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La rivolta degli scienziati: contro il cambiamento climatico sono disposti anche a farsi arrestare

di MARIANNA GRAZI -
16 aprile 2022
Peter Kalmus-Scientist Revolution

Peter Kalmus-Scientist Revolution

Proteste-attivisti-scienziati-Cambiamenti climatici

Gli attivisti ambientali di Extinction Rebellion protestano fuori dagli uffici della Banca Mondiale durante il primo giorno di una "Coastline Rebellion" globale

Non più solo Greta e i Fridays For Future. A gridare al disastro ci sono ora anche gli scienziati, che pur di mettere in guardia dai rischi concreti verso cui stiamo precipitando in termini climatici e ambientali, escono dai loro laboratori e scendono in strada come i giovani manifestanti. E poi sui social, attraverso le tv e la Rete, stufi di far sentire la propria voce solo attraverso il lavoro e di non essere ascoltati. Per fare un paragone, insomma, sarebbe come dire che il dottor Randall Mindy (Leonardo Di Caprio) del film rivelazione Don't Look Up è vivo e vegeto (e reale), e lotta insieme a noi. Ed è persino disposto a farsi arrestare.

"Devo proteggere i miei figli e il pianeta che amo"

"Stiamo andando verso una fottuta catastrofe", ha detto lo scienziato climatico della NASA Peter Kalmus (@climatehuman) in un appello commosso incatenandosi di fronte alle porte della JP Morgan Chase Bank a Los Angeles. Kalmus, fisico di 47 anni, si occupa di studiare, attraverso dati e modelli satellitari, quanto rapidamente sta cambiando il clima sulla Terra, concentrandosi in particolare su scenari di perdita della biodiversità ed eventi metereologici estremi. Ma Peter è anche un padre che vuole proteggere le generazioni future dal disastro: "Sono stato arrestato mercoledì scorso (il 6 aprile, ndr) mentre facevo un atto di disobbedienza civile in un disperato tentativo di difendere i miei figli e proteggere il pianeta che amo".

Dalle parole ai fatti

Scientist rebellion

Attivisti di Scientist rebellion in una manifestazione del 6 aprile scorso, dopo la pubblicazione dell'ultimo report sul clima dell'Onu

Leader di Scientist Rebellion, una coalizione globale di ricercatori, ambientalisti, fisici che lottano per la giustizia climatica, Peter Kalmus è tra gli oltre 1200 scienziati che dalle parole hanno deciso di passare ai fatti, portando avanti iniziative di protesta mirate contro quelle aziende e quelle realtà ritenute le principali responsabili del cambiamento climatico. Lo scorso 6 aprile, ad esempio,  dopo la pubblicazione dell'ultimo rapporto dell'ONU sul clima in cui sono riportate previsioni strazianti per il futuro del Pianeta se non verranno prese misure drastiche, il 47enne ha partecipato insieme agli altri esperti a un delle decine di manifestazioni organizzate in tutto il mondo. In particolare Kalmus ha scelto di incatenarsi di fronte alla Chase Bank perché l'istituto è uno dei maggiori investitori nell'estrazione di combustibili fossili, il che significa, secondo lo scienziato, che "sta letteralmente finanziando la distruzione del sistema Terra e questo deve finire". Il fisico della Nasa, poco dopo, è stato fermato dalle forze dell'ordine insieme ad altri membri della Scientist Rebellion.
 
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"È da tanto che noi scienziati del clima abbiamo cercato di avvisarvi su ciò che sta accadendo" recita una frase in apertura del sito dello scienziato climatico. Ma parlare non basta più e di fronte alla rapidissima avanzata dei cambiamenti sul Pianeta è necessario agire, e farlo da subito. Con la eco mediatica suscitata dal suo arresto Peter Kalmus è riuscito perlomeno a smuovere un po' le coscienze, diventando il volto del nuovo modo di trattare la crisi globale in corso da parte degli scienziati. In un articolo pubblicato sul Guardian, l'attivista americano spiega perché ha deciso di intraprendere azioni di protesta concrete per sensibilizzare la popolazione:
"Se tutti potessero vedere ciò che io vedo arrivare, la società passerebbe in modalità di emergenza climatica e metterebbe fine ai combustibili fossili in pochi anni - ha scritto - Odio essere una Cassandra. [...] Quando sono passato dall'astrofisica alle scienze della Terra nel 2012, ho capito che i fatti da soli non stavano convincendo i leader mondiali ad agire. Così ho esplorato altri modi per generare un cambiamento sociale, mentre ero sempre più preoccupato. Ho aderito alla Citizens' Climate Lobby. Ho ridotto le mie emissioni del 90% e ho scritto un libro su come questo si è rivelato essere soddisfacente, divertente, e stimolante. Ho rinunciato a volare, ho aperto un sito web per incoraggiare gli altri e ho coinvolto i colleghi nel fare pressione sull'American Geophysical Union per ridurre i voli accademici. Ho aiutato a organizzare FridaysForFuture negli Stati Uniti. Ho co-fondato una popolare app per il clima e ho avviato la prima agenzia pubblicitaria per la Terra. Ho parlato ai raduni sul clima, alle riunioni del consiglio comunale, nelle biblioteche locali e nelle chiese. Ho scritto articolo dopo articolo, lettere dopo lettere. Ho rilasciato centinaia di interviste, sempre con sincerità, dati concreti e disponibilità a mostrare la mia vulnerabilità. Ho incoraggiato e sostenuto innumerevoli attivisti del clima e giovani dietro le quinte. E tutto questo è avvenuto nel mio tempo libero e con un rischio non indifferente per la mia carriera scientifica".

Le manifestazioni nel mondo

Londra, Regno Unito (foto: Reuters/Hannah McKay)

Gli scienziati del clima che protestano a Londra (Reuters/Hannah McKay)

Oltre a Kalmus e ai suoi colleghi, dopo la pubblicazione dell'ultimo report Ipcc, si sono svolte azioni di protesta in tutto il mondo. Anche in Italia. A Roma, ad esempio, quattro attivisti, indossando camici bianchi, si sono incatenati ai cancelli di accesso dell'Università La Sapienza, ma sono poi stati fatti allontanare dalla polizia per la manifestazione non autorizzata, mentre a Maghera (Ve) sono stati gli scienziati stessi a legarsi con delle catene ai cancelli della raffineria Eni, come riporta La Repubblica. Ancora, sempre come testimonia il quotidiano, a Torino Scientist Rebellion ha incollato l'ultimo report Ipcc sulle vetrate del palazzo della Regione Piemonte. All'estero sono stati oltre 25 i Paesi che hanno aderito alle proteste, tra cui la Spagna, dove nella capitale Madrid i manifestanti hanno gettato vernice rossa sul palazzo del Parlamento spagnolo, la Germania, il Regno Unito, la Danimarca, e poi Ecuador, Ruanda, Sierra Leone, Colombia, Malawi e così via. In ognuno di questi Stati gli scienziati sono scesi in strada rischiando la loro carriera, perché, come afferma il 47enne della Nasa, "siamo disperati: stiamo piangendo, implorando e facendoci arrestare" pur di sensibilizzare il mondo che le cose devono cambiare perché esista un futuro.