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Home » Scienze e culture » L’intelligenza artificiale svela il nesso tra mortalità per tumori e inquinamento

L’intelligenza artificiale svela il nesso tra mortalità per tumori e inquinamento

I ricercatori hanno analizzato i legami tra le percentuali per decessi per cancro, fattori socio-economici e gli effetti nocivi provocati nell'ambiente in Italia

Domenico Guarino
1 Ottobre 2022
Decessi per tumore in Italia: l’inquinamento ambientale ha un ruolo rilevante

Decessi per tumore in Italia: l’inquinamento ambientale ha un ruolo rilevante

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Quanto conta l’ambiente nello sviluppo di malattie tumorali? Molto più di quello che pensiamo, probabilmente. A supportare questa testi uno studio pubblicato simultaneamente sulle prestigiose riviste internazionali “Science of the Total Environment” e “Nature Scientific Data” a cura di un team di scienziati dell’Università degli Studi di Bari, dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, del CNR e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

Nello studio sono stati analizzati i legami tra mortalità per cancro, fattori socio-economici e fonti di inquinamento ambientale in Italia, a scala regionale e provinciale, utilizzando metodi basati sull’intelligenza artificiale. Il tutto attraverso una banca dati decennale (2009-2018) sui tassi di mortalità per tumore realizzata avvalendosi dei registri Istat riguardante 23 macro-categorie tumorali in Italia su scala comunale, provinciale e regionale. Ebbene, contrariamente a quanto si ritiene, vivere in un ambiente malsano, conta più delle condizioni socioeconomiche o degli stili di vita. Insomma, l’inquinamento ‘uccide’ non solo il pianeta terra, ma anche l’uomo in quanto essere vivente.

Decessi per tumore in Italia: l’inquinamento ambientale ha un ruolo rilevante (Tabella di Unibo Magazine)
Decessi per tumore in Italia: l’inquinamento ambientale ha un ruolo rilevante (Tabella di Unibo Magazine)

I ricercatori hanno scoperto, infatti, che la mortalità per cancro tra i cittadini italiani supera la media nazionale soprattutto quando l‘inquinamento ambientale è più elevato. E ciò accade soprattutto in determinate aree del Paese, nonostante le abitudini di vita più sane. La provincia con tasso di mortalità da tumore più alta nel decennio 2009-2018 è risultata quella di Lodi, seguita da Napoli, Bergamo, Pavia, Sondrio e Cremona tra le prime cinque. La prima provincia del centro Italia è Viterbo (11° posizione), seguita da Roma (18°), mentre al sud, oltre alla provincia di Napoli al secondo posto, solo quella di Caserta (8°) rientra nelle prime 10 per mortalità da tumore. In Puglia la mortalità a scala provinciale in generale appare abbastanza in linea o sotto la media nazionale con particolari criticità per i tumori della vescica soprattutto nella provincia di Taranto e Lecce e del fegato nelle province di Bari e Barletta-Andria-Trani.

Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori Nicola Amoroso, Roberto Bellotti e Alfonso Monaco dell’Università di Bari e della locale sezione dell’INFN, dal professore Cazzolla Gatti dell’Università di Bologna, dalla dottoressa Arianna Di Paola del CNR, dalla dottoressa Alena Velichevskaya della TSU, hanno analizzato ben 35 fonti ambientali di inquinamento (come industrie, pesticidi, inceneritori, traffico automobilistico, etc.), evidenziando come la qualità dell’aria e la presenza di siti da bonificare siano associate ai tassi alti di mortalità tumorali. A seguire, le aree urbane e le acciaierie.

“Abbiamo trovato buone, anche se preliminari, evidenze – scrivono gli autori – che un migliore stile di vita e una maggiore attenzione alle problematiche socio-economiche e sanitarie possano ridurre solo in parte il rischio di morire di cancro nell’intera popolazione, se la qualità dell’ambiente viene sottovalutata. Questo, a sua volta, potrebbe spiegare il motivo per cui abbiamo osservato che le persone che vivono nelle regioni del Nord Italia (in particolare quelle situate nella Pianura Padana fortemente industrializzata), esposte a livelli di inquinamento ambientale molto elevati, mostrano un eccesso di mortalità per cancro significativo rispetto a chi vive nelle regioni meridionali (a eccezione di alcune località anch’esse molto inquinate, come la “Terra dei Fuochi” in Campania), anche se godono di una migliore salute (fumano meno e sono meno in sovrappeso), hanno reddito più elevato, maggiore consumo di alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale e una più facile accessibilità all’assistenza sanitaria.”

