Domenico Guarino
Per decenni è stata l’immagine stessa della
sensualità femminile per come è percepita dall’
universo maschile. Con quelle forme
prorompenti, la
fulva chioma a ricordare
Rita Hayworth - altro ‘ideale’ femminile che resiste alla corruzione del tempo- il vestitino
striminzito che (quasi) nulla lascia all’immaginazione, le ciglia
lunghissime, lo sguardo
diafano, la statuarietà della silhouette. Un inno alla bellezza femminile, si sarebbe detto.
Ieri. Da
domani invece il destino di
Jessica Rabbit potrebbe cambiare. E in qualche modo sta già cambiando, visto che, come riporta
Repubblica, “nel parco giochi di Anaheim, Jessica Rabbit
non sarà più raffigurata come una donna dalla
sessualità prorompente” e con un sovvertimento o meglio un omologazione dei ruoli e dell’estetica, “indosserà un
impermeabile, tipico indumento degli investigatori privati che la renderà anche in questo allo stesso livello di
Valiant (l’investigatore protagonista della pellicola di Robert Zemeckis, prodotta da Steven Spielberg”.
Che noia, la mangiauomini
Le forme di Jessica sono ritenute evidentemente troppo
ammiccanti, troppo
stereotipate, troppo corrispondenti ad una ‘certa’ immagine della donna: bomba
sexy mangiauomini, che calamita consapevolmente le attenzioni dei ‘maschi’. Un eden dell’ormone che sta sulla pellicola come terrena incarnazione di una categoria dello spirito, quella del sex symbol per eccellenza. E’ un
modo vecchio di vedere la donna? D’accordo. Ed è noto che i canoni estetici mutano col tempo. Lo stesso ideale di bellezza femminile si è evoluto nei secoli e nei decenni, come le foto delle nostre mamme e delle nostre nonne testimoniano. Ma siamo proprio sicuri che cancellando la femminilità nelle sue forme, anche somatiche, più evidenti, si raggiunga l‘
obiettivo del rispetto? Siamo certi che raffigurando donne tendenzialmente androgine e ponendole al centro dell’immaginario comune non ci rendiamo artefici della stessa
violenza rituale che vogliamo combattere, imponendo un
modello unico di femminilità? Alterando la realtà e costringendola in forme e modi che sono comunque espressione di un pensiero ‘
di parte’? L’interrogativo è lecito. Dietro Jessica, infatti, accanto a lei, ci sono tante donne, tante ragazze, che con
quelle forme ci
nascono, o che le
cercano: perché farle sentire
disadatte al mondo? Veicolo di corruzione morale? Stimolo dei comportamenti più abietti?
Colpevolizzando dunque una
dimensione fisica, che dovrebbe essere vissuta con la massima libertà.
Talebanismo surrogato
Non si rischia che dietro gesti del genere, magari partoriti (…) con le migliori intenzioni, non si celi poi la strada per un
talebanismo surrogato, e dunque anche più infido, che, dall’alto delle più nobili intenzioni, riporta la femminilità nell’ambito della costrizione, anche fisica? E’ un tema su sui è necessario riflettere. Ed è giusto farlo ora, prima che sia troppo tardi. Piuttosto che mettere l’impermeabile a Jessica, castigandola e mortificandola perché troppo ‘femminile’, non dovremmo creare, con Jessica ed insieme a lei, le condizioni per un mondo in cui
ciascuno possa essere quello che vuole essere senza essere oggetto di dileggio, o peggio di violenza, ma anche senza dover pensare di conformare il resto dell’umanità a se stesso/a? Senza doversi ‘coprire’ per non dare scandalo? Il conformismo è l’
anticamera delle dittature. Che siano culturali è anche peggio.