Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Attualità » Impariamo a dire Noi: nasce a Firenze il comitato degli uomini contro la violenza sulle donne

Impariamo a dire Noi: nasce a Firenze il comitato degli uomini contro la violenza sulle donne

Il sociologo Pippo Russo: "La politica deve promuovere il lavoro culturale. Bisogna cambiare cultura e mentalità e si tratta di un lavoro molto lungo"

Domenico Guarino
13 Dicembre 2021
Il sociologo Pippo Russo

Il sociologo Pippo Russo

Share on FacebookShare on Twitter

“Siamo un gruppo di uomini che hanno deciso di dire basta. Siamo padri, zii, mariti, fratelli, partner o soltanto amici di donne che talvolta non abbiamo rispettato o lasciato essere. Ma siamo uomini che finalmente hanno preso consapevolezza di un grave problema sociale e della necessità di farsene carico tutti, senza delegare”. Comincia così il manifesto del comitato ‘Impariamo a dire Noi’ nato a Firenze con l’obiettivo di ribadire un principio tanto semplice quanto pericolosamente taciuto: la violenza sulle donne è innanzitutto un problema degli uomini. Di chi quella violenza cioè la pensa, la pianifica, la realizza, occasionalmente o sistematicamente.

E dunque è, anche se non soprattutto sugli uomini, che bisogna lavorare per difendere le donne. “Il comitato nasce dall’iniziativa di diverse persone, sia uomini che donne, ma nasce dalla necessità di diffondere una sensibilità sul fatto che stiamo parlando di violenza maschile. Agita dagli uomini. E quindi è necessario che siano proprio gli uomini a fare un percorso di consapevolezza su quanto diffuso sia il retroterra di questa violenza” dice Pippo Russo, sociologo, uno degli animatori dell’iniziativa.“Noi guardiamo agli atti eclatanti di violenza sulle donne che culminano nel femminicidio come se fossero delle eccezioni che non ci toccano che ci riguardano da lontano, ameno che non siamo direttamente coinvolti e invece questi atti sono il culmine di una cultura molto diffusa che parte dai piccoli abusi quotidiani dalle prevaricazioni alle violenze maschili ed è su quelle che bisogna agire e che bisogna creare una consapevolezza diffusa. Il comitato nasce prendendo ad esempio di collettivi che sono sorti altrove ma vuole avere l’ambizione di essere un soggetto civico e questa è la vera novità”.

Qual è l’obiettivo?

“L’obiettivo è quello di produrre una cultura diffusa sull’emergenza violenza di genere che è un’emergenza proprio per il gatto di essere banalizzata. E in questo senso credo che molto importante il lavoro che siintende fare presso gli istituti scolastici con i ragazzi. Abbiamo già cominciato E poso dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla diffusione di una sensibilità e di una consapevolezza presso le ragazze e i ragazzi delle giovani generazioni che ci può far ben sperare

Chi fa parte del comitato?

“Del comitato, oltre a me, fanno parte Eros Cruccolini, Donata Bianchi, Mohamed Abu El Elàn, Eduardo Villa, Andrea Bagni. Inoltre c’è un grande sostegno da parte dì Alessandra Pauncz del Cam e di Elena Baragli di Artemisia.

Da dove nasce secondo lei questa forte recrudescenza dei reati nei confronti delle donne, che siano violenze fisiche, psicologiche, o addirittura omicidi? Si tratta dell’emersione di un fenomeno sempre esistito ma nascosto o siamo di fronte a qualcosa di inedito?

“La mia opinione è che non vi sia una recrudescenza, ma che piuttosto siano aumentate la sensibilità e l’attenzