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Home » Scienze e culture » Siccità Italia: al Nord manca l’acqua, meglio al Meridione

Siccità Italia: al Nord manca l’acqua, meglio al Meridione

Il Po è il 'grande malato' ma anche gli altri fiumi e i laghi soffrono. Il problema riguarda anche l'Europa, servono piani per una corretta gestione delle risorse legate allo scioglimento delle nevi

Domenico Guarino
9 Marzo 2023
Gondole adagiate sul fondale del Canal Grande, a causa della bassa marea eccezionale che ha registrato -60 cm sul medio mare (ANSA)

Gondole adagiate sul fondale del Canal Grande, a causa della bassa marea eccezionale che ha registrato -60 cm sul medio mare (ANSA)

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C’è la crisi del Po, ma anche quella del Tevere e del Liri: in Italia da mesi si aggira oramai uno spettro, quello della carenza di acqua. Tanto che secondo il Consiglio nazionale delle ricerche, una percentuale fra il 6% ed il 15% della popolazione italiana vive ormai in territori esposti ad una siccità severa od estrema. E secondo Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione nazionale dei Consorzi di bacino (Anbi), “dati alla mano, è lecito ritenere che, per almeno tre milioni e mezzo di italiani, l’acqua dal rubinetto non può più essere data per scontata”. A contare drammaticamente è stata l’assenza di pioggia a febbraio, con le  temperature miti che hanno assottigliato ulteriormente il già scarso manto nevoso nelle regioni alpine.

Il fiume Po in secca e infestato dalle alghe

Il Po è il ‘grande malato’ della crisi idrica italiana, al punto che, lungo tutta l’asta, registra portate al di sotto del minimo storico e stabilmente inferiori al 2022. Tanto che in Piemonte diverse zone sono già costrette ad alimentarsi tramite autobotti. Ma se il Po soffre, gli altri fiumi non gioiscono. La portata del Tevere è in costante diminuzione, dall’Umbria fino alla foce, quella dell’Aniene è meno della metà della media storica. Il lago di Bracciano rimane ad un livello più basso di 14 centimetri rispetto al 2022. Calano i livelli dei fiumi Sacco e Liri, come pure di quelli in Campania. Non va meglio nei volumi degli invasi artificiali della Basilicata, che subiscono anch’essi una contrazione.

La siccità colpisce il fiume Tagliamento

Non si tratta, peraltro, di una situazione solo italiana. Segnali allarmanti in questo senso provengono infatti anche da altre zone d’Europa: “dalla Francia, dove si è alla vigilia del razionamento idrico in alcune zone del Paese, alla Gran Bretagna, dove è già iniziato il contingentamento negli acquisti di alcuni prodotti agricoli”. E non solleva il fatto che crescano ulteriormente le riserve d’acqua invasata nei serbatoi nella Puglia settentrionale o che, in generale, nelle regioni meridionali, si soffra paradossalmente meno che al nord, tanto che si è costretti a rilasciare in mare quantitativi d’acqua, esuberanti le capacità degli invasi. Anche perché, contemporaneamente, al nord si capitalizza solo una piccola parte del già iniziato scioglimento delle nevi, segno che, oltre alla carenza complessiva della risorsa, in Italia ci troviamo di fronte anche ad un’inefficienza nella sua gestione, soprattutto sul fronte dell’immagazzinamento e della redistribuzione.

Soluzioni? Per Massimo Gargano, direttore generale di Anbi, “è necessario dare il via ad interventi per aumentare le riserve d’acqua: dall’efficientamento delle opere esistenti alla realizzazione di nuovi bacini multifunzionali, come previsto dal ‘Piano Laghetti’, proposto da Anbi e Coldiretti”. Insomma, facciamo pure la danza della pioggia, ma nel mentre impariamo a gestire meglio quello che abbiamo. Non sarebbe affatto poco.

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Il fiume Po in secca e infestato dalle alghe

Il Po è il 'grande malato' della crisi idrica italiana, al punto che, lungo tutta l'asta, registra portate al di sotto del minimo storico e stabilmente inferiori al 2022. Tanto che in Piemonte diverse zone sono già costrette ad alimentarsi tramite autobotti. Ma se il Po soffre, gli altri fiumi non gioiscono. La portata del Tevere è in costante diminuzione, dall'Umbria fino alla foce, quella dell'Aniene è meno della metà della media storica. Il lago di Bracciano rimane ad un livello più basso di 14 centimetri rispetto al 2022. Calano i livelli dei fiumi Sacco e Liri, come pure di quelli in Campania. Non va meglio nei volumi degli invasi artificiali della Basilicata, che subiscono anch’essi una contrazione.

La siccità colpisce il fiume Tagliamento

Non si tratta, peraltro, di una situazione solo italiana. Segnali allarmanti in questo senso provengono infatti anche da altre zone d'Europa: "dalla Francia, dove si è alla vigilia del razionamento idrico in alcune zone del Paese, alla Gran Bretagna, dove è già iniziato il contingentamento negli acquisti di alcuni prodotti agricoli". E non solleva il fatto che crescano ulteriormente le riserve d'acqua invasata nei serbatoi nella Puglia settentrionale o che, in generale, nelle regioni meridionali, si soffra paradossalmente meno che al nord, tanto che si è costretti a rilasciare in mare quantitativi d'acqua, esuberanti le capacità degli invasi. Anche perché, contemporaneamente, al nord si capitalizza solo una piccola parte del già iniziato scioglimento delle nevi, segno che, oltre alla carenza complessiva della risorsa, in Italia ci troviamo di fronte anche ad un'inefficienza nella sua gestione, soprattutto sul fronte dell’immagazzinamento e della redistribuzione.

Soluzioni? Per Massimo Gargano, direttore generale di Anbi, "è necessario dare il via ad interventi per aumentare le riserve d'acqua: dall'efficientamento delle opere esistenti alla realizzazione di nuovi bacini multifunzionali, come previsto dal 'Piano Laghetti', proposto da Anbi e Coldiretti". Insomma, facciamo pure la danza della pioggia, ma nel mentre impariamo a gestire meglio quello che abbiamo. Non sarebbe affatto poco.

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