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Home » Scienze e culture » Le chiusure prolungate per il Covid-19 hanno messo in pericolo la salute mentale dei bambini

Le chiusure prolungate per il Covid-19 hanno messo in pericolo la salute mentale dei bambini

L'allarme arriva da Save the Children: da un'analisi basata sui dati dell'Oxford Covid-19 Government Response Tracker e dal sondaggio condotto su oltre 13.000 bambini in 46 Stati è emerso che il malessere psicologico dei bambini è aumentato durante i lockdown fino al 96%

Domenico Guarino
8 Ottobre 2021
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Le chiusure prolungate per il Covid-19, vissute fino a qualche mese fa, stanno avendo un impatto devastante sulla salute mentale dei bambini, aumentando il rischio di stress, solitudine, abusi emotivi: l’83% dei bambini di tutto il mondo avverte un aumento dei sentimenti negativi e tra i minori sono in crescita i livelli di depressione, ansia, solitudine e autolesionismo. Nei Paesi dove le scuole sono rimaste chiuse dalle 17 alle 19 settimane, il malessere psicologico è aumentato nel 96% dei casi.

Secondo un’analisi basata sui dati dell’Oxford Covid-19 Government Response Tracker, dall’inizio della pandemia i bambini di tutto il mondo hanno trascorso in media circa sei mesi totali in casa a causa dei lockdown. E per molti di loro la situazione è ulteriormente peggiorata dopo la terza e la quarta ondata del virus, con altre chiusure e l’interruzione delle scuole (in presenza) per oltre 18 mesi. In più non hanno avuto accesso al supporto per la salute mentale e alle attività all’aria aperta.

I dati sono stati diffusi da Save the Children alla vigilia della giornata mondiale della salute mentale, sulla base di un sondaggio condotto dall’organizzazione a settembre 2020 su oltre 13.000 bambini in 46 Stati. “In quasi tutti i Paesi del mondo i minori hanno vissuto una qualche forma di chiusura durante la pandemia di Covid-19. Sebbene in quelli ad alto reddito sia più facile accedere a servizi di salute mentale, per i bambini rimane uno sconvolgimento in termini di ciclo del sonno, istruzione a distanza, abitudini di gioco e interazioni sociali, e aumentano anche i rischi online. Tutti fattori che possono mettere a rischio la loro salute mentale”, sottolinea l’ong.

Il Venezuela è il Paese in cui si è trascorso più tempo a casa a causa dei lockdown intermittenti e i bambini sono rimasti nelle loro abitazioni fino a 16 mesi. In Libano, i più piccoli sono rimasti confinati nelle loro case per 418 giorni, mentre in Zimbabwe, sono stati in isolamento per quasi 9 mesi solo nel 2021. In Nepal i bambini hanno trascorso in casa fino a 12 mesi dall’inizio della pandemia. E in India, Paese dove si sono registrate più di 448.000 morti per Covid-19, i bambini hanno trascorso almeno 100 giorni a casa. Non è andata meglio nei paesi occidentali. In Canada alcuni sono rimasti in casa per un totale di 13 mesi e anche in Europa i vari lockdown hanno costretto i bambini a rimanere nelle loro abitazioni a lungo.

In Italia un’indagine condotta tra i genitori di figli minori per verificare l’impatto della prima ondata di Covid-19 mostra come il 72% di loro giudicava i propri figli più nervosi, più tristi, più incerti, più insicuri; il 77% affermava che si sentivano soli e che avevano avuto, nel 70% dei casi, un incremento dei disturbi del sonno iniziati, per circa il 12%, con dei tic che non c’erano prima della pandemia. Quasi il 40% delle famiglie intervistate ha ammesso, inoltre, un peggioramento delle proprie condizioni economiche.

