report "CxO Sustainability Report 2023 – Accelerating the green transition" emerge la grande attenzione degli imprenditori del Bel Paese alla questione ambientale

Domenico Guarino
28 Gennaio 2023
I manager italiani hanno una sensibilità ecologista sempre più spiccata

I manager italiani hanno una sensibilità ecologista sempre più spiccata

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Ci dipingiamo spesso come ‘quelli messi peggio di tutti’. E talvolta è un dato di fatto incontestabile. Tuttavia l’Italia è in grado di riservare ancora tante sorprese positive, che fanno ben sperare. Prendiamo la questione ambientale, ad esempio. Che nel nostro Paese sia un punto all’ordine del giorno, ben più che in altri contesti, lo conferma “CxO Sustainability Report 2023 – Accelerating the green transition“, un’indagine svolta a livello globale, con oltre 2mila interviste in 24 Paesi ai manager dei principali gruppi industriali, presentata in occasione del World Economic Forum di Davos.

Dal report emerge che in Italia il cambiamento climatico è ritenuta da un top manager su due, “la questione più urgente da affrontare nel 2023”. Un dato che ci colloca ai vertici della classifica mondiale in materia di sensibilità ecologista. Sarà perché il nostro Paese risulta oggettivamente privo di grandi ricchezze minerarie, e dunque ha un’attitudine più aperta rispetto a temi che mettono in discussione l’attuale modello di produzione e consumo dell’energia, sarà perché l’orografia e l’assetto idrogeologico stesso della Penisola ci porta a dover necessariamente fare i conti con la fragilità del territorio, sta di fatto che il 52% degli intervistati in Italia – rispetto al 42% a livello mondiale – è convinto dell’urgenza di adottare politiche in grado di tutelare l’ambiente ed il clima. Al punto che in Italia 8 manager su 10 hanno già incrementato gli investimenti in sostenibilità, contro la media globale del 75%, attraverso un maggiore utilizzo di materiali sostenibili (71% vs. 59% globale) e l’adozione di tecnologie “pulite” (64% vs. 54% globale).

Otto manager italiani su dieci aumentano gli investimenti in sostenibilità

Al di là della sensibilità sui temi ambientali, i manager italiani sono anche convinti che essere attori attivi nella transizione verso un’economia a basse emissioni sia non solo opportuno, ma anche conveniente, in quanto consente di migliorare la riconoscibilità e la reputazione del proprio brand (70% contro il 52% globale), il morale e il benessere dei dipendenti (54% contro il 42% globale) e i ritorni per gli investitori (46% vs. 31% globale). Nel nostro Paese esiste anche una maggiore consapevolezza del fatto che tutto quanto fatto finora sia insufficiente, e che serva impegnarsi di più. Attraverso, ad esempio, lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi rispettosi dell’ambiente (66% vs. 49% globale), la costituzione di un ecosistema di partner fondato su criteri di sostenibilità (61% vs. 44% globale). E anche la realizzazione di interventi volti a rendere più sicure le strutture aziendali in caso di eventi climatici estremi (50% vs. 43% globale).

Paradossalmente meno considerati invece, soprattutto dai manager tricolori, i benefici di natura finanziaria di cui potrebbero avvantaggiarsi le imprese nel lungo periodo, soprattutto in termini di valore delle attività (21% vs. 25% globale), costo dell’investimento (14% vs. 24% globale) o ricavi (11% vs. 23% globale). Infine gli ostacoli alle politiche orientate verso una transizione ecologica: per i manager italiani le buone intenzioni hanno come nemici i costi molto elevati delle iniziative (25% vs. 19% globale) e la mancanza di sostegno da parte delle istituzioni (21% vs. 12% globale).

 

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Ci dipingiamo spesso come 'quelli messi peggio di tutti'. E talvolta è un dato di fatto incontestabile. Tuttavia l’Italia è in grado di riservare ancora tante sorprese positive, che fanno ben sperare. Prendiamo la questione ambientale, ad esempio. Che nel nostro Paese sia un punto all’ordine del giorno, ben più che in altri contesti, lo conferma "CxO Sustainability Report 2023 – Accelerating the green transition", un’indagine svolta a livello globale, con oltre 2mila interviste in 24 Paesi ai manager dei principali gruppi industriali, presentata in occasione del World Economic Forum di Davos. Dal report emerge che in Italia il cambiamento climatico è ritenuta da un top manager su due, "la questione più urgente da affrontare nel 2023". Un dato che ci colloca ai vertici della classifica mondiale in materia di sensibilità ecologista. Sarà perché il nostro Paese risulta oggettivamente privo di grandi ricchezze minerarie, e dunque ha un’attitudine più aperta rispetto a temi che mettono in discussione l’attuale modello di produzione e consumo dell’energia, sarà perché l’orografia e l’assetto idrogeologico stesso della Penisola ci porta a dover necessariamente fare i conti con la fragilità del territorio, sta di fatto che il 52% degli intervistati in Italia - rispetto al 42% a livello mondiale - è convinto dell'urgenza di adottare politiche in grado di tutelare l’ambiente ed il clima. Al punto che in Italia 8 manager su 10 hanno già incrementato gli investimenti in sostenibilità, contro la media globale del 75%, attraverso un maggiore utilizzo di materiali sostenibili (71% vs. 59% globale) e l’adozione di tecnologie “pulite” (64% vs. 54% globale).
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