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Home » Scienze e culture » In Kenya l’alternativa alla barbarie: “Non serve la mutilazione per dimostrare di essere donna”

In Kenya l’alternativa alla barbarie: “Non serve la mutilazione per dimostrare di essere donna”

Un percorso formativo di quattro giorni, organizzato da Amref Health Africa in un villaggio Maasai, formando i membri della comunità come facilitatori verso pratiche alternative. La sorpresa è arrivata dalla volontà di aderire alle nuove usanze degli anziani del villaggio

Marianna Grazi
28 Aprile 2022
donne-kenya-MGF

In Kenya un progetto di formazione per le giovani alternativo alle mutilazioni genitali femminili

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A Kajiado, un villaggio del Kenya, oltre 400 ragazze hanno completato un programma di formazione verso la maturità come alternativa alla mutilazione genitale femminile (MGF), un rito di passaggio nella cultura tradizionale Maasai. A darne notizia è il sito AJ+, che fa parte di Al Jazeera Media Network, dedicato ai diritti umani e all’uguaglianza che si occupa di amplificare le voci delle comunità emarginate che cercano di far vedere e sentire le loro storie.

Quattro giorni di formazione e una cerimonia finale che segna il passaggio da bambina a donna: è questa l’alternativa alle MGF che Amref cerca di instaurare nella cultura Maasai

È il caso di questa comunità keniana, che si batte per sostituire questa terribile pratica con un’alternativa rituale altrettanto significativa e sicuramente meno pericolosa per la vita di centinaia di giovani. Danze, preghiere e soprattutto una formazione sui propri diritti e su come fare per farli rispettare sono alla base di un percorso che vuole cancellare una barbara usanza che causa ogni anno centinaia di morti inutili.

Una cerimonia alternativa

Il programma è stato organizzato da Amref Health Africa, che forma i membri della comunità ad agire come facilitatori verso pratiche alternative. Le ragazze, nella cultura tradizionale Masaai, dovrebbero infatti subire la mutilazione genitale femminile come un rito di passaggio verso la femminilità ‘matura’. Ma attraverso questo speciale progetto sono i membri stessi del villaggio a spiegare alle ragazze quali sono loro diritti, l’importanza dell’istruzione e come tenere discussioni produttive con persone con opinioni opposte. “Per me significa la fine delle MGF… Non serve essere mutilata per dimostrare di essere una donna“, afferma Abigail Namelok, una delle giovani che ha terminato il programma.”Ho imparato molto, ed ora sono in grado di distinguere tra la parte cattiva della nostra cultura e la parte buona. Ho imparato a proteggere le mie figlie, le mie sorelle, le mie cugine – spiega Namelok  –. Molte persone sono entusiaste (del programma). Si uniscono a noi nella cerimonia e lo sostengono”.

mutilazioni-genitali-femminili
Le mutilazioni genitali femminili, in alcune culture, vengono considerate il rito di passaggio per le ragazze dalla pubertà all’età adulta

Sradicare tradizioni per crearne di nuove

Organizzato da Amref Health Africa, il programma di quattro giorni serve anche come alternativa al matrimonio precoce. Grace Majakusi, responsabile del progetto, spiega a AJ+ che “le MGF sono profondamente radicate nella nostra cultura, nella cultura Masai” e, facendo un paragone, “non si può sradicare un albero a meno che non si rimuovano tutte le radici”. “Sappiamo che per cambiare abitudini, per cambiare la mentalità e l’atteggiamento ci vuole tempo. È per questo che ci siamo prese quel tempo, in modo che la gente cambi atteggiamento, cambi la sua mentalità e ora accetti di formare le ragazze”. Gli anziani Maasai del villaggio hanno infatti benedetto le adolescenti durante la cerimonia finale, versando olio sulla loro fronte e recitando riti tradizionali. Felista Toiyan, una delle istruttrici, afferma: “Quando stavamo pregando per queste ragazze c’erano uomini molto anziani. Erano lì, i nostri padri, i loro nonni. Hanno deciso di partecipare e di benedire le ragazze senza che subissero le mutilazioni. Quindi, se quei nonni e nonne possono accettare questa cultura, ormai il problema non esiste più e la cerimonia di ‘maturità’ alternativa è diventata una passeggiata”.

La ’Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili ed i matrimoni precoci/forzati’ cade il 6 febbraio
Le MGF sono ancora praticate in oltre 30 Paesi nel mondo e mettono a rischio la vita di 4 milioni di giovani ragazze ogni anno secondo l’ONU

Il Kenya ha vietato la mutilazione genitale femminile nel 2011, ma questa viene ancora praticata. La pena per chi la pratica è di tre anni di prigione o una multa di 1.800 dollari. Eppure, una donna su cinque tra i 15 e i 19 anni ha subito una MGF. Secondo gli studi dell’ONU la pratica è diffusa ancora in oltre 30 Paesi e si stima che 4 milioni di ragazze nel mondo sono minacciate da questa barbara usanza ogni anno. Le MGF consistono infatti nella rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili, procedura che spesso causa la morte delle giovani per dissanguamento o per le infezioni.

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Quattro giorni di formazione e una cerimonia finale che segna il passaggio da bambina a donna: è questa l'alternativa alle MGF che Amref cerca di instaurare nella cultura Maasai
È il caso di questa comunità keniana, che si batte per sostituire questa terribile pratica con un'alternativa rituale altrettanto significativa e sicuramente meno pericolosa per la vita di centinaia di giovani. Danze, preghiere e soprattutto una formazione sui propri diritti e su come fare per farli rispettare sono alla base di un percorso che vuole cancellare una barbara usanza che causa ogni anno centinaia di morti inutili.

Una cerimonia alternativa

Il programma è stato organizzato da Amref Health Africa, che forma i membri della comunità ad agire come facilitatori verso pratiche alternative. Le ragazze, nella cultura tradizionale Masaai, dovrebbero infatti subire la mutilazione genitale femminile come un rito di passaggio verso la femminilità 'matura'. Ma attraverso questo speciale progetto sono i membri stessi del villaggio a spiegare alle ragazze quali sono loro diritti, l'importanza dell'istruzione e come tenere discussioni produttive con persone con opinioni opposte. "Per me significa la fine delle MGF... Non serve essere mutilata per dimostrare di essere una donna", afferma Abigail Namelok, una delle giovani che ha terminato il programma."Ho imparato molto, ed ora sono in grado di distinguere tra la parte cattiva della nostra cultura e la parte buona. Ho imparato a proteggere le mie figlie, le mie sorelle, le mie cugine – spiega Namelok  –. Molte persone sono entusiaste (del programma). Si uniscono a noi nella cerimonia e lo sostengono".
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Le mutilazioni genitali femminili, in alcune culture, vengono considerate il rito di passaggio per le ragazze dalla pubertà all'età adulta

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La ’Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili ed i matrimoni precoci/forzati’ cade il 6 febbraio
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Il Kenya ha vietato la mutilazione genitale femminile nel 2011, ma questa viene ancora praticata. La pena per chi la pratica è di tre anni di prigione o una multa di 1.800 dollari. Eppure, una donna su cinque tra i 15 e i 19 anni ha subito una MGF. Secondo gli studi dell'ONU la pratica è diffusa ancora in oltre 30 Paesi e si stima che 4 milioni di ragazze nel mondo sono minacciate da questa barbara usanza ogni anno. Le MGF consistono infatti nella rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili, procedura che spesso causa la morte delle giovani per dissanguamento o per le infezioni.
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