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Nuova condanna all'Asur Marche: "Antonio ostacolato nell'accesso al suicidio assistito"

di MARIANNA GRAZI -
1 febbraio 2022
suicidio-assistito

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Il primo è stato Mario (nome di fantasia), paziente tetraplegico marchigiano di 43 anni. Il 23 novembre scorso, l'ex camionista ormai costretto al letto da 10 anni a causa di un gravissimo incidente che gli ha spezzato la spina dorsale, ha ricevuto il parere del Comitato etico dell'Azienda sanitaria unica regionale in cui è stata riscontrata la presenza delle quattro condizioni stabilite dalla Corte costituzionale per procedere al suicidio medicalmente assistito. Dopo l'ordinanza del Tribunale di Ancona sul suo caso, però, l'Asur ha rilevato l’impossibilità di potersi esprimere in merito al farmaco letale necessario alla procedura, in quanto nessuna verifica era stata fatta sulla metodica, le quantità e le modalità di somministrazione. Lo stesso Mario si è poi di nuovo trovato costretto a diffidare l'azienda inadempiente, anche grazie all'aiuto dell'Associazione Luca Coscioni, visto che ancora ad oggi non ha ricevuto alcuna novità in merito alla procedura che lo libererebbe, come lo stesso ha precisato, "dalla condanna a soffrire ogni giorno di più ed essere torturato".

Mario è stato il primo paziente italiano ad essere autorizzato a sottoporsi a suicidio assistito

Ma ora il 43enne tetraplegico non è più il solo. "Nel giro di 7 mesi (la pronuncia del Tribunale di Ancona in seduta collegiale era del 9 giugno 2021, ndr) arriva la seconda conferma che il diritto, in presenza di una richiesta, ad essere sottoposto a verifiche per poter procedere legalmente all’aiuto al suicidio assistito, così come sancito dalla Corte Costituzionale, non può essere ignorato dalle aziende sanitarie: queste sono infatti obbligate ad accertare le condizioni necessarie per l’accesso alla pratica" scrive in una nota l'associazione. Arriva infatti la seconda condanna per l'Asur Marche da parte di un Tribunale e diventano quindi due gli italiani costretti a ricorrere ai tribunali per vedere riconosciuto il diritto al suicidio assistito, legalizzato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242/19 (caso Cappato-Dj Fabo).

Il caso di Antonio

Il paziente, questa volta, è Antonio (nome di fantasia), tetraplegico da 8 anni, anche lui residente nelle Marche, che da 17 mesi attendeva una risposta alla sua richiesta di 'staccare la spina' ad una vita che ormai è diventata solo sofferenza. Richiesta bloccata dall’Azienda sanitaria della sua regione. Dopo due diffide ed una denuncia, il 18 gennaio si è svolta la prima udienza del procedimento di urgenza in Tribunale e con una ordinanza di fine gennaio, i giudici marchigiani hanno ordinato alla Asur Marche di procedere con la verifica delle condizioni di Antonio per l’accesso all’aiuto al suicidio assistito. Anche il diretto interessato di questo caso di fine vita ha lasciato una dichiarazione, come riporta l'associazione Coscioni da sempre al fianco dei malati per far valere i loro diritti. “Non è più la mia vita, prima facevo tutto da me adesso devo chiedere qualsiasi cosa – ha detto Antonio –. Dipendere da qualcuno è la cosa che mi fa più male non riesco ad accettare. L’appoggio della mia famiglia è stato di grande importanza nei momenti più difficili della mia vita ed ora posso dire grazie anche a loro se ho la forza e il coraggio di affrontare questa nuova sfida che mi riporterà ad una rinascita”.

L'ordinanza del Tribunale

Il giudice marchigiano ha ordinato nei giorni scorsi all’Azienda Sanitaria di provvedere, dopo aver acquisito il relativo parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare se Antonio risponde ai requisiti necessari imposti dalla Consulta: è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili; se è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; se le modalità, la metodica e farmaco prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile.

L'ostruzionismo da parte dell'Asur, secondo l'associazione Luca Coscioni, è una violazione dei diritti costituzionali oltre che una forma di violenza verso i pazienti

Le aziende sanitarie regionali, infatti, hanno il dovere, ribadito anche dal Ministero della Salute lo scorso 9 novembre, di avviare il procedimento per l’accertamento di queste condizioni. "Ignorare le richieste, fare ostruzionismo, allungare i tempi, sono violazioni dei diritti costituzionali di Antonio e Mario oltre che una forma di violenza, che causa loro ulteriore sofferenza", sottolineano dalla Luca Coscioni. "Il diniego opposto dall’Asur, alla luce della consulta e delle motivazioni contenute nella decisione del Giudice ordinario, risulta illegittimo”, ha dichiarato infatti l’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell'associazione e codifensore di Antonio.

“L’ordinanza rigetta dunque tutte le contestazioni formulate dall’Asur Marche, che continua ad opporsi alla decisione della Corte costituzionale, sminuendone o addirittura cercando di annullarne la portata normativa. Il reiterato ostruzionismo dell’azienda sanitaria sta comportando una continua negazione di diritti costituzionali ma soprattutto il prolungarsi delle sofferenze dei malati. Auspichiamo che a fronte della conferma degli obblighi del SSN derivanti dall’affermazione del diritto ad accedere alla morte assistita sancito dalla Corte costituzionale, l’ASUR Marche collabori al rispetto della legalità anziché continuare a negarla”.

Perché questa attesa, questo stallo, se in Italia rappresenta ormai la prassi burocratica e giudiziaria, per coloro che attendono una risposta è un motivo ulteriore di sofferenza. Un accanimento, una tortura, che non è più tollerabile in un Paese che si vuol definire civile.