Anche la confezione ha la sua importanza. Certo. Ma se poi finisce nel cestino dei rifiuti e, in un battibaleno, si trasforma in scarto da smaltire, ecco che la sua funzione, che sia estetica o logistica poco conta, si trasforma immediatamente in un problema. E non di poco conto.
Se è vero infatti che l’obiettivo italiano per il 2023 è quello di riciclare fino al 75% degli imballaggi (stima che è stata anticipata da Conai in occasione della giornata nazionale del riciclo di sabato 18 marzo) è altrettanto vero che il rimanente 25% viene destinato, se va bene, alla discarica o agli inceneritori, se va male alla dispersione pura e semplice nell’ambiente. Con le conseguenze che si possono immaginare.
Obiettivo riciclo imballaggi
L’obiettivo italiano è molto ambizioso, posizionandosi ben 10 punti percentuali sopra quello previsto dall’Ue, che chiede ai suoi stati membri di arrivare, entro il 2025, ad un riciclo del 65%.
Oltre alla percentuale, conta poi anche la quantità assoluta: l’Italia dovrebbe chiudere il 2023 con una mole di imballaggi immessi sul mercato superiore a quella dei livelli pre-pandemia, a causa della ripresa dei consumi che, prevede sempre il Conai, “nonostante il cambio nelle abitudini e nello stile di vita degli italiani generato dalla pandemia, farà superare i 14 milioni e mezzo di tonnellate di packaging sul mercato”.
Ecco che ragionare sul riciclaggio completo degli imballaggi diventa una questione nodale in direzione della piena sostenibilità della produzione. Non a caso la corsa al packaging ‘ecologico’ è uno dei settori a maggior taso di ricerca e start up.
E qualche soluzione comincia a delinearsi.
Biocellulosa e funghi per packaging più sostenibile
Gli scienziati dell’Università di Hong Kong, ad esempio, hanno sviluppato un nuovo materiale a base di biocellulosa, da impiegare nelle confezioni alimentari. Trasparente e commestibile, si biodegrada naturalmente in 2 mesi. Inoltre, dopo alcune difficoltà iniziali, grazie ad alcune proteine di soia incorporate nella struttura, che viene a sua volta rivestita con un composito resistente all’olio, questo packaging si propone ora come resistente all’acqua.
Un contributo importante potrebbe venire anche dai funghi. Con il vantaggio che si tratterebbe di materiale compostabile in casa e che cresce direttamente in uno stampo realizzato nella forma decisa per l’applicazione finale. Con l’aggiunta di fibra di canapa, i materiali da imballaggio Ecovative possono sostituire le schiume espanse, il cartone e gli imballaggi in plastica.
Soluzioni anche per il delivery
Il take away e il delivery del cibo sono, come sappiamo, tra i settori che producono la maggiore quantità di imballaggi. E’ dunque una buona notizia che si sta sperimentando proprio in questo campo un materiale per bicchieri senza coperchio realizzati con carta envoPAP ricavata da scarti agricoli, e dunque compostabili nell’organico domestico. L’azienda che li ha brevettati ha vinto l’IF design award 2023.
E che dire del vetro? L’Accademia cinese delle Scienze sta lavorando ad una versione biodegradabile, utilizzando amminoacidi o peptidi (cioè catene di amminoacidi, i mattoni costitutivi delle proteine), grazie ad una tecnica che prevede riscaldamento e raffreddamento rapido.
Il problema è la sua elevata sensibilità al calore, che lo tiene ancora lontano dalla commercializzazione. Ma una volta perfezionato non necessita di altro che di processi biologici per decomporsi.
Per tornare in Europa, la tedesca Creapaper sta mettendo a punto un sistema per la produzione di imballaggi in erba, riducendo così il ricorso alla di pasta di legno, un fatto non banale visto che la metà dei 400 milioni di tonnellate di carta prodotte ogni anno nel mondo utilizza infatti questo materiale.
L’azienda sta installando la prima linea di produzione della fibra naturale e ha in mente di rendere il processo non solo stazionario, ma anche mobile. Pensate che una tonnellata di pasta d’erba richiede circa 10 litri d’acqua, mentre la stessa quantità di pasta di legno ne richiederebbe circa 1.500.
Gli altri materiali da riciclare
Insomma, la ricerca sta facendo passi da gigante e le soluzioni ‘biosostenibili’ sembrano essere oramai a portata di mano. Intanto godiamoci il fatto che in Italia, il 2023, dovrebbe vedere avviato a riciclo oltre il 77% degli imballaggi in acciaio, il 67% di quelli in alluminio, più dell’85% del packaging in carta e cartone, circa il 63% in legno, quasi il 59% dei prodotti in plastica e bioplastica, e l’80% circa degli imballaggi in vetro.
“Il nostro Paese è già leader in Europa in questo settore, con un pro-capite di riciclo degli imballaggi che ci vede al primo posto. Un primato che va difeso e che deve portarci a fare sempre di più” sottolinea il presidente di Conai, dati Eurostat alla mano.