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Home » Scienze e culture » Michele Mele, la matematica per risolvere problemi nella vita reale. Anche senza vista

Michele Mele, la matematica per risolvere problemi nella vita reale. Anche senza vista

Ricercatore all’Università degli Studi del Sannio di Benevento, nonostante un'eredo degenerazione retinico-maculare, si occupa di ottimizzare i servizi di assistenza per persone con bisogni speciali

Elsa Toppi
27 Settembre 2022
Michele Mele

Michele Mele

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Michele è nato con un’eredo degenerazione retinico-maculare. Da bimbo vedeva poco, ma abbastanza per tirare due calci ad un pallone in cortile con il fratello Vincenzo. Mamma Elisabetta e papà Rosario non l’hanno mai fatto sentire diverso dagli altri e hanno assecondato le vocazioni del figlio naturalmente. “Ti piace studiare? Chi lo ha detto che non puoi farlo!?” questo era il ritornello che si ripeteva a casa. “La mia famiglia invece di chiudermi dentro una campana di vetro mi ha fatto sempre provare tutto – racconta Michele Mele -. Il pietismo e l’autocommiserazione dai primi anni di vita crea disastri”. E anche il pregiudizio che allontana tanti ciechi e ipovedenti dalle discipline scientifiche è una forma di pietismo. Alle elementari Michele rinuncia all’insegnante di sostegno perché ha sempre pensato di potercela fare da solo. E così è stato.

Pregiudizi e scoperte

Ma al liceo alcuni insegnati non la pensavano così. “L’insegnante di matematica e fisica era convinto che io non potessi capire la matematica. All’epoca usavo un video-ingranditore e chiaramente questo mi penalizzava perché potevo vedere solo una piccola porzione di foglio alla volta. Così ho imparato a lavorare a mente. Questo mio metodo non veniva capito perché non veniva ritenuto quello giusto”. Ma con una mamma insegnate di fisica e un bisnonno che fa i calcoli a mente più veloce della calcolatrice del salumiere, c’è da pensare che forse la matematica era, in parte, conseguenza del suo corredo genetico. L’altra parte è legata alla sua costante necessità di geometrizzare lo spazio intorno a se, calcolando rischi e pericoli, per ottimizzare gli spostamenti. “Da piccolo mi lanciavo in varie avventure, giocavo con gli altri bambini. Come tutti. Chiaramente per spostarmi dovevo calcolare il percorso migliore per me. Angoli, distanze e rischi. A volte conviene fare una strada più lunga ma con meno attraversamenti” racconta il matematico salernitano. Molti anni dopo quell’abilità torna utile.
“Quando ho inserito l’esame di ricerca operativa, che poi è diventata la mia materia, mi sono reso conto che quello che fa l’ottimizzazione combinatoria è quello che io facevo da sempre. L’ottimizzazione di un percorso, delle risorse, della locazione degli oggetti per trovarli e utilizzarli meglio. In fondo anche questo ha avuto un impatto”.

La matematica applicata alla vita reale

Michele con il suo libro, “L’Universo tra le dita”, che racconta le storie di dieci straordinari scienziati ciechi o ipovedenti

A 23 anni la vista peggiora con l’insorgere di una nuova patologia, proprio mentre Mele sta completando gli ultimi esami del corso di laurea magistrale in matematica all’Università degli Studi di Salerno. Eppure neanche questo provoca una battuta d’arresto. Ottiene un dottorato di ricerca alla Federico II di Napoli ed ora lavora come ricercatore all’Università degli Studi del Sannio di Benevento, occupandosi proprio di Ottimizzazione Combinatoria, un ramo della matematica che si propone di creare modelli ed algoritmi per risolvere problemi del mondo reale, generalmente legati all’impiego di risorse materiali, umane e di tempo. Il ricercatore è il primo a proporre un modello e un algoritmo per semplificare i servizi di assistenza per persone con bisogni speciali negli aeroporti internazionali. Un problema molto complesso. Ma non finisce qui. Nel 2020 inizia a collaborare con enti come il British Museum e la University of Cambridge, per scandagliare vecchi documenti e testimonianze sulle vite e sulle imprese, scientifiche e non, degli scienziati ipovedenti o ciechi del passato.

Vite straordinarie… al buio

Raccoglie dieci storie, sei di personaggi del passato e quattro viventi, in un saggio divulgativo intitolato “L’Universo tra le Dita“, pubblicato da Edizioni Efesto nel 2021 e già alla quarta ristampa. “L’avresti mai detto che il primo ingegnere della storia che si è specializzato nella costruzione di strade è stato un non vedente, autodidatta, vissuto 100 anni prima di Breil?” incalza Mele. Questo libro ha vinto vari riconoscimenti fra cui il Premio Letterario Internazionale Città di Cattolica. “Non mi sarei mai immaginato che su 2000 partecipanti potessi vincere questo oscar della letteratura – spiega Michele -. In fondo, quando ho scritto questo libro mi sono detto che ne sarebbe valsa la pena anche solo per cambiare il pensiero di una sola persona. Non pensavo di arrivare alla quarta ristampa. Tanti ragazzi ipovedenti o non vedenti mi raccontano che hanno ripreso l’università perché il mio libro ha dato loro il coraggio di tornarci”. Dieci storie interessanti quelle raccolte nel libro di questo giovane matematico salernitano. Eppure, a sgretolare i pregiudizi, basterebbe raccontare già solo la sua.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Michele è nato con un'eredo degenerazione retinico-maculare. Da bimbo vedeva poco, ma abbastanza per tirare due calci ad un pallone in cortile con il fratello Vincenzo. Mamma Elisabetta e papà Rosario non l’hanno mai fatto sentire diverso dagli altri e hanno assecondato le vocazioni del figlio naturalmente. "Ti piace studiare? Chi lo ha detto che non puoi farlo!?" questo era il ritornello che si ripeteva a casa. "La mia famiglia invece di chiudermi dentro una campana di vetro mi ha fatto sempre provare tutto – racconta Michele Mele -. Il pietismo e l’autocommiserazione dai primi anni di vita crea disastri". E anche il pregiudizio che allontana tanti ciechi e ipovedenti dalle discipline scientifiche è una forma di pietismo. Alle elementari Michele rinuncia all'insegnante di sostegno perché ha sempre pensato di potercela fare da solo. E così è stato.

Pregiudizi e scoperte

Ma al liceo alcuni insegnati non la pensavano così. “L’insegnante di matematica e fisica era convinto che io non potessi capire la matematica. All’epoca usavo un video-ingranditore e chiaramente questo mi penalizzava perché potevo vedere solo una piccola porzione di foglio alla volta. Così ho imparato a lavorare a mente. Questo mio metodo non veniva capito perché non veniva ritenuto quello giusto”. Ma con una mamma insegnate di fisica e un bisnonno che fa i calcoli a mente più veloce della calcolatrice del salumiere, c’è da pensare che forse la matematica era, in parte, conseguenza del suo corredo genetico. L’altra parte è legata alla sua costante necessità di geometrizzare lo spazio intorno a se, calcolando rischi e pericoli, per ottimizzare gli spostamenti. "Da piccolo mi lanciavo in varie avventure, giocavo con gli altri bambini. Come tutti. Chiaramente per spostarmi dovevo calcolare il percorso migliore per me. Angoli, distanze e rischi. A volte conviene fare una strada più lunga ma con meno attraversamenti" racconta il matematico salernitano. Molti anni dopo quell’abilità torna utile. “Quando ho inserito l’esame di ricerca operativa, che poi è diventata la mia materia, mi sono reso conto che quello che fa l’ottimizzazione combinatoria è quello che io facevo da sempre. L’ottimizzazione di un percorso, delle risorse, della locazione degli oggetti per trovarli e utilizzarli meglio. In fondo anche questo ha avuto un impatto".

La matematica applicata alla vita reale

Michele con il suo libro, "L'Universo tra le dita", che racconta le storie di dieci straordinari scienziati ciechi o ipovedenti
A 23 anni la vista peggiora con l’insorgere di una nuova patologia, proprio mentre Mele sta completando gli ultimi esami del corso di laurea magistrale in matematica all’Università degli Studi di Salerno. Eppure neanche questo provoca una battuta d’arresto. Ottiene un dottorato di ricerca alla Federico II di Napoli ed ora lavora come ricercatore all’Università degli Studi del Sannio di Benevento, occupandosi proprio di Ottimizzazione Combinatoria, un ramo della matematica che si propone di creare modelli ed algoritmi per risolvere problemi del mondo reale, generalmente legati all’impiego di risorse materiali, umane e di tempo. Il ricercatore è il primo a proporre un modello e un algoritmo per semplificare i servizi di assistenza per persone con bisogni speciali negli aeroporti internazionali. Un problema molto complesso. Ma non finisce qui. Nel 2020 inizia a collaborare con enti come il British Museum e la University of Cambridge, per scandagliare vecchi documenti e testimonianze sulle vite e sulle imprese, scientifiche e non, degli scienziati ipovedenti o ciechi del passato.

Vite straordinarie... al buio

Raccoglie dieci storie, sei di personaggi del passato e quattro viventi, in un saggio divulgativo intitolato "L’Universo tra le Dita", pubblicato da Edizioni Efesto nel 2021 e già alla quarta ristampa. “L’avresti mai detto che il primo ingegnere della storia che si è specializzato nella costruzione di strade è stato un non vedente, autodidatta, vissuto 100 anni prima di Breil?” incalza Mele. Questo libro ha vinto vari riconoscimenti fra cui il Premio Letterario Internazionale Città di Cattolica. “Non mi sarei mai immaginato che su 2000 partecipanti potessi vincere questo oscar della letteratura - spiega Michele -. In fondo, quando ho scritto questo libro mi sono detto che ne sarebbe valsa la pena anche solo per cambiare il pensiero di una sola persona. Non pensavo di arrivare alla quarta ristampa. Tanti ragazzi ipovedenti o non vedenti mi raccontano che hanno ripreso l’università perché il mio libro ha dato loro il coraggio di tornarci”. Dieci storie interessanti quelle raccolte nel libro di questo giovane matematico salernitano. Eppure, a sgretolare i pregiudizi, basterebbe raccontare già solo la sua.
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