Ovviamente – precisano gli autori nelle conclusioni – “il nostro studio non contesta il fatto che uno stile di vita più sano aiuti a ridurre il rischio di ammalarsi di cancro e non mette in discussione gli sforzi per comprendere le basi genetiche dei tumori”. Ma chiosano: “Tuttavia, i geni che ereditiamo e lo stile di vita che decidiamo o siamo costretti ad adottare possono essere la porta di una stazione verso la malattia o il benessere, ma la qualità dell’ambiente in cui viviamo è il treno dove trascorreremo il viaggio. Se la carrozza è inquinata, i nostri sforzi per un viaggio confortevole potrebbero essere, comunque, vani”.

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È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Quanto conta l’ambiente nello sviluppo di malattie tumorali? Molto più di quello che pensiamo, probabilmente. A supportare questa testi uno studio pubblicato simultaneamente sulle prestigiose riviste internazionali "Science of the Total Environment" e "Nature Scientific Data" a cura di un team di scienziati dell’Università degli Studi di Bari, dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, del CNR e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Nello studio sono stati analizzati i legami tra mortalità per cancro, fattori socio-economici e fonti di inquinamento ambientale in Italia, a scala regionale e provinciale, utilizzando metodi basati sull’intelligenza artificiale. Il tutto attraverso una banca dati decennale (2009-2018) sui tassi di mortalità per tumore realizzata avvalendosi dei registri Istat riguardante 23 macro-categorie tumorali in Italia su scala comunale, provinciale e regionale. Ebbene, contrariamente a quanto si ritiene, vivere in un ambiente malsano, conta più delle condizioni socioeconomiche o degli stili di vita. Insomma, l’inquinamento ‘uccide’ non solo il pianeta terra, ma anche l’uomo in quanto essere vivente.
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I ricercatori hanno scoperto, infatti, che la mortalità per cancro tra i cittadini italiani supera la media nazionale soprattutto quando l'inquinamento ambientale è più elevato. E ciò accade soprattutto in determinate aree del Paese, nonostante le abitudini di vita più sane. La provincia con tasso di mortalità da tumore più alta nel decennio 2009-2018 è risultata quella di Lodi, seguita da Napoli, Bergamo, Pavia, Sondrio e Cremona tra le prime cinque. La prima provincia del centro Italia è Viterbo (11° posizione), seguita da Roma (18°), mentre al sud, oltre alla provincia di Napoli al secondo posto, solo quella di Caserta (8°) rientra nelle prime 10 per mortalità da tumore. In Puglia la mortalità a scala provinciale in generale appare abbastanza in linea o sotto la media nazionale con particolari criticità per i tumori della vescica soprattutto nella provincia di Taranto e Lecce e del fegato nelle province di Bari e Barletta-Andria-Trani. Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori Nicola Amoroso, Roberto Bellotti e Alfonso Monaco dell’Università di Bari e della locale sezione dell’INFN, dal professore Cazzolla Gatti dell’Università di Bologna, dalla dottoressa Arianna Di Paola del CNR, dalla dottoressa Alena Velichevskaya della TSU, hanno analizzato ben 35 fonti ambientali di inquinamento (come industrie, pesticidi, inceneritori, traffico automobilistico, etc.), evidenziando come la qualità dell'aria e la presenza di siti da bonificare siano associate ai tassi alti di mortalità tumorali. A seguire, le aree urbane e le acciaierie. “Abbiamo trovato buone, anche se preliminari, evidenze – scrivono gli autori - che un migliore stile di vita e una maggiore attenzione alle problematiche socio-economiche e sanitarie possano ridurre solo in parte il rischio di morire di cancro nell'intera popolazione, se la qualità dell'ambiente viene sottovalutata. Questo, a sua volta, potrebbe spiegare il motivo per cui abbiamo osservato che le persone che vivono nelle regioni del Nord Italia (in particolare quelle situate nella Pianura Padana fortemente industrializzata), esposte a livelli di inquinamento ambientale molto elevati, mostrano un eccesso di mortalità per cancro significativo rispetto a chi vive nelle regioni meridionali (a eccezione di alcune località anch’esse molto inquinate, come la "Terra dei Fuochi" in Campania), anche se godono di una migliore salute (fumano meno e sono meno in sovrappeso), hanno reddito più elevato, maggiore consumo di alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale e una più facile accessibilità all'assistenza sanitaria.” Ovviamente - precisano gli autori nelle conclusioni - “il nostro studio non contesta il fatto che uno stile di vita più sano aiuti a ridurre il rischio di ammalarsi di cancro e non mette in discussione gli sforzi per comprendere le basi genetiche dei tumori”. Ma chiosano: “Tuttavia, i geni che ereditiamo e lo stile di vita che decidiamo o siamo costretti ad adottare possono essere la porta di una stazione verso la malattia o il benessere, ma la qualità dell'ambiente in cui viviamo è il treno dove trascorreremo il viaggio. Se la carrozza è inquinata, i nostri sforzi per un viaggio confortevole potrebbero essere, comunque, vani”.
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