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Home » Scienze e culture » Microplastiche trovate nei polmoni, è la prima volta. Allo studio le conseguenze sulla salute

Microplastiche trovate nei polmoni, è la prima volta. Allo studio le conseguenze sulla salute

Dopo che tracce di plastiche sono state ritrovate nel sangue, adesso è la volta dell'apparato respiratorio. Lo studio della Hull York Medical School: su 13 esseri umani analizzati, sono state rinvenute particelle in 11 casi

Domenico Guarino
9 Aprile 2022
Microplastiche trovate nei polmoni

Microplastiche trovate nei polmoni

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Nel cibo che mangiamo, nell’aria che respiriamo, nel nostro sangue, e ora anche nei polmoni. Le microplastiche sono ovunque, perfino nei recessi più profondi del nostro organismo. Non è una buona notizia, probabilmente. Anche se al momento non sappiamo ancora quali siano gli effetti sulla salute, che si stanno ancora studiando, essendo il fenomeno conosciuto da poco. Di sicuro le ricerche oramai confermano, a qualsiasi livello, che i timori e le denunce del mondo ambientalista non erano infondate. E che in qualche modo va trovata una soluzione.

La notizia di questi giorni è che le microplastiche, tristemente famose per inquinare gli oceani e la terra, sono state trovate per la prima volta in profondità nei polmoni di persone viventi. Lo studio della Hull York Medical School ha analizzato i campioni di tessuti di 13 esseri umani che avevano subito un intervento: in 11 casi sono state rinvenute particelle di plastica. A riportarlo è The Guardian. Due studi precedenti avevano portato allo stesso tipo di scoperta, però in persone decedute analizzate durante l’autopsia.

Le microplastiche che entrano in circolazione nel nostro metabolismo possono causare danni ai nostri apparati

Nei polmoni tracce di plastica di imballaggi e bottiglie

Poche settimane fa, come vi avevamo anticipato, le particelle erano state rilevate nel sangue, adesso in profondità nell’organo respiratorio. I ricercatori hanno analizzato particelle minuscole, fino a 0.003 millimetri di grandezza, e hanno identificato anche il tipo di plastica con uno spettroscopio: si tratta soprattutto di polipropilene, utilizzato negli imballaggi, e di PET, utilizzato per le bottiglie.

“È sorprendente, perché le vite aeree inferiori sono più strette e ci saremmo aspettati che particelle di queste dimensioni fossero bloccate prima”, ha detto Laura Sadofsky della Hull York Medical School nel Regno Unito, una delle autrici principali dello studio. “Questi dati sono molto importanti per lo studio dell’inquinamento, delle microplastiche e della salute umana”, ha aggiunto Sadofsky. Le informazioni potranno infatti essere utilizzate per ricreare esperimenti realistici così da valutare meglio l’impatto delle microplastiche sulla salute umana.

Una ricerca dell’Università di Amsterdam ha confermato che minuscoli frammenti di plastica possono finire nel sangue ed entrare in circolazione nel corpo umano

Quali sono le conseguenze e i rischi per la salute

Ecco, appunto: l’impatto sulla salute. Al momento le scuole di pensiero sono due. La prima sostiene che la quantità di microplastiche sia così piccola che, almeno al momento, non esistono rischi reali per l’uomo; la seconda ritiene invece che questa sia una lettura eccessivamente ottimistica, e che, comunque, non essendo né la produzione, né il consumo di plastica, in diminuzione, la situazione non potrà che peggiorare. Vogliamo confidare che quanto prima si sciolga questo dubbio e si prendano i provvedimenti necessari per scongiurare un rischio dalla portata al momento incalcolabile.

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  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
Nel cibo che mangiamo, nell’aria che respiriamo, nel nostro sangue, e ora anche nei polmoni. Le microplastiche sono ovunque, perfino nei recessi più profondi del nostro organismo. Non è una buona notizia, probabilmente. Anche se al momento non sappiamo ancora quali siano gli effetti sulla salute, che si stanno ancora studiando, essendo il fenomeno conosciuto da poco. Di sicuro le ricerche oramai confermano, a qualsiasi livello, che i timori e le denunce del mondo ambientalista non erano infondate. E che in qualche modo va trovata una soluzione. La notizia di questi giorni è che le microplastiche, tristemente famose per inquinare gli oceani e la terra, sono state trovate per la prima volta in profondità nei polmoni di persone viventi. Lo studio della Hull York Medical School ha analizzato i campioni di tessuti di 13 esseri umani che avevano subito un intervento: in 11 casi sono state rinvenute particelle di plastica. A riportarlo è The Guardian. Due studi precedenti avevano portato allo stesso tipo di scoperta, però in persone decedute analizzate durante l’autopsia.
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Quali sono le conseguenze e i rischi per la salute

Ecco, appunto: l’impatto sulla salute. Al momento le scuole di pensiero sono due. La prima sostiene che la quantità di microplastiche sia così piccola che, almeno al momento, non esistono rischi reali per l’uomo; la seconda ritiene invece che questa sia una lettura eccessivamente ottimistica, e che, comunque, non essendo né la produzione, né il consumo di plastica, in diminuzione, la situazione non potrà che peggiorare. Vogliamo confidare che quanto prima si sciolga questo dubbio e si prendano i provvedimenti necessari per scongiurare un rischio dalla portata al momento incalcolabile.
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