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Home » Scienze e culture » È allarme pesticidi: il 64% della superficie agricola globale è a rischio inquinamento

È allarme pesticidi: il 64% della superficie agricola globale è a rischio inquinamento

Secondo uno studio sono ben 168 i paesi con terreni altamente contaminati. Al primo posto troviamo il continente asiatico

Domenico Guarino
21 Ottobre 2022
Avvelenamento da pesticidi

Avvelenamento da pesticidi

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Il 64% della superficie agricola globale (circa 24,5 milioni di km2) è a rischio di inquinamento da pesticidi a causa di più di sostanze attive. Il 31% ad alto rischio. Il 34% dei terreni contaminati si trova in regioni ad alta biodiversità, il 5% in aree con scarsità d’acqua e il 19% in Paesi a basso e medio reddito, tra cui alcuni tra i bacini idrici più importanti al Orange in Sudafrica, Huang He in Cina, Indo in India, Murray in Australia e Paranà in Argentina. Più nel dettaglio il 63,7% dei terreni agricoli è a rischio di inquinamento da più di un principio attivo: il 93,7% dei terreni in Europa, il 73,4% in Nord America e il 69,4% in Sud America. E addirittura il 20,9% dei terreni agricoli globali sono a rischio di inquinamento da più di 10 principi attivi. In questo caso, in cima alla lista, troviamo la Cina, con l’8,4% del suolo agricolo (0,34 milioni di km2) contaminato da più di 20 principi attivi di agrotossici.

A causa dei pesticidi la biodiversità si sta decimando

I rischi per la biosfera e per la biodiversità

I dati, decisamente sconfortanti, provengono da uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Sydney (Australia) che hanno stimato i livelli di rischio di inquinamento ambientale da pesticidi in 168 Paesi. Lo studio (Tang et al., 2021), pubblicato su Nature Geoscience, considera 92 sostanze attive (impiegate in 59 erbicidi, 21 insetticidi e 19 fungicidi) nelle diverse aree del pianeta. Tra tutte le regioni del pianeta, l’Asia ha la più grande superficie ad alto rischio (4,9 milioni di km2), con 2,9 milioni di km2 in Cina e 0,35 milioni di km2 in Kazakistan. I terreni agricoli dell’Oceania presentano invece il rischio più basso di inquinamento da pesticidi.

Per quanto riguarda l’Europa, lo studio ha dimostrato che il 61,7% (2,3 milioni di km2) della superficie agricola continentale si può classificare come “ad alto rischio di inquinamento” da pesticidi. I tre Paesi europei più colpiti sono per altro tra i maggiori produttori di derrate agricole del Vecchio Continente: Russia (0,91 milioni di km2), Ucraina (0,35 milioni di km2), Spagna (0,19 milioni di km2).

L’avvelenamento da pesticidi non risparmia alcun aspetto della biosfera. L’acqua innanzitutto, in particolare nelle aree più siccitose, ovvero in totale 0,62 milioni di km2 di terreni agricoli, di cui il 20,1% nei Paesi a basso e medio reddito, a partire dalla Cina dove è a rischio avvelenamento circa il 3% dei terreni. E poi c’è l’effetto sulla biodiversità, che viene decimata dall’impatto della dispersione incontrollata di pesticidi. Dato preoccupante considerato che il 34,1% delle aree globali ad alto rischio di inquinamento (circa 4,18 milioni di km2) si trova in regioni con un’elevata biodiversità (≥323 specie di tetrapodi), con 1,25 milioni di km2 che si trovano in Paesi a basso e medio reddito. E che 0,37 milioni di km2 di aree a rischio di inquinamento da miscele di pesticidi intersecano l’habitat di almeno una delle specie di anfibi minacciate o criticamente minacciate, con i principali hotspot situati in Cina, Australia, Guatemala e Cile.

