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Lucia Celle, fondatrice dell’Ipostudio di Firenze : "Progettare le città del futuro? È un mestiere per donne"

Architetta di lungo corso all’Eredità delle donne: “Oggi le cose sono cambiate: nelle università e negli studi di architettura la presenza femminile è più numerosa, ma la parità nella distribuzione del potere è solo sulla carta”

di GERALDINA FIECHTER -
21 ottobre 2022
L'architetta Lucia Celle, fondatrice dell’Ipostudio di Firenze

L'architetta Lucia Celle, fondatrice dell’Ipostudio di Firenze

C’è stato un momento della storia in cui le donne progettavano le città come (e a volte più) degli uomini. Erano le pioniere dell’architettura, le prime laureate, le prime progettiste. Poi il vuoto. Perché? Cosa è successo? E in un momento di cambiamenti e di paura del domani come quello in cui viviamo, possiamo fare a meno dello sguardo femminile nei progetti urbanistici e architettonici per il nostro futuro?
Lucia Celle, fondatrice dell’Ipostudio di Firenze : "Progettare le città del futuro? Era un mestiere per donne"

Lucia Celle, fondatrice dell’Ipostudio di Firenze : "Progettare le città del futuro? Era un mestiere per donne"

Parte da queste domande la giornata che venerdì 21 ottobre l’ordine degli architetti di Firenze ha organizzato nell’ambito del lungo weekend dedicato all’Eredità delle donne, l’evento ideato da Serena Dandini insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio. A fare da cerniera fra passato e futuro sarà un’architetta con lunga esperienza, Lucia Celle, fondatrice dell’Ipostudio di Firenze, coautrice di progetti come il nuovo ingresso dell’Azienda ospedaliera di Careggi, il restyling dello stadio Nervi,  il Museo degli Innocenti, gli Studentati Campus a Firenze e Villa Val di Rose a Sesto Fiorentino, e molti altri progetti a scopo civile in giro per l’Europa (fra cui anche ospedali e Rsa). “Nonostante che nelle università e negli studi di architettura le donne siano spesso più numerose degli uomini - dice Lucia Celle - la parità nella distribuzione del potere è ancora sulla carta”. E non è solo responsabilità degli uomini. “Spesso siamo noi donne a tarparci le ali - spiega - assecondando un’educazione e una cultura che ci incasella nel ruolo di perfette organizzatrici multitasking sempre in bilico fra la vita familiare e il lavoro, rinunciando al talento su cui invece gli uomini si concentrano molto più di noi”. La propensione ad avere tutto sotto controllo e a inseguire la perfezione “ci può portare a non esprimere la creatività progettuale di cui invece la società ha bisogno”. Mai come ora l’architettura ha bisogno delle donne. “Viviamo in un tempo in cui l’assetto globale del mondo è profondamente cambiato, la fine delle illusioni e la perdita delle certezze provocano paura e un senso di tragedia imminente”.
Lucia Celle partecipa alla giornata che l’ordine degli architetti di Firenze ha organizzato nell’ambito del lungo weekend dedicato all’Eredità delle donne

Lucia Celle partecipa alla giornata che l’ordine degli architetti di Firenze ha organizzato nell’ambito del lungo weekend dedicato all’Eredità delle donne

E molta architettura contemporanea “appare fuori misura, fuori tempo", “Un’architettura ipertrofica e per certi versi superba”. Dobbiamo ripartire dal limite, dalla crisi, da progetti più responsabili e più consapevoli dei bisogni collettivi e delle risorse (non piccole) che ci vengono date”. E poi ci vuole coraggio, una risorsa che alle donne non manca. “Ogni nostro gesto architettonico creerà una frattura nel territorio e nel mondo in cui viviamo. Quindi cerchiamo di farlo con molta attenzione alla qualità degli spazi che andiamo ad abitare. E se negli anni passati questa qualità non si è raggiunta, bisogna avere il coraggio di buttare giù e ricominciare da capo”.
Rendering del nuovo insediamento urbano a Outapi, in Namibia

Rendering del nuovo insediamento urbano a Outapi, in Namibia

Tanti edifici del dopoguerra avevano questa attenzione... "Poi negli anni Settanta, per motivi politici o per emergenze sociali, questa qualità si è persa”. Inutile cercare di correggere, meglio rifare. Le politiche del 110 per cento? O dei maggiori ribassi possibili? “Vanno nella direzione opposta - conclude l’architetta Celle - E quindi sono miopi”. Demolire ciò che non funziona, ripensare i progetti del futuro (soprattutto nelle periferie), vincoli normativi e legali meno rigidi, e tutti gli investimenti possibili sugli spazi verdi (e senza auto) da cui può dipendere la sopravvivenza nella nostre città. Provare per credere: le architette sono pronte a partire.