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Home » Scienze e culture » Scoperta una nuova specie di uccellino in Indonesia, dove la biodiversità regna incontrastata

Scoperta una nuova specie di uccellino in Indonesia, dove la biodiversità regna incontrastata

Si tratta di un esemplare che vive esclusivamente nelle isole Wakatobi. Ma la ricchezza faunistica del Paese è minacciata dalle attività umane e dalla crisi climatica

Giovanni Pierozzi
3 Dicembre 2022
Wakatobi Sunbird  (Foto: David Ongley)

Wakatobi Sunbird (Foto: David Ongley)

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Isole Wakatobi, provincia del Sulawesi, nell’Indonesia centrale. In questo minuscolo e incontaminato angolo di paradiso, dove la biodiversità regna incontaminata, come in poche altre parti nel resto del mondo, gli zoologi del Trinity College di Dublino hanno fatto una scoperta sensazionale: è stata individuata una nuova specie di uccello tropicale, il Wakatobi Sunbird (Cinnyris infrenatus). Tipici ‘abitanti’ dei Tropici, dall’Africa all’Australia, gli uccelli solari sono in tutto e per tutto simili ai colibrì: hanno colori iridescenti, soprattutto i maschi, con piumaggi che brillano alla luce del sole. Ne esistono circa 140 specie divise in 16 generi diversi. Gli ultimi scoperti all’inizio sembravano essere già catalogati dagli studiosi, perché praticamente uguali ad alcuni cugini: con nuovi studi del DNA e delle misurazioni corporee, tuttavia, sono state scoperte importanti differenze. Inoltre questo uccellino si trova soltanto nelle Wakatobi, isolate all’interno dell’arcipelago Sulawesi, quindi con un più specifico processo evolutivo. Il concetto è lo stesso delle più famose Galapagos, al largo dell’Ecuador, nelle quali, data la loro lontananza dal resto del mondo, gli esseri viventi sono sopravvissuti e si sono evoluti in modo del tutto autonomo.

La biodiversità indonesiana

L’Indonesia è una delle nazioni con maggiore biodiversità al mondo

Il naturalista Alfred Russell Wallace, nel 1863, fissò quella che oggi viene chiamata The Wallace Line: una linea di demarcazione faunistica che divide in due l’arcipelago indonesiano: sul lato occidentale gli animali sono in gran parte di origine asiatica, come elefanti, tigri e lemuri, mentre nella parte orientale la fauna è comune alle isole dell’Oceania, quindi si trovano i canguri, i koala e gli opossum. Tale differenziazione si rimanda alle conseguenze dell’ultimo periodo glaciale, quando l’abbassamento del mare ha permesso la colonizzazione di molte isole prima irraggiungibili, portando stesse specie a evolversi in modo differente. Anche se non riguarda questo specifico territorio, l’esempio che per primo può venire in mente per iconicità è quello dell’elefante asiatico e dell’elefante africano (a sua volta diviso in due specie).
L’Indonesia, per le sue caratteristiche climatiche e la sua formazione geografica, con oltre 17.000 isole, è uno dei Paesi con più biodiversità al mondo. A livello di specie endemiche totali, ovvero di specie animali che si trovano in quella precisa zona geografica, l’Indonesia è seconda solo all’Australia, ulteriore dimostrazione della ricchezza che questo preciso spicchio di mondo può offrire. Infatti, delle oltre 1500 specie diverse di uccelli e delle 500 di mammiferi, risultano endemiche – in entrambi i casi – circa il 40%. Degli 80mila chilometri di costa, l’Indonesia propone quasi ogni tipo di ecosistema marino immaginabile, dalle spiagge alle mangrovie, dagli estuari alle barriere coralline e molti altri. Wallace, con i suoi studi sulla biodiversità, che uniscono e dividono il continente asiatico e quello oceanico, ha contribuito in modo determinante a definire le caratteristiche di molti animali, quindi a capire come si siano evoluti e perciò a svelare misteri e quesiti su come i territori stessi si siano trasformati nel corso del tempo.

Unicità e fragilità vanno a braccetto, sempre

A causa della deforestazione l’Indonesia è però anche in vetta alla classifica delle emissioni di gas serra

