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Home » Scienze e culture » Linfedema, il 6 marzo si celebra il #LymphAday: quando il gonfiore è invalidante

Linfedema, il 6 marzo si celebra il #LymphAday: quando il gonfiore è invalidante

Si tratta di una condizione clinica molto diffusa, anche se poco trattata. Può colpire entrambi gli arti, soprattutto dopo interventi oncologici

Barbara Berti
6 Marzo 2023
Il linfedema spesso colpisce gli arti inferiori

Il linfedema spesso colpisce gli arti inferiori

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Il 6 marzo si celebra il #LymphAday, la Giornata Mondiale del Linfedema, nata per diffondere la consapevolezza sul linfedema e per sottolineare l’importanza dell’integrazione tra i diversi professionisti sanitari e i pazienti, promuovendo la cultura e la conoscenza delle buone pratiche di cura secondo le più recenti evidenze scientifiche. Il linfedema non è una malattia rara, anzi è molto diffusa anche se se ne parla molto poco. Così come delle valide possibilità di cura che oggi esistono, a patto che la malattia venga diagnosticata e trattata tempestivamente e correttamente.

Il linfedema è una condizione clinica caratterizzata da un gonfiore eccessivo ed invalidante di uno o più arti
Il linfedema è una condizione clinica caratterizzata da un gonfiore eccessivo ed invalidante di uno o più arti

Cosa è il linfedema

Il linfedema è, in pratica, una condizione clinica caratterizzata da un gonfiore eccessivo ed invalidante di uno o più arti. Scientificamente viene definita come una patologia cronica a carattere evolutivo, disabilitante e ingravescente. E’ caratterizzata da un rallentamento o da un blocco della circolazione linfatica a carico dell’arto superiore e/o inferiore.

Il linfedema non è una malattia rara, anzi è molto diffusa anche se se ne parla molto poco
Il linfedema non è una malattia rara, anzi è molto diffusa anche se se ne parla molto poco

Il linfedema si manifesta con un gonfiore localizzato all’arto colpito che può insorgere all’improvviso e poi, eventualmente, scomparire dopo il riposo notturno. Con il trascorrere del tempo, la parte edematosa (ovvero gonfia) si indurisce, si infiamma, provocando fastidio, dolore e deficit funzionale. “Esistono diversi gradi di gravità del linfedema. La stadiazione o classificazione si basa su criteri clinici e diagnostico-strumentali. Tra questi: l’entità e consistenza dell’edema, l’andamento clinico della malattia, la variazione nel corso della giornata e quella in relazione alla posizione, le alterazioni cutanee correlate alla malattia” spiega il dottor Corrado Campisi, chirurgo plastico, ricostruttivo ed estetico, grande esperto di questa patologia, di Palazzo della Salute-Wellness Clinic (Istituto Clinico Sant’Ambrogio di Milano), dove è presente un Centro dedicato alla diagnosi e cura del linfedema.

Le cause di questa malattia possono essere varie, a seconda che i linfedemi siano primari o secondari e in questo caso spesso correlabili a un trattamento oncologico.

Il linfedema primario è su base congenita ed è dovuto a una malformazione, quindi a un malfunzionamento dei vasi linfatici o dei linfonodi. Può comparire fin dalla nascita ma anche nel corso degli anni. Il linfedema secondario, invece, insorge più frequentemente a seguito di interventi chirurgici per patologia tumorale. Nel caso delle donne, è molto frequente in seguito al trattamento di un tumore della mammella (dopo asportazione dei linfonodi ascellari e radioterapia) o dell’utero (asportazione dei linfonodi pelvici). Negli uomini, invece, il linfedema secondario è molto frequente in seguito al trattamento del tumore prostatico (dopo asportazione dei linfonodi pelvici).

Il 6 marzo si celebra il #Lymphaday, la Giornata Mondiale del Linfedema
Il 6 marzo si celebra il #Lymphaday, la Giornata Mondiale del Linfedema

I numeri del linfedema

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nel 2012 ha stimato nel mondo 300 milioni di persone con linfedema di cui un quarto di forme primarie, un quarto di forme secondarie a intervento chirurgico per l’eradicazione di neoplasie maligne, un quarto le forme secondarie a infestazione parassitaria e circa 20 milioni le forme cosiddette funzionali. La prevalenza del linfedema primario è 1/100000 individui e quella del linfedema secondario 1/1000. Nei paesi occidentali il 99% degli individui ha una forma secondaria.

In Italia nel 2019 sono stati stimati 350.000 soggetti con linfedema. Nel 90% dei casi la diagnosi di linfedema primario è clinica attraverso l’anamnesi familiare e personale di edema e/o infezioni recidivanti degli arti e quella personale di segni e sintomi associati a linfedema. L’esordio dei sintomi avviene nell’infanzia e nell’adolescenza nel 49% e nel 41% dei casi rispettivamente, riguarda gli arti inferiori nel 92% dei casi. Il 10% delle forme primarie si manifesta nell’età adulta oltre i 21 anni. Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017, per il linfedema primario sono previsti livelli essenziali di assistenza (LEA).

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Il 6 marzo si celebra il #LymphAday, la Giornata Mondiale del Linfedema, nata per diffondere la consapevolezza sul linfedema e per sottolineare l’importanza dell’integrazione tra i diversi professionisti sanitari e i pazienti, promuovendo la cultura e la conoscenza delle buone pratiche di cura secondo le più recenti evidenze scientifiche. Il linfedema non è una malattia rara, anzi è molto diffusa anche se se ne parla molto poco. Così come delle valide possibilità di cura che oggi esistono, a patto che la malattia venga diagnosticata e trattata tempestivamente e correttamente.
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Il linfedema è, in pratica, una condizione clinica caratterizzata da un gonfiore eccessivo ed invalidante di uno o più arti. Scientificamente viene definita come una patologia cronica a carattere evolutivo, disabilitante e ingravescente. E’ caratterizzata da un rallentamento o da un blocco della circolazione linfatica a carico dell’arto superiore e/o inferiore.
Il linfedema non è una malattia rara, anzi è molto diffusa anche se se ne parla molto poco
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Il 6 marzo si celebra il #Lymphaday, la Giornata Mondiale del Linfedema
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