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Home » Scienze e culture » La reporter Zoya Lobo è la prima fotogiornalista transgender dell’India. “Facevo la mendicante”

La reporter Zoya Lobo è la prima fotogiornalista transgender dell’India. “Facevo la mendicante”

Costretta fino a qualche anno fa a chiedere l'elemosina nelle vesti tradizionali, i suoi scatti di una protesta durante il primo lockdown stati pubblicati anche sulla Reuters. “Vorrei insegnare il mio mestiere ad altre persone transgender, così riuscirebbero a procurarsi da vivere degnamente”

Marianna Grazi
17 Maggio 2021
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Zoya Thomas Lobo

A 26 anni, l’unico mezzo di sopravvivenza di Zoya Thomas Lobo era la gentilezza delle persone che facevano i pendolari sui treni locali di Mumbai. Come donna trans indiana seguiva la tradizione di chiedere l’elemosina. Quando la pandemia e il conseguente lockdown hanno fermato la vita della trafficata metropoli, anche i già magri guadagni di Zoya si sono arrestati. In quel periodo le fu offerta la possibilità di apparire per una frazione di secondo in un cortometraggio intitolato ‘Hijra: curse or blessing’.

In un’intervista racconta “Prima di diventare una fotoreporter, chiedevo l’elemosina sui treni locali di Mumbai; lo faccio ancora per vivere. Da bambina volevo entrare nei servizi civili, ma non è stato possibile”, ricorda. Costretta ad abbandonare la scuola dopo aver frequentato la quinta classe perché la sua famiglia non poteva più permettersi di educarla. Il tema del corto le stava particolarmente a cuore, perché parla di come l’istruzione e le pari opportunità possano aiutare i membri della comunità transgender a diventare parte della società tradizionale. A lei spettava il compito di interpretare, anche se per pochi attimi, un soldato.

Ad una cerimonia di premiazione dopo il successo del film, ha incontrato il co-editore di College Times che poi l’ha chiamata nel suo ufficio. “Ha detto di aver visto delle capacità in me. Non avevo idea che sarei stata nominata subito reporter“, racconta Zoya. Nel corso di questo lavoro ha scoperto il suo interesse per la fotografia. Ha risparmiato quello che ha ottenuto dalle sue elemosine e si è comprata una macchina fotografica professionale. 

Uno dei suoi incarichi era di seguire il Pink Rally, organizzato dalla comunità transgender. Mentre faceva il reportage, filmava e scattava anche delle foto dell’evento. Qui è stata presentata al fotoreporter Divyakant Solanki, ed è stato lui a spiegarle le sfumature della sua professione: diversi tipi di obiettivi, uso corretto della macchina fotografica e altre competenze tecniche.

Durante i momenti più critici della pandemia ha realizzato scatti esclusivi sulla protesta tenuta dai lavoratori migranti fuori dalla stazione di Bandra. “Stava accadendo molto vicino a casa mia, sono corsa a prendere la macchina fotografica vedendo la confusione”. La copertura dell’incidente le ha fatto guadagnare fama e reputazione e la gente ha iniziato a riconoscerla come ‘la fotoreporter transgender’.

Il servizio di Zoya, infatti, è stato pubblicato da agenzie come Reuters, Hindustan Times e Mumbai Mirror. Da allora, un passo alla volta, è riuscita ad affermarsi nell’ambiente del fotogiornalismo. Ora lavora come freelance per Fight Against Crime, un sito web che riporta i crimini che accadono a Mumbai e dintorni. Ma non si accontenta e ha le idee chiare per il futuro: “Il mio sogno è entrare in un’azienda di media come fotoreporter a tempo pieno, così non avrò più bisogno di mendicare. Voglio affinare le mie capacità e insegnarle ad altre persone della comunità, in modo che anche loro possano vivere una vita dignitosa“.

 

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Zoya Thomas Lobo
A 26 anni, l'unico mezzo di sopravvivenza di Zoya Thomas Lobo era la gentilezza delle persone che facevano i pendolari sui treni locali di Mumbai. Come donna trans indiana seguiva la tradizione di chiedere l'elemosina. Quando la pandemia e il conseguente lockdown hanno fermato la vita della trafficata metropoli, anche i già magri guadagni di Zoya si sono arrestati. In quel periodo le fu offerta la possibilità di apparire per una frazione di secondo in un cortometraggio intitolato 'Hijra: curse or blessing'. In un'intervista racconta "Prima di diventare una fotoreporter, chiedevo l'elemosina sui treni locali di Mumbai; lo faccio ancora per vivere. Da bambina volevo entrare nei servizi civili, ma non è stato possibile", ricorda. Costretta ad abbandonare la scuola dopo aver frequentato la quinta classe perché la sua famiglia non poteva più permettersi di educarla. Il tema del corto le stava particolarmente a cuore, perché parla di come l'istruzione e le pari opportunità possano aiutare i membri della comunità transgender a diventare parte della società tradizionale. A lei spettava il compito di interpretare, anche se per pochi attimi, un soldato. Ad una cerimonia di premiazione dopo il successo del film, ha incontrato il co-editore di College Times che poi l'ha chiamata nel suo ufficio. "Ha detto di aver visto delle capacità in me. Non avevo idea che sarei stata nominata subito reporter", racconta Zoya. Nel corso di questo lavoro ha scoperto il suo interesse per la fotografia. Ha risparmiato quello che ha ottenuto dalle sue elemosine e si è comprata una macchina fotografica professionale.  Uno dei suoi incarichi era di seguire il Pink Rally, organizzato dalla comunità transgender. Mentre faceva il reportage, filmava e scattava anche delle foto dell'evento. Qui è stata presentata al fotoreporter Divyakant Solanki, ed è stato lui a spiegarle le sfumature della sua professione: diversi tipi di obiettivi, uso corretto della macchina fotografica e altre competenze tecniche. Durante i momenti più critici della pandemia ha realizzato scatti esclusivi sulla protesta tenuta dai lavoratori migranti fuori dalla stazione di Bandra. "Stava accadendo molto vicino a casa mia, sono corsa a prendere la macchina fotografica vedendo la confusione". La copertura dell'incidente le ha fatto guadagnare fama e reputazione e la gente ha iniziato a riconoscerla come 'la fotoreporter transgender'. Il servizio di Zoya, infatti, è stato pubblicato da agenzie come Reuters, Hindustan Times e Mumbai Mirror. Da allora, un passo alla volta, è riuscita ad affermarsi nell'ambiente del fotogiornalismo. Ora lavora come freelance per Fight Against Crime, un sito web che riporta i crimini che accadono a Mumbai e dintorni. Ma non si accontenta e ha le idee chiare per il futuro: "Il mio sogno è entrare in un'azienda di media come fotoreporter a tempo pieno, così non avrò più bisogno di mendicare. Voglio affinare le mie capacità e insegnarle ad altre persone della comunità, in modo che anche loro possano vivere una vita dignitosa".  
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