La rapida crescita demografica, unita ad una prepotente industrializzazione, rappresentano un serio problema per l’ambiente. L’Indonesia rimane uno Stato povero, con una politica disunita e debole, dove le questioni ambientali vengono spesso lasciate nel dimenticatoio o poco considerate. Inquinamento atmosferico, deforestazione massiccia (nel 1950 le foreste coprivano l’87% del territorio, nel 2020 ridotto al 49%), sfruttamento delle risorse marine, sono solo alcuni dei problemi che posizionano l’Indonesia decisamente sotto la media a livello globale per quanto riguarda le prestazioni ambientali, tanto da essere il primo al mondo nella drammatica classifica delle emissioni di gas serra (basata sull’ampiezza foreste). Ma non finisce qui: sono oltre 140 le specie di mammiferi minacciate, e ben 15 a rischio estinzione, come l’orangutan  di Sumatra e il rinoceronte di Giava.
Lasciare che uno dei gioielli più preziosi del nostro Pianeta svanisca nel nulla è impensabile. Il problema, inutile fare giri di parole, è l’uomo. E per l’uomo riconoscere ciò che veramente ha valore è sempre stato difficile: non è oro tutto ciò che luccica.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Isole Wakatobi, provincia del Sulawesi, nell'Indonesia centrale. In questo minuscolo e incontaminato angolo di paradiso, dove la biodiversità regna incontaminata, come in poche altre parti nel resto del mondo, gli zoologi del Trinity College di Dublino hanno fatto una scoperta sensazionale: è stata individuata una nuova specie di uccello tropicale, il Wakatobi Sunbird (Cinnyris infrenatus). Tipici 'abitanti' dei Tropici, dall'Africa all'Australia, gli uccelli solari sono in tutto e per tutto simili ai colibrì: hanno colori iridescenti, soprattutto i maschi, con piumaggi che brillano alla luce del sole. Ne esistono circa 140 specie divise in 16 generi diversi. Gli ultimi scoperti all'inizio sembravano essere già catalogati dagli studiosi, perché praticamente uguali ad alcuni cugini: con nuovi studi del DNA e delle misurazioni corporee, tuttavia, sono state scoperte importanti differenze. Inoltre questo uccellino si trova soltanto nelle Wakatobi, isolate all'interno dell'arcipelago Sulawesi, quindi con un più specifico processo evolutivo. Il concetto è lo stesso delle più famose Galapagos, al largo dell'Ecuador, nelle quali, data la loro lontananza dal resto del mondo, gli esseri viventi sono sopravvissuti e si sono evoluti in modo del tutto autonomo.

La biodiversità indonesiana

L'Indonesia è una delle nazioni con maggiore biodiversità al mondo
Il naturalista Alfred Russell Wallace, nel 1863, fissò quella che oggi viene chiamata The Wallace Line: una linea di demarcazione faunistica che divide in due l'arcipelago indonesiano: sul lato occidentale gli animali sono in gran parte di origine asiatica, come elefanti, tigri e lemuri, mentre nella parte orientale la fauna è comune alle isole dell’Oceania, quindi si trovano i canguri, i koala e gli opossum. Tale differenziazione si rimanda alle conseguenze dell’ultimo periodo glaciale, quando l’abbassamento del mare ha permesso la colonizzazione di molte isole prima irraggiungibili, portando stesse specie a evolversi in modo differente. Anche se non riguarda questo specifico territorio, l’esempio che per primo può venire in mente per iconicità è quello dell’elefante asiatico e dell’elefante africano (a sua volta diviso in due specie). L’Indonesia, per le sue caratteristiche climatiche e la sua formazione geografica, con oltre 17.000 isole, è uno dei Paesi con più biodiversità al mondo. A livello di specie endemiche totali, ovvero di specie animali che si trovano in quella precisa zona geografica, l’Indonesia è seconda solo all’Australia, ulteriore dimostrazione della ricchezza che questo preciso spicchio di mondo può offrire. Infatti, delle oltre 1500 specie diverse di uccelli e delle 500 di mammiferi, risultano endemiche - in entrambi i casi - circa il 40%. Degli 80mila chilometri di costa, l’Indonesia propone quasi ogni tipo di ecosistema marino immaginabile, dalle spiagge alle mangrovie, dagli estuari alle barriere coralline e molti altri. Wallace, con i suoi studi sulla biodiversità, che uniscono e dividono il continente asiatico e quello oceanico, ha contribuito in modo determinante a definire le caratteristiche di molti animali, quindi a capire come si siano evoluti e perciò a svelare misteri e quesiti su come i territori stessi si siano trasformati nel corso del tempo.

Unicità e fragilità vanno a braccetto, sempre

A causa della deforestazione l'Indonesia è però anche in vetta alla classifica delle emissioni di gas serra
La rapida crescita demografica, unita ad una prepotente industrializzazione, rappresentano un serio problema per l’ambiente. L’Indonesia rimane uno Stato povero, con una politica disunita e debole, dove le questioni ambientali vengono spesso lasciate nel dimenticatoio o poco considerate. Inquinamento atmosferico, deforestazione massiccia (nel 1950 le foreste coprivano l’87% del territorio, nel 2020 ridotto al 49%), sfruttamento delle risorse marine, sono solo alcuni dei problemi che posizionano l’Indonesia decisamente sotto la media a livello globale per quanto riguarda le prestazioni ambientali, tanto da essere il primo al mondo nella drammatica classifica delle emissioni di gas serra (basata sull'ampiezza foreste). Ma non finisce qui: sono oltre 140 le specie di mammiferi minacciate, e ben 15 a rischio estinzione, come l’orangutan  di Sumatra e il rinoceronte di Giava. Lasciare che uno dei gioielli più preziosi del nostro Pianeta svanisca nel nulla è impensabile. Il problema, inutile fare giri di parole, è l’uomo. E per l’uomo riconoscere ciò che veramente ha valore è sempre stato difficile: non è oro tutto ciò che luccica.
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