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Home » Scienze e culture » Strappare al degrado un miliardo di ettari, o sarà a rischio il 40% della popolazione mondiale

Strappare al degrado un miliardo di ettari, o sarà a rischio il 40% della popolazione mondiale

Allarme di Fao e United Nations environment programme (Unep) per il ripristino dell'ecosistema per risollevare i destini alimentari e di qualità della vita delle fasce più povere ed arretrate del pianeta

Domenico Guarino
7 Giugno 2021
Young woman holding a globe with a face mask on it - Conceptual Coronavirus Covid-19 virus pandemic - Heart shape is drawn on the mask.

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“Di fronte alla triplice minaccia del cambiamento climatico, della perdita della natura e dell’inquinamento, il mondo deve mantenere l’impegno di ripristinare almeno un miliardo di ettari (10 milioni di Km2) di territori degradati nel prossimo decennio, un’area delle dimensioni della Cina”.

A sostenerlo non è un gruppo di estemporanei eco attivisti, e nemmeno la lobby delle energie rinnovabili, ma il rapporto “Becoming #GenerationRestoration: Ecosystem Restoration for People, Nature and Climate”, pubblicato congiuntamente da Fao e United Nations environment programme (Unep) in occasione del lancio dell’UN Decade on Ecosystem Restoration 2021-2030.

Secondo Fao e Unep, il degrado sta già colpendo il benessere di circa 3,2 miliardi di persone, ovvero il 40% della popolazione mondiale. “Ogni anno -si legge nel rapporto- perdiamo servizi ecosistemici che valgono più del 10% della nostra produzione economica globale”.

Il ripristino dell’ecosistema (terreni agricoli, foreste, praterie e savane, montagne, torbiere, aree urbane, acque dolci e oceani) è un processo complesso, che richiede certamente l’ arresto ma anche il ribaltamento del degrado, per avere “aria e acqua più pulite, mitigazione delle condizioni meteorologiche estreme, salute umana migliore e recupero della biodiversità, inclusa una migliore impollinazione delle piante”.

Un’operazione indubbiamente costosa -in cui si va dalla riforestazione alla riumidificazione delle torbiere e alla riabilitazione dei coralli- ma dagli indiscutibili vantaggi: il rapporto stima infatti i costi globali di ripristino terrestre,– esclusi i costi di ripristino degli ecosistemi marini, in almeno 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, ma sottolinea che “ogni dollaro investito nel ripristino crea fino a 30 dollari di benefici economici”.

Ripristinare l’ambiente è anche un’operazione che va nel senso dell’inclusione delle comunità più marginali: non è un caso infatti che le comunità che vivono su quasi 2 miliardi di ettari di terre degradate sono spesso tra le più povere ed emarginate del mondo.

Unep e Fao ricordano che “sono necessarie azioni per prevenire, arrestare e invertire il degrado per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi Celsius. Il ripristino, se combinato con l’arresto dell’ulteriore conversione degli ecosistemi naturali, può aiutare a evitare il 60% delle estinzioni della biodiversità previste. Può essere altamente efficiente nel produrre contemporaneamente molteplici benefici economici, sociali ed ecologici: ad esempio, l’agroforestazione da sola ha il potenziale per aumentare la sicurezza alimentare per 1,3 miliardi di persone , mentre gli investimenti in agricoltura, protezione delle mangrovie e gestione delle risorse idriche aiuteranno ad adattarsi ai cambiamenti climatici, con benefici circa 4 volte superiori all’investimento originario”.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
“Di fronte alla triplice minaccia del cambiamento climatico, della perdita della natura e dell'inquinamento, il mondo deve mantenere l'impegno di ripristinare almeno un miliardo di ettari (10 milioni di Km2) di territori degradati nel prossimo decennio, un'area delle dimensioni della Cina”. A sostenerlo non è un gruppo di estemporanei eco attivisti, e nemmeno la lobby delle energie rinnovabili, ma il rapporto “Becoming #GenerationRestoration: Ecosystem Restoration for People, Nature and Climate”, pubblicato congiuntamente da Fao e United Nations environment programme (Unep) in occasione del lancio dell’UN Decade on Ecosystem Restoration 2021-2030. Secondo Fao e Unep, il degrado sta già colpendo il benessere di circa 3,2 miliardi di persone, ovvero il 40% della popolazione mondiale. “Ogni anno -si legge nel rapporto- perdiamo servizi ecosistemici che valgono più del 10% della nostra produzione economica globale”. Il ripristino dell'ecosistema (terreni agricoli, foreste, praterie e savane, montagne, torbiere, aree urbane, acque dolci e oceani) è un processo complesso, che richiede certamente l’ arresto ma anche il ribaltamento del degrado, per avere "aria e acqua più pulite, mitigazione delle condizioni meteorologiche estreme, salute umana migliore e recupero della biodiversità, inclusa una migliore impollinazione delle piante". Un’operazione indubbiamente costosa -in cui si va dalla riforestazione alla riumidificazione delle torbiere e alla riabilitazione dei coralli- ma dagli indiscutibili vantaggi: il rapporto stima infatti i costi globali di ripristino terrestre,– esclusi i costi di ripristino degli ecosistemi marini, in almeno 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, ma sottolinea che “ogni dollaro investito nel ripristino crea fino a 30 dollari di benefici economici”. Ripristinare l'ambiente è anche un'operazione che va nel senso dell'inclusione delle comunità più marginali: non è un caso infatti che le comunità che vivono su quasi 2 miliardi di ettari di terre degradate sono spesso tra le più povere ed emarginate del mondo. Unep e Fao ricordano che “sono necessarie azioni per prevenire, arrestare e invertire il degrado per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi Celsius. Il ripristino, se combinato con l’arresto dell’ulteriore conversione degli ecosistemi naturali, può aiutare a evitare il 60% delle estinzioni della biodiversità previste. Può essere altamente efficiente nel produrre contemporaneamente molteplici benefici economici, sociali ed ecologici: ad esempio, l’agroforestazione da sola ha il potenziale per aumentare la sicurezza alimentare per 1,3 miliardi di persone , mentre gli investimenti in agricoltura, protezione delle mangrovie e gestione delle risorse idriche aiuteranno ad adattarsi ai cambiamenti climatici, con benefici circa 4 volte superiori all’investimento originario”.
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