“La salute mentale e il supporto psicosociale, in quanto parte dei servizi sanitari, di istruzione e protezione, devono essere urgentemente finanziati per rispondere al meglio ai prossimi lockdown e alle future sfide, specialmente nei paesi a basso e medio reddito. Se non sarà fatto, ci saranno gravi conseguenze sullo sviluppo e la salute mentale delle prossime generazioni”, ha concluso Marie Dahl. Per questo Save the Children chiede a tutti i governi di dare priorità alla salute mentale e investire in essa, nel benessere e nell’apprendimento dei bambini durante e dopo la pandemia di Covid-19. L’organizzazione chiede inoltre che la salute mentale e il benessere dei bambini siano riconosciuti come un diritto, esortando i governi ad affrontare lo stigma e le violazioni dei diritti umani nei confronti dei bambini con problemi di salute mentale e disabilità psicosociali.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Le chiusure prolungate per il Covid-19, vissute fino a qualche mese fa, stanno avendo un impatto devastante sulla salute mentale dei bambini, aumentando il rischio di stress, solitudine, abusi emotivi: l'83% dei bambini di tutto il mondo avverte un aumento dei sentimenti negativi e tra i minori sono in crescita i livelli di depressione, ansia, solitudine e autolesionismo. Nei Paesi dove le scuole sono rimaste chiuse dalle 17 alle 19 settimane, il malessere psicologico è aumentato nel 96% dei casi. Secondo un'analisi basata sui dati dell'Oxford Covid-19 Government Response Tracker, dall’inizio della pandemia i bambini di tutto il mondo hanno trascorso in media circa sei mesi totali in casa a causa dei lockdown. E per molti di loro la situazione è ulteriormente peggiorata dopo la terza e la quarta ondata del virus, con altre chiusure e l'interruzione delle scuole (in presenza) per oltre 18 mesi. In più non hanno avuto accesso al supporto per la salute mentale e alle attività all'aria aperta. I dati sono stati diffusi da Save the Children alla vigilia della giornata mondiale della salute mentale, sulla base di un sondaggio condotto dall'organizzazione a settembre 2020 su oltre 13.000 bambini in 46 Stati. "In quasi tutti i Paesi del mondo i minori hanno vissuto una qualche forma di chiusura durante la pandemia di Covid-19. Sebbene in quelli ad alto reddito sia più facile accedere a servizi di salute mentale, per i bambini rimane uno sconvolgimento in termini di ciclo del sonno, istruzione a distanza, abitudini di gioco e interazioni sociali, e aumentano anche i rischi online. Tutti fattori che possono mettere a rischio la loro salute mentale", sottolinea l’ong. Il Venezuela è il Paese in cui si è trascorso più tempo a casa a causa dei lockdown intermittenti e i bambini sono rimasti nelle loro abitazioni fino a 16 mesi. In Libano, i più piccoli sono rimasti confinati nelle loro case per 418 giorni, mentre in Zimbabwe, sono stati in isolamento per quasi 9 mesi solo nel 2021. In Nepal i bambini hanno trascorso in casa fino a 12 mesi dall'inizio della pandemia. E in India, Paese dove si sono registrate più di 448.000 morti per Covid-19, i bambini hanno trascorso almeno 100 giorni a casa. Non è andata meglio nei paesi occidentali. In Canada alcuni sono rimasti in casa per un totale di 13 mesi e anche in Europa i vari lockdown hanno costretto i bambini a rimanere nelle loro abitazioni a lungo. In Italia un'indagine condotta tra i genitori di figli minori per verificare l'impatto della prima ondata di Covid-19 mostra come il 72% di loro giudicava i propri figli più nervosi, più tristi, più incerti, più insicuri; il 77% affermava che si sentivano soli e che avevano avuto, nel 70% dei casi, un incremento dei disturbi del sonno iniziati, per circa il 12%, con dei tic che non c'erano prima della pandemia. Quasi il 40% delle famiglie intervistate ha ammesso, inoltre, un peggioramento delle proprie condizioni economiche. "La salute mentale e il supporto psicosociale, in quanto parte dei servizi sanitari, di istruzione e protezione, devono essere urgentemente finanziati per rispondere al meglio ai prossimi lockdown e alle future sfide, specialmente nei paesi a basso e medio reddito. Se non sarà fatto, ci saranno gravi conseguenze sullo sviluppo e la salute mentale delle prossime generazioni", ha concluso Marie Dahl. Per questo Save the Children chiede a tutti i governi di dare priorità alla salute mentale e investire in essa, nel benessere e nell'apprendimento dei bambini durante e dopo la pandemia di Covid-19. L'organizzazione chiede inoltre che la salute mentale e il benessere dei bambini siano riconosciuti come un diritto, esortando i governi ad affrontare lo stigma e le violazioni dei diritti umani nei confronti dei bambini con problemi di salute mentale e disabilità psicosociali.
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