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Home » Scienze e culture » Los Angeles, l’ordinanza contro nuove trivellazioni: “Tutti meritano di respirare aria pulita”

Los Angeles, l’ordinanza contro nuove trivellazioni: “Tutti meritano di respirare aria pulita”

La legge, approvata dal Consiglio comunale, punta anche allo smantellamento di oltre 5mila pozzi di petrolio esistenti entro 20 anni. L'obiettivo è abbattere anche le disparità sociali

Graziano Davoli
10 Dicembre 2022
Trivellazioni per l'estrazione di petrolio e gas

Trivellazioni per l'estrazione di petrolio e gas

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“Potrebbe essere il passo più importante verso la giustizia ambientale che questo Consiglio ha compiuto negli ultimi tempi” ha commentato entusiasta Paul Krekorian, presidente del Consiglio comunale della città di Los Angeles dopo che, lo scorso 2 dicembre, tutti e 12 i suoi membri hanno approvato un’ordinanza che vieta nuove trivellazioni per estrarre gas e petrolio e prevede lo smantellamento dei 5 mila pozzi esistenti entro 20 anni.

Una lunga tradizione di politiche ambientali all’avanguardia

Un provvedimento storico che conferma quanto la California sia uno degli Stati più all’avanguardia nella legislazione ambientale, capace di fare scuola anche nel resto del Paese. Quando, negli anni ‘70, la Città degli angeli rischiava di trasformarsi in un inferno a cielo aperto a causa dell’inquinamento atmosferico, il Congresso stava approvando il “Clear Air Act”, ma proprio dal Golden State arrivarono richieste per approvare standard sulle emissioni ancora più severi. Il Congresso dovette cedere. Da quel momento si sono avanzate misure sempre più rigorose: regolamenti per produrre elettrodomestici a basso consumo, etichettatura di materiali pericolosi su larga scala, provvedimenti edilizi per rendere gli edifici più efficienti dal punto di vista energetico.
Nel settembre 2020 il governatore della California Gavin Newsom, davanti al crescente numero di incendi, alle ondate di caldo e alla siccità, fenomeni aggravati dal cambiamento climatico, aveva firmato un ordine esecutivo per fermare gradualmente la produzione di nuove automobili a gas entro il 2035 limitando la produzione a veicoli elettrici o comunque a zero emissioni. La decisione è stata tradotta dal California Air Resources Board con un regolamento approvato all’unanimità che costringe le case automobilistiche ad aumentare la produzione di veicoli “sempre più puliti” già a partire dal 2026.

Un industria petrolifera

Le critiche

Ad opporsi a questa ordinanza è l’industria petrolifera, un attore non secondario considerando che secondo la Us Energy Information Administration (agenzia del Dipartimento per l’energia che si occupa di statistica e analisi) gli Stati Uniti produrrebbero oltre 12 milioni di barili al giorno. Hector Barrajas, portavoce della California Independent Petroleum Association ha dichiarato che il provvedimento renderà Los Angeles più dipendente da energia straniera. Circa 2,5 barili prodotti dalla città sarebbero sostituiti da importazioni dall’Arabia Saudita, Ecuador e Iraq. “Il nostro petrolio è l’unico al mondo conforme al clima della California, dato che i produttori devono aderire al programma statale di riduzione dei gas serra e tenere conto di tutte le emissioni – ha detto Barrajas –. Le importazioni di petrolio dall’estero sono totalmente esenti da tali requisiti”.

Impatto sociale

L’ordinanza lancia un forte messaggio non solo per la tutela dell’ambiente ma anche in merito alla lotta contro le disparità sociali. Sono più di 500mila i residenti che, nella contea di Los Angeles, vivono vicino a un pozzo petrolifero attivo, più di 2 milioni in tutto lo Stato, settimo produttore di petrolio negli Stati Uniti. Si tratta di quartieri come Wilmington, Jefferson Park o North University Park, zone operaie o abitate da comunità afroamericane e ispaniche. Molti di loro lavorano in quegli stessi stabilimenti: un rapporto di Capitol Matrix Consulting parla di 37.000 persone impiegate nell’industria, molte delle quali hanno costruito o comprato casa vicino alle raffinerie. Non è solo il pungente odore, i rumori, la sporcizia derivante dalla produzione di petrolio o il cielo arancione illuminato dai bagliori delle raffinerie a scandire la loro vita. Asma, tosse nervosa, diagnosi di tumori, malattie respiratorie sono gli effetti più comuni.
Vivere vicino a pozzi petroliferi e impianti di trivellazione riduce la funzione polmonare e causa respiro sibilante. Secondo uno studio di Eviromental Research, inalare le emissioni di benzene, idrogeno solforato, particolato e formaldeide produce danni equiparabili a quelli derivanti da un’esposizione quotidiana al fumo passivo.

I cittadini di Los Angeles che abitano nei distretti industriali rischiano malattie respiratorie anche importanti

Una ricerca di Enviromental Health Perspectives ha analizzato che 3 milioni di parti in California, da donne che vivevano a 6,2 miglia e mezzo da un pozzo di petrolio o gas e hanno messo al mondo bambini prematuri o gravemente sottopeso. I residenti in queste zone avevano chiesto a Newsom una zona cuscinetto tra loro e le raffinerie di almeno 2500 piedi. Il governatore della California ha risposto, lo scorso ottobre, elaborando una proposta attualmente in analisi che vieta la costruzione di nuovi pozzi entro 3.200 piedi (poco più di 900 metri) da case, ospedali, case di cura e altri “luoghi sensibili”.
“Stiamo inviando un messaggio chiaro alle grandi compagnie petrolifere. Con questo provvedimento la città di Los Angeles sta entrando in una nuova era, non tollereremo più l’estrazione di petrolio e gas – ha dichiarato il consigliere Mitch O’Farrell dopo il voto –. Non importa dove le persone vivano: tutti meritano di respirare aria pulita, bere acqua incontaminata e vivere in quartieri sani e sicuri”.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
"Potrebbe essere il passo più importante verso la giustizia ambientale che questo Consiglio ha compiuto negli ultimi tempi" ha commentato entusiasta Paul Krekorian, presidente del Consiglio comunale della città di Los Angeles dopo che, lo scorso 2 dicembre, tutti e 12 i suoi membri hanno approvato un’ordinanza che vieta nuove trivellazioni per estrarre gas e petrolio e prevede lo smantellamento dei 5 mila pozzi esistenti entro 20 anni.