Le brutte notizie non finiscano mai

E la pessima notizia è che con l’aumento delle temperature determinato dai fenomeni di riscaldamento globale, si prevede parallelamente un aumento delle invasioni di parassiti, che determinerebbe una spirale devastante: più insetti da combattere, maggiore richiesta di cibo, maggiore uso di pesticidi. In questo scenario, dicono i ricercatori, cambiare rotta diventa indispensabile. “Sebbene questo studio si sia concentrato esclusivamente sulla salute ambientale, anche l’effetto dei pesticidi sulla salute umana è un aspetto importante che richiede una valutazione completa” dicono i ricercatori. Che concludono “questa valutazione su scala globale sarebbe tuttavia molto complessa” raccomandando “di stabilire urgentemente una strategia globale per la transizione verso un’agricoltura e una vita sostenibili, con un basso apporto di pesticidi e una riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari, per ottenere una produzione e un consumo responsabili”.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Il 64% della superficie agricola globale (circa 24,5 milioni di km2) è a rischio di inquinamento da pesticidi a causa di più di sostanze attive. Il 31% ad alto rischio. Il 34% dei terreni contaminati si trova in regioni ad alta biodiversità, il 5% in aree con scarsità d’acqua e il 19% in Paesi a basso e medio reddito, tra cui alcuni tra i bacini idrici più importanti al Orange in Sudafrica, Huang He in Cina, Indo in India, Murray in Australia e Paranà in Argentina. Più nel dettaglio il 63,7% dei terreni agricoli è a rischio di inquinamento da più di un principio attivo: il 93,7% dei terreni in Europa, il 73,4% in Nord America e il 69,4% in Sud America. E addirittura il 20,9% dei terreni agricoli globali sono a rischio di inquinamento da più di 10 principi attivi. In questo caso, in cima alla lista, troviamo la Cina, con l’8,4% del suolo agricolo (0,34 milioni di km2) contaminato da più di 20 principi attivi di agrotossici.
A causa dei pesticidi la biodiversità si sta decimando

I rischi per la biosfera e per la biodiversità

I dati, decisamente sconfortanti, provengono da uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Sydney (Australia) che hanno stimato i livelli di rischio di inquinamento ambientale da pesticidi in 168 Paesi. Lo studio (Tang et al., 2021), pubblicato su Nature Geoscience, considera 92 sostanze attive (impiegate in 59 erbicidi, 21 insetticidi e 19 fungicidi) nelle diverse aree del pianeta. Tra tutte le regioni del pianeta, l’Asia ha la più grande superficie ad alto rischio (4,9 milioni di km2), con 2,9 milioni di km2 in Cina e 0,35 milioni di km2 in Kazakistan. I terreni agricoli dell’Oceania presentano invece il rischio più basso di inquinamento da pesticidi. Per quanto riguarda l’Europa, lo studio ha dimostrato che il 61,7% (2,3 milioni di km2) della superficie agricola continentale si può classificare come “ad alto rischio di inquinamento” da pesticidi. I tre Paesi europei più colpiti sono per altro tra i maggiori produttori di derrate agricole del Vecchio Continente: Russia (0,91 milioni di km2), Ucraina (0,35 milioni di km2), Spagna (0,19 milioni di km2). L’avvelenamento da pesticidi non risparmia alcun aspetto della biosfera. L’acqua innanzitutto, in particolare nelle aree più siccitose, ovvero in totale 0,62 milioni di km2 di terreni agricoli, di cui il 20,1% nei Paesi a basso e medio reddito, a partire dalla Cina dove è a rischio avvelenamento circa il 3% dei terreni. E poi c’è l’effetto sulla biodiversità, che viene decimata dall’impatto della dispersione incontrollata di pesticidi. Dato preoccupante considerato che il 34,1% delle aree globali ad alto rischio di inquinamento (circa 4,18 milioni di km2) si trova in regioni con un’elevata biodiversità (≥323 specie di tetrapodi), con 1,25 milioni di km2 che si trovano in Paesi a basso e medio reddito. E che 0,37 milioni di km2 di aree a rischio di inquinamento da miscele di pesticidi intersecano l’habitat di almeno una delle specie di anfibi minacciate o criticamente minacciate, con i principali hotspot situati in Cina, Australia, Guatemala e Cile.

Le brutte notizie non finiscano mai

E la pessima notizia è che con l’aumento delle temperature determinato dai fenomeni di riscaldamento globale, si prevede parallelamente un aumento delle invasioni di parassiti, che determinerebbe una spirale devastante: più insetti da combattere, maggiore richiesta di cibo, maggiore uso di pesticidi. In questo scenario, dicono i ricercatori, cambiare rotta diventa indispensabile. "Sebbene questo studio si sia concentrato esclusivamente sulla salute ambientale, anche l’effetto dei pesticidi sulla salute umana è un aspetto importante che richiede una valutazione completa” dicono i ricercatori. Che concludono “questa valutazione su scala globale sarebbe tuttavia molto complessa” raccomandando “di stabilire urgentemente una strategia globale per la transizione verso un’agricoltura e una vita sostenibili, con un basso apporto di pesticidi e una riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari, per ottenere una produzione e un consumo responsabili”.
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