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Home » Scienze e culture » Pecora Dolly, 25 anni fa il primo clone che rivoluzionò la scienza e aprì alla ricerca sulle staminali

Pecora Dolly, 25 anni fa il primo clone che rivoluzionò la scienza e aprì alla ricerca sulle staminali

La nascita del primo mammifero clonato all'Istituto Roslin di Edimburgo ha rappresentato una risultato straordinario per la ricerca. Oggi la clonazione di organi e tessuti è una parte importante della medicina rigenerativa

Camilla Prato
5 Luglio 2021
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È passato un quarto di secolo da quando, il 5 luglio 1996, venne alla luce la pecora Dolly. Nell’Istituto Roslin, in Scozia, si è trattato del primo mammifero clonato con successo da una cellula somatica. Un punto d’arrivo importantissimo, inseguito per anni e decine di esperimenti da un gruppo di ricerca guidato dagli scienziati Keith Campbell e Ian Wilmut. Ma anche un punto di partenza per la ricerca sulle cellule staminali, che ha rivoluzionato la scienza stessa.

Fino a quel momento la clonazione dei mammiferi era stata un tabù. Ma da quel giorno, insieme alle polemiche suscitate, si aprì anche una nuova strada per la ricerca. Dolly era stata ottenuta prelevando il nucleo di una cellula della ghiandola mammaria di una pecora adulta di razza Finn Dorse e trasferendolo nell’ovocita di un’altra pecora Scottish Blackface, a sua volta privato del nucleo. L’embrione così ottenuto era stato trasferito nell’utero di una terza pecora, che aveva portato avanti la gravidanza. Prima di arrivare a Dolly erano state trasferite ben 277 cellule somatiche in altrettanti ovociti, e solo in 29 casi si erano ottenuti degli embrioni, trasferiti nell’utero di 13 pecore, con un solo successo.

La nascita della pecora clonata venne annunciata solo alcuni mesi più tardi, nel febbraio 1997 con un articolo sulla rivista Nature che in breve tempo fece il giro del mondo. E aprì un dibattito che esulava il mero abito scientifico. Era l’inizio di una rivoluzione. Per la prima volta si era dimostrato che lo sviluppo di una cellula non è irreversibile. Vale a dire che una cellula ormai adulta e specializzata può tornare indietro nel tempo e regredire fino a tornare bambina, ossia indifferenziata e capace di svilupparsi in nuove direzioni, dando origine a un embrione o a cellule di tessuti diversi. “Immagino fabbriche di organi“, aveva commentato Renato Dulbecco, Premio Nobel per la medicina nel 1975. Il medico e biologo aveva già in mente allora quello che solo adesso si sta realizzando, ovvero la possibilità di coltivare in laboratorio organi in miniatura per studiare malattie e sperimentare farmaci.

Da allora infatti, la stessa tecnica è stata perfezionata e ha permesso di ottenere cloni di specie utili in laboratorio, come il topo o il maiale, fino a quelle da allevamento e a quelle minacciate di estinzione. Oggi anche pelle, cornea, cartilagine e vasi sanguigni hanno cominciato a prendere forma nei laboratori, coltivati a partire dalle cellule staminali. E proprio si sono trasformate nell’inchiostro ‘speciale’ che ha permesso di stampare in 3D fegati e cervelli in miniatura.

Organi e tessuti, nessun uomo o donna fotocopia, come temeva chi, senza alcuna base scientifica, propagandava la clonazione umana come imminente. Perché se le fantasie sui ‘cloni umani’, anche a 25 anni di distanza, rimangono tali, la medicina rigenerativa è invece un obiettivo concreto e realistico da raggiungere. Anche se la strada da percorrere è ancora lunga e accidentata. Ma è stata aperta, da una pecora, e non saranno le persone timorose a richiuderla.

 

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
È passato un quarto di secolo da quando, il 5 luglio 1996, venne alla luce la pecora Dolly. Nell'Istituto Roslin, in Scozia, si è trattato del primo mammifero clonato con successo da una cellula somatica. Un punto d'arrivo importantissimo, inseguito per anni e decine di esperimenti da un gruppo di ricerca guidato dagli scienziati Keith Campbell e Ian Wilmut. Ma anche un punto di partenza per la ricerca sulle cellule staminali, che ha rivoluzionato la scienza stessa. Fino a quel momento la clonazione dei mammiferi era stata un tabù. Ma da quel giorno, insieme alle polemiche suscitate, si aprì anche una nuova strada per la ricerca. Dolly era stata ottenuta prelevando il nucleo di una cellula della ghiandola mammaria di una pecora adulta di razza Finn Dorse e trasferendolo nell'ovocita di un'altra pecora Scottish Blackface, a sua volta privato del nucleo. L'embrione così ottenuto era stato trasferito nell'utero di una terza pecora, che aveva portato avanti la gravidanza. Prima di arrivare a Dolly erano state trasferite ben 277 cellule somatiche in altrettanti ovociti, e solo in 29 casi si erano ottenuti degli embrioni, trasferiti nell'utero di 13 pecore, con un solo successo. La nascita della pecora clonata venne annunciata solo alcuni mesi più tardi, nel febbraio 1997 con un articolo sulla rivista Nature che in breve tempo fece il giro del mondo. E aprì un dibattito che esulava il mero abito scientifico. Era l'inizio di una rivoluzione. Per la prima volta si era dimostrato che lo sviluppo di una cellula non è irreversibile. Vale a dire che una cellula ormai adulta e specializzata può tornare indietro nel tempo e regredire fino a tornare bambina, ossia indifferenziata e capace di svilupparsi in nuove direzioni, dando origine a un embrione o a cellule di tessuti diversi. "Immagino fabbriche di organi", aveva commentato Renato Dulbecco, Premio Nobel per la medicina nel 1975. Il medico e biologo aveva già in mente allora quello che solo adesso si sta realizzando, ovvero la possibilità di coltivare in laboratorio organi in miniatura per studiare malattie e sperimentare farmaci. Da allora infatti, la stessa tecnica è stata perfezionata e ha permesso di ottenere cloni di specie utili in laboratorio, come il topo o il maiale, fino a quelle da allevamento e a quelle minacciate di estinzione. Oggi anche pelle, cornea, cartilagine e vasi sanguigni hanno cominciato a prendere forma nei laboratori, coltivati a partire dalle cellule staminali. E proprio si sono trasformate nell'inchiostro 'speciale' che ha permesso di stampare in 3D fegati e cervelli in miniatura. Organi e tessuti, nessun uomo o donna fotocopia, come temeva chi, senza alcuna base scientifica, propagandava la clonazione umana come imminente. Perché se le fantasie sui 'cloni umani', anche a 25 anni di distanza, rimangono tali, la medicina rigenerativa è invece un obiettivo concreto e realistico da raggiungere. Anche se la strada da percorrere è ancora lunga e accidentata. Ma è stata aperta, da una pecora, e non saranno le persone timorose a richiuderla.  
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