Una lunga tradizione di politiche ambientali all’avanguardia

Un provvedimento storico che conferma quanto la California sia uno degli Stati più all’avanguardia nella legislazione ambientale, capace di fare scuola anche nel resto del Paese. Quando, negli anni ‘70, la Città degli angeli rischiava di trasformarsi in un inferno a cielo aperto a causa dell’inquinamento atmosferico, il Congresso stava approvando il "Clear Air Act", ma proprio dal Golden State arrivarono richieste per approvare standard sulle emissioni ancora più severi. Il Congresso dovette cedere. Da quel momento si sono avanzate misure sempre più rigorose: regolamenti per produrre elettrodomestici a basso consumo, etichettatura di materiali pericolosi su larga scala, provvedimenti edilizi per rendere gli edifici più efficienti dal punto di vista energetico. Nel settembre 2020 il governatore della California Gavin Newsom, davanti al crescente numero di incendi, alle ondate di caldo e alla siccità, fenomeni aggravati dal cambiamento climatico, aveva firmato un ordine esecutivo per fermare gradualmente la produzione di nuove automobili a gas entro il 2035 limitando la produzione a veicoli elettrici o comunque a zero emissioni. La decisione è stata tradotta dal California Air Resources Board con un regolamento approvato all’unanimità che costringe le case automobilistiche ad aumentare la produzione di veicoli "sempre più puliti" già a partire dal 2026.
Un industria petrolifera

Le critiche

Ad opporsi a questa ordinanza è l’industria petrolifera, un attore non secondario considerando che secondo la Us Energy Information Administration (agenzia del Dipartimento per l’energia che si occupa di statistica e analisi) gli Stati Uniti produrrebbero oltre 12 milioni di barili al giorno. Hector Barrajas, portavoce della California Independent Petroleum Association ha dichiarato che il provvedimento renderà Los Angeles più dipendente da energia straniera. Circa 2,5 barili prodotti dalla città sarebbero sostituiti da importazioni dall’Arabia Saudita, Ecuador e Iraq. "Il nostro petrolio è l’unico al mondo conforme al clima della California, dato che i produttori devono aderire al programma statale di riduzione dei gas serra e tenere conto di tutte le emissioni - ha detto Barrajas –. Le importazioni di petrolio dall’estero sono totalmente esenti da tali requisiti".

Impatto sociale

L'ordinanza lancia un forte messaggio non solo per la tutela dell’ambiente ma anche in merito alla lotta contro le disparità sociali. Sono più di 500mila i residenti che, nella contea di Los Angeles, vivono vicino a un pozzo petrolifero attivo, più di 2 milioni in tutto lo Stato, settimo produttore di petrolio negli Stati Uniti. Si tratta di quartieri come Wilmington, Jefferson Park o North University Park, zone operaie o abitate da comunità afroamericane e ispaniche. Molti di loro lavorano in quegli stessi stabilimenti: un rapporto di Capitol Matrix Consulting parla di 37.000 persone impiegate nell’industria, molte delle quali hanno costruito o comprato casa vicino alle raffinerie. Non è solo il pungente odore, i rumori, la sporcizia derivante dalla produzione di petrolio o il cielo arancione illuminato dai bagliori delle raffinerie a scandire la loro vita. Asma, tosse nervosa, diagnosi di tumori, malattie respiratorie sono gli effetti più comuni. Vivere vicino a pozzi petroliferi e impianti di trivellazione riduce la funzione polmonare e causa respiro sibilante. Secondo uno studio di Eviromental Research, inalare le emissioni di benzene, idrogeno solforato, particolato e formaldeide produce danni equiparabili a quelli derivanti da un’esposizione quotidiana al fumo passivo.
I cittadini di Los Angeles che abitano nei distretti industriali rischiano malattie respiratorie anche importanti
Una ricerca di Enviromental Health Perspectives ha analizzato che 3 milioni di parti in California, da donne che vivevano a 6,2 miglia e mezzo da un pozzo di petrolio o gas e hanno messo al mondo bambini prematuri o gravemente sottopeso. I residenti in queste zone avevano chiesto a Newsom una zona cuscinetto tra loro e le raffinerie di almeno 2500 piedi. Il governatore della California ha risposto, lo scorso ottobre, elaborando una proposta attualmente in analisi che vieta la costruzione di nuovi pozzi entro 3.200 piedi (poco più di 900 metri) da case, ospedali, case di cura e altri “luoghi sensibili”. “Stiamo inviando un messaggio chiaro alle grandi compagnie petrolifere. Con questo provvedimento la città di Los Angeles sta entrando in una nuova era, non tollereremo più l’estrazione di petrolio e gas – ha dichiarato il consigliere Mitch O’Farrell dopo il voto –. Non importa dove le persone vivano: tutti meritano di respirare aria pulita, bere acqua incontaminata e vivere in quartieri sani e sicuri”.
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