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Home » Scienze e culture » Un uomo paralizzato dalla SLA è riuscito a comunicare grazie a un impianto cerebrale

Un uomo paralizzato dalla SLA è riuscito a comunicare grazie a un impianto cerebrale

Lo studio pubblicato su Nature Communications: un paziente di 34 anni, completamente paralizzato a causa della sclerosi laterale amiotrofica, ha potuto pronunciare alcune frasi grazie a una nuova interfaccia neurale. Le sue prime parole: "Voglio mangiare patate al curry"

Luca Marchetti
26 Marzo 2022
Un uomo paralizzato dalla SLA è riuscito per la prima volta a comunicare grazie a un impianto cerebrale

Un uomo paralizzato dalla SLA è riuscito per la prima volta a comunicare grazie a un impianto cerebrale

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“E, A, D”. Sono queste le prime lettere che un uomo di 34 anni, completamente paralizzato a causa della sclerosi laterale amiotrofica (SLA), è riuscito a comunicare tramite un computer collegato a un impianto nel suo cervello. L’esperimento, condotto nel 2020 da Ujwal Chaudhary, un ingegnere biomedico del centro svizzero Wyss per la bio e neuro-ingegneria di Ginevra, è stato un successo. Per la prima volta, infatti, un impianto cerebrale è riuscito a leggere l’attività cerebrale di un paziente completamente paralizzato. La ricerca è stata pubblicata due anni dopo, martedì 22 marzo, sulle pagine di Nature Communications.

Al paziente, di cui non è stata rivelata l’identità ma che oggi ha 36 anni, era stata diagnosticata qualche anno prima dell’esperimento una sclerosi laterale amiotrofica, una malattia che porta alla progressiva degenerazione delle cellule cerebrali legate al movimento e quindi alla completa paralisi dei muscoli. L’uomo aveva perso la capacità di muovere anche i bulbi oculari ed era del tutto incapace di comunicare. In termini medici, il paziente si trovava in uno stato di “locked-in“, ovvero una condizione per cui si è coscienti ma non ci si può muovere perché completamente paralizzati.

Ujwal Chaudhary, l’ingegnere biomedico che è riuscito con il suo esperimento a far comunicare l’uomo di 34 anni completamente paralizzato dalla SLA

Tuttavia, con l’esperimento del dottor Chaudhary, il paziente aveva imparato a selezionare, non direttamente con i suoi occhi ma immaginando che i suoi occhi si muovessero, alcune singole lettere che il computer collegato al suo cervello pronunciava ad alta voce. Lettera dopo lettera, una al minuto, il paziente è riuscito a formulare parole e quindi frasi. “Voglio mangiare patate al curry e una zuppa di patate”, è riuscito a comunicare il paziente. Il dottor Chaudhary e i suoi colleghi rimasero sbalorditi. “Io stesso non potevo credere che fosse possibile”, ha detto al New York Times il dottor Chaudhary, diventato ora amministratore delegato di Als Voice gGmbH, una società di neuro e biotecnologie con sede in Germania.

He was able to ask for soup, beer, and even talk about his son for the first time since becoming completely paralyzed. https://t.co/oLlmtL7fAp

— MIT Technology Review (@techreview) March 23, 2022

L’esperimento fornisce “il primo esempio di un paziente completamente paralizzato che comunica a lungo con il mondo esterno”, ha affermato Niels Birbaumer, a capo dello studio pubblicato su Nature Communications ed ex neuroscienziato dell’Università di Tubinga. Si congratula con l’esito dell’esperimento anche Steven Laureys, neurologo e ricercatore del Coma Science Group dell’Università di Liegi, in Belgio: “È un punto di svolta“, ha dichiarato il neurologo, sottolineando che la tecnologia utilizzata potrebbe avere anche ripercussioni nel dibattito sull’eutanasia per le persone completamente paralizzate o in stato vegetativo. “È davvero fantastico riuscire a dare voce ai pazienti”, ha commentato Steven Laureys.

Le tecnologie utilizzate nell’esperimento del dottor Chaudhary si chiamano interfacce cervello-computer, in inglese brain-computer interface, e permettono di tradurre i segnali che arrivano dal cervello di una persona in comandi. Negli ultimi anni queste tecnologie sono state utilizzate in istituti di ricerca, in società private e da alcuni imprenditori miliardari, come Elon Musk con la sua Neuralink Corporation. I risultati di questi esperimenti sono stati molte volte contrastanti ma molto spesso anche convincenti, come nel caso dell’uomo di 36 anni completamente paralizzato. Tuttavia, anche in questo caso, ciò che gli scienziati ancora non sono stati in grado di fare è riuscire a comunicare in modo continuo con il paziente. Ma c’è fiducia che da questi primi risultati si possa prima o poi arrivare a un punto in cui la vita del paziente, in stati come quello dell’uomo di 36 anni paralizzato a causa della SLA, possa significativamente migliorare. “Questo approccio è sperimentale – ha infatti spiegato ancora il dottor Chaudhary – e c’è ancora molto da imparare. In questa fase la tecnologia è ancora troppo complessa per essere utilizzata da pazienti e famiglie. Renderla più intuitiva e accelerare la velocità di comunicazione – ha concluso il dottore – sarà fondamentale”.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
"E, A, D". Sono queste le prime lettere che un uomo di 34 anni, completamente paralizzato a causa della sclerosi laterale amiotrofica (SLA), è riuscito a comunicare tramite un computer collegato a un impianto nel suo cervello. L'esperimento, condotto nel 2020 da Ujwal Chaudhary, un ingegnere biomedico del centro svizzero Wyss per la bio e neuro-ingegneria di Ginevra, è stato un successo. Per la prima volta, infatti, un impianto cerebrale è riuscito a leggere l'attività cerebrale di un paziente completamente paralizzato. La ricerca è stata pubblicata due anni dopo, martedì 22 marzo, sulle pagine di Nature Communications. Al paziente, di cui non è stata rivelata l'identità ma che oggi ha 36 anni, era stata diagnosticata qualche anno prima dell'esperimento una sclerosi laterale amiotrofica, una malattia che porta alla progressiva degenerazione delle cellule cerebrali legate al movimento e quindi alla completa paralisi dei muscoli. L'uomo aveva perso la capacità di muovere anche i bulbi oculari ed era del tutto incapace di comunicare. In termini medici, il paziente si trovava in uno stato di "locked-in", ovvero una condizione per cui si è coscienti ma non ci si può muovere perché completamente paralizzati.
Ujwal Chaudhary, l'ingegnere biomedico che è riuscito con il suo esperimento a far comunicare l'uomo di 34 anni completamente paralizzato dalla SLA
Tuttavia, con l'esperimento del dottor Chaudhary, il paziente aveva imparato a selezionare, non direttamente con i suoi occhi ma immaginando che i suoi occhi si muovessero, alcune singole lettere che il computer collegato al suo cervello pronunciava ad alta voce. Lettera dopo lettera, una al minuto, il paziente è riuscito a formulare parole e quindi frasi. "Voglio mangiare patate al curry e una zuppa di patate", è riuscito a comunicare il paziente. Il dottor Chaudhary e i suoi colleghi rimasero sbalorditi. "Io stesso non potevo credere che fosse possibile", ha detto al New York Times il dottor Chaudhary, diventato ora amministratore delegato di Als Voice gGmbH, una società di neuro e biotecnologie con sede in Germania.

He was able to ask for soup, beer, and even talk about his son for the first time since becoming completely paralyzed. https://t.co/oLlmtL7fAp

— MIT Technology Review (@techreview) March 23, 2022
L'esperimento fornisce "il primo esempio di un paziente completamente paralizzato che comunica a lungo con il mondo esterno", ha affermato Niels Birbaumer, a capo dello studio pubblicato su Nature Communications ed ex neuroscienziato dell'Università di Tubinga. Si congratula con l'esito dell'esperimento anche Steven Laureys, neurologo e ricercatore del Coma Science Group dell'Università di Liegi, in Belgio: "È un punto di svolta", ha dichiarato il neurologo, sottolineando che la tecnologia utilizzata potrebbe avere anche ripercussioni nel dibattito sull'eutanasia per le persone completamente paralizzate o in stato vegetativo. "È davvero fantastico riuscire a dare voce ai pazienti", ha commentato Steven Laureys. Le tecnologie utilizzate nell'esperimento del dottor Chaudhary si chiamano interfacce cervello-computer, in inglese brain-computer interface, e permettono di tradurre i segnali che arrivano dal cervello di una persona in comandi. Negli ultimi anni queste tecnologie sono state utilizzate in istituti di ricerca, in società private e da alcuni imprenditori miliardari, come Elon Musk con la sua Neuralink Corporation. I risultati di questi esperimenti sono stati molte volte contrastanti ma molto spesso anche convincenti, come nel caso dell'uomo di 36 anni completamente paralizzato. Tuttavia, anche in questo caso, ciò che gli scienziati ancora non sono stati in grado di fare è riuscire a comunicare in modo continuo con il paziente. Ma c'è fiducia che da questi primi risultati si possa prima o poi arrivare a un punto in cui la vita del paziente, in stati come quello dell'uomo di 36 anni paralizzato a causa della SLA, possa significativamente migliorare. "Questo approccio è sperimentale - ha infatti spiegato ancora il dottor Chaudhary - e c'è ancora molto da imparare. In questa fase la tecnologia è ancora troppo complessa per essere utilizzata da pazienti e famiglie. Renderla più intuitiva e accelerare la velocità di comunicazione - ha concluso il dottore - sarà fondamentale".
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