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Home » Scienze e culture » L’impatto della pandemia sulle diseguaglianze: il rapporto di Amnesty International su 149 paesi

L’impatto della pandemia sulle diseguaglianze: il rapporto di Amnesty International su 149 paesi

Secondo il rapporto di Amnesty International su 149 paesi, gli effetti del Covid hanno allargato i solchi legati a sfruttamento, povertà e sottosviluppo. Dai vaccini, ai diritti, alle tutele sociali e sanitarie, il mondo non è mai stato così diviso, la differenza tra ricchi e poveri non è mai stata così netta

Marianna Grazi
16 Aprile 2021
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Nel 2020 un semplice insieme di molecole ha scosso il mondo intero. Alcune delle misure adottate per fronteggiare il Covid-19 hanno avuto un effetto devastante sulla vita di milioni di persone. Hanno anche rivelato, e in alcuni casi aggravato, paradigmi radicati fatti di abusi e disuguaglianze, rendendo determinate fasce della popolazione particolarmente vulnerabili. Tempi senza precedenti obbligano a dar risposte senza precedenti e richiedono leadership fuori dal comune.

Nel 2020, una figura guida eccezionale non è emersa dai poteri forti. È arrivata invece da medici e operatori sanitari in prima linea per salvare vite umane. Da coloro che si sono presi cura delle persone anziane. Da tecnici e scienziati che hanno realizzato milioni di esperimenti alla ricerca frenetica dei vaccini. Da coloro che hanno lavorato per fornire cibo a tutti noi; da quelli che si sono occupati dei corpi di centinaia di migliaia di morti; da quelli che hanno fatto funzionare i servizi essenziali. Nel 2020 gran parte del mondo si è fermato e sono state queste persone che hanno fatto la differenza. Perché l’emergenza sanitaria ha rivelato non ciò che siamo, ma cosa non dovremmo essere.

 

Il rapporto di Amnesty International 2020-2021

Oltre alle discriminazioni causate della pandemia, le violazioni dei diritti umani hanno colpito soprattutto donne, rifugiati, minoranze etniche, anziani e dissidenti: come in un qualunque anno pre-pandemia. A dirlo è la realtà che ci circonda. Ma lo certifica anche il Rapporto 2020-2021 di Amnesty International, l’Ong da sempre impegnata nella difesa dei diritti umani, che ha analizzato le tendenze in 149 Stati.

Dal report è emerso che nel 56% dei Paesi monitorati i provvedimenti presi per limitare i contagi hanno ampliato la discriminazione dei gruppi sociali già in difficoltà in precedenza. Viene presentato un quadro fosco dei fallimenti dei leader globali quando si è trattato di affrontare la pandemia, attraverso politiche basate sull’opportunismo e sul totale disprezzo per i diritti umani: “Le risposte dei nostri leader- accusa Agnès Callamard, nuova segretaria generale di Amnesty – sono state di volta in volta mediocri, mendaci, egoiste, fraudolente. Alcuni hanno cercato di normalizzare le eccessive misure di emergenza adottate per contrastare la pandemia, altri sono andati persino oltre, intravedendo la possibilità di rafforzare il loro potere”. Ad esempio in Ungheria, Brasile, Filippine, Cina, Myanmar ed Egitto.

In altri Paesi i governi hanno addirittura modificato il codice penale introducendo la pena del carcere “per diffusione di informazioni false sulla pandemia”. Altri ancora  hanno avviato procedimenti penali contro chi criticava la risposta sanitaria governativa e hanno represso con questa scusa le manifestazioni di protesta.

 

Donne e migranti: le categorie più colpite

Categorie già considerate vulnerabili, le donne, i migranti e i rifugiati hanno subito maggiormente l’impatto devastante della pandemia, a seguito di decenni di politiche discriminatorie decise dai leader mondiali. Il rapporto ha evidenziato anche che con la pandemia c’è stato un incremento delle violenze di genere e delle violenze domestiche. Per rendere l’idea, in Italia le chiamate al numero verde per le violenze tra le mura di casa sono aumentate del +119% nel periodo marzo-giugno 2020. Per quanto riguarda i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo, Amnesty denuncia la pandemia ha peggiorato la loro già precaria situazione in molti Stati. Intrappolandoli in campi squallidi, escludendoli da servizi essenziali o lasciandoli abbandonati a loro stessi a causa del rafforzamento dei controlli di frontiera. Ad esempio l’Uganda, lo stato più ospitale del continente africano, all’inizio della pandemia ha chiuso immediatamente le frontiere senza eccezione alcuna.

 

Economia in caduta libera

“Stiamo raccogliendo quanto seminato in anni di calcolato diniego dei diritti da parte dei nostri leader –  dice la segretaria generale Callamard -. Durante la pandemia, i sistemi sanitari sono stati sottoposti alla prova definitiva e le persone sono state lasciate in una caduta libera economica. È crudele ma è così: coloro che hanno dato di più sono stati protetti di meno”. Le difficoltà del Covid hanno quindi  reso i poveri sempre più poveri: lo ha confermato di recente anche l’OMS, secondo cui per colpa della pandemia ci sono fra i 119 e i 124 milioni di indigenti in più nel mondo.

Gli stati del G20 si sono offerti di sospendere il pagamento del debito pubblico da parte degli stati poveri ma hanno chiesto che questo venisse ripagato più avanti con gli interessi. “La pandemia ha acceso un faro spietato su un mondo incapace di cooperare efficacemente su questioni che necessitano disperatamente di un intervento globale – ha sottolineato Callamard – l’unico modo per uscire da questo caos è la cooperazione internazionale”.

 

Sistemi sanitari smantellati e vaccini solo per i ricchi

Gli operatori sanitari – in prima linea contro il virus – hanno subito le conseguenze di sistemi sanitari deliberatamente smantellati e di ridicole misure di protezione sociale. In Bangladesh, a causa del lockdown e del coprifuoco, molti lavoratori sono rimasti senza reddito né protezione sociale. In Nicaragua, nel giro di due settimane del mese di giugno, almeno 16 operatori sanitari sono stati licenziati dopo che avevano denunciato la mancanza dei dispositivi di protezione personale.

Un altro problema riguarda l’accesso ai vaccini anti-Covid: stando ai dati di inizio marzo, i Paesi sviluppati vaccinano in media una persona al secondo, mentre la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo deve ancora iniziare a vaccinare. Questa situazione, secondo gli epidemiologi della People’s Vaccine Alliance, permetterà al virus di mutare nei Paesi poveri e di tornare in occidente con varianti più aggressive che potrebbero mettere a rischio l’efficacia dei vaccini in uso.

 

I movimenti di protesta di chi lotta per cambiare il mondo.

Nel 2020 la leadership non è derivata dal potere, dal privilegio o dal profitto. È derivata dalle innumerevoli persone in marcia per chiedere il cambiamento. Abbiamo visto quanto sostegno abbia avuto il movimento Black Lives Matter, così come le proteste contro la repressione in Cile, Hong Kong, Iraq e Polonia. “Spesso rischiando la loro incolumità – ha proseguito Agnès Callamard – sono state le persone comuni e quelle che difendono i diritti umani a indicare la direzione che deve prendere il mondo. Queste sono le persone che guidano la lotta per un mondo migliore, più sicuro e più equo”.

“Siamo a un bivio” ha concluso la leader di Amnesty. “Possiamo allentare le catene che degradano la dignità umana. Possiamo ripartire da zero per costruire un mondo basato sull’uguaglianza, sui diritti umani e sull’umanità. Dobbiamo imparare dalla pandemia e unirci in un’azione coraggiosa e creativa affinché ognuno sia in una posizione di uguaglianza”.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Nel 2020 un semplice insieme di molecole ha scosso il mondo intero. Alcune delle misure adottate per fronteggiare il Covid-19 hanno avuto un effetto devastante sulla vita di milioni di persone. Hanno anche rivelato, e in alcuni casi aggravato, paradigmi radicati fatti di abusi e disuguaglianze, rendendo determinate fasce della popolazione particolarmente vulnerabili. Tempi senza precedenti obbligano a dar risposte senza precedenti e richiedono leadership fuori dal comune. Nel 2020, una figura guida eccezionale non è emersa dai poteri forti. È arrivata invece da medici e operatori sanitari in prima linea per salvare vite umane. Da coloro che si sono presi cura delle persone anziane. Da tecnici e scienziati che hanno realizzato milioni di esperimenti alla ricerca frenetica dei vaccini. Da coloro che hanno lavorato per fornire cibo a tutti noi; da quelli che si sono occupati dei corpi di centinaia di migliaia di morti; da quelli che hanno fatto funzionare i servizi essenziali. Nel 2020 gran parte del mondo si è fermato e sono state queste persone che hanno fatto la differenza. Perché l'emergenza sanitaria ha rivelato non ciò che siamo, ma cosa non dovremmo essere.  

Il rapporto di Amnesty International 2020-2021

Oltre alle discriminazioni causate della pandemia, le violazioni dei diritti umani hanno colpito soprattutto donne, rifugiati, minoranze etniche, anziani e dissidenti: come in un qualunque anno pre-pandemia. A dirlo è la realtà che ci circonda. Ma lo certifica anche il Rapporto 2020-2021 di Amnesty International, l'Ong da sempre impegnata nella difesa dei diritti umani, che ha analizzato le tendenze in 149 Stati. Dal report è emerso che nel 56% dei Paesi monitorati i provvedimenti presi per limitare i contagi hanno ampliato la discriminazione dei gruppi sociali già in difficoltà in precedenza. Viene presentato un quadro fosco dei fallimenti dei leader globali quando si è trattato di affrontare la pandemia, attraverso politiche basate sull’opportunismo e sul totale disprezzo per i diritti umani: “Le risposte dei nostri leader- accusa Agnès Callamard, nuova segretaria generale di Amnesty - sono state di volta in volta mediocri, mendaci, egoiste, fraudolente. Alcuni hanno cercato di normalizzare le eccessive misure di emergenza adottate per contrastare la pandemia, altri sono andati persino oltre, intravedendo la possibilità di rafforzare il loro potere". Ad esempio in Ungheria, Brasile, Filippine, Cina, Myanmar ed Egitto. In altri Paesi i governi hanno addirittura modificato il codice penale introducendo la pena del carcere “per diffusione di informazioni false sulla pandemia”. Altri ancora  hanno avviato procedimenti penali contro chi criticava la risposta sanitaria governativa e hanno represso con questa scusa le manifestazioni di protesta.

 

Donne e migranti: le categorie più colpite

Categorie già considerate vulnerabili, le donne, i migranti e i rifugiati hanno subito maggiormente l’impatto devastante della pandemia, a seguito di decenni di politiche discriminatorie decise dai leader mondiali. Il rapporto ha evidenziato anche che con la pandemia c’è stato un incremento delle violenze di genere e delle violenze domestiche. Per rendere l’idea, in Italia le chiamate al numero verde per le violenze tra le mura di casa sono aumentate del +119% nel periodo marzo-giugno 2020. Per quanto riguarda i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo, Amnesty denuncia la pandemia ha peggiorato la loro già precaria situazione in molti Stati. Intrappolandoli in campi squallidi, escludendoli da servizi essenziali o lasciandoli abbandonati a loro stessi a causa del rafforzamento dei controlli di frontiera. Ad esempio l’Uganda, lo stato più ospitale del continente africano, all’inizio della pandemia ha chiuso immediatamente le frontiere senza eccezione alcuna.  

Economia in caduta libera

“Stiamo raccogliendo quanto seminato in anni di calcolato diniego dei diritti da parte dei nostri leader -  dice la segretaria generale Callamard -. Durante la pandemia, i sistemi sanitari sono stati sottoposti alla prova definitiva e le persone sono state lasciate in una caduta libera economica. È crudele ma è così: coloro che hanno dato di più sono stati protetti di meno”. Le difficoltà del Covid hanno quindi  reso i poveri sempre più poveri: lo ha confermato di recente anche l’OMS, secondo cui per colpa della pandemia ci sono fra i 119 e i 124 milioni di indigenti in più nel mondo. Gli stati del G20 si sono offerti di sospendere il pagamento del debito pubblico da parte degli stati poveri ma hanno chiesto che questo venisse ripagato più avanti con gli interessi. “La pandemia ha acceso un faro spietato su un mondo incapace di cooperare efficacemente su questioni che necessitano disperatamente di un intervento globale - ha sottolineato Callamard - l’unico modo per uscire da questo caos è la cooperazione internazionale".  

Sistemi sanitari smantellati e vaccini solo per i ricchi

Gli operatori sanitari - in prima linea contro il virus - hanno subito le conseguenze di sistemi sanitari deliberatamente smantellati e di ridicole misure di protezione sociale. In Bangladesh, a causa del lockdown e del coprifuoco, molti lavoratori sono rimasti senza reddito né protezione sociale. In Nicaragua, nel giro di due settimane del mese di giugno, almeno 16 operatori sanitari sono stati licenziati dopo che avevano denunciato la mancanza dei dispositivi di protezione personale. Un altro problema riguarda l’accesso ai vaccini anti-Covid: stando ai dati di inizio marzo, i Paesi sviluppati vaccinano in media una persona al secondo, mentre la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo deve ancora iniziare a vaccinare. Questa situazione, secondo gli epidemiologi della People's Vaccine Alliance, permetterà al virus di mutare nei Paesi poveri e di tornare in occidente con varianti più aggressive che potrebbero mettere a rischio l’efficacia dei vaccini in uso.  

I movimenti di protesta di chi lotta per cambiare il mondo.

Nel 2020 la leadership non è derivata dal potere, dal privilegio o dal profitto. È derivata dalle innumerevoli persone in marcia per chiedere il cambiamento. Abbiamo visto quanto sostegno abbia avuto il movimento Black Lives Matter, così come le proteste contro la repressione in Cile, Hong Kong, Iraq e Polonia. "Spesso rischiando la loro incolumità - ha proseguito Agnès Callamard - sono state le persone comuni e quelle che difendono i diritti umani a indicare la direzione che deve prendere il mondo. Queste sono le persone che guidano la lotta per un mondo migliore, più sicuro e più equo". “Siamo a un bivio" ha concluso la leader di Amnesty. "Possiamo allentare le catene che degradano la dignità umana. Possiamo ripartire da zero per costruire un mondo basato sull’uguaglianza, sui diritti umani e sull’umanità. Dobbiamo imparare dalla pandemia e unirci in un’azione coraggiosa e creativa affinché ognuno sia in una posizione di uguaglianza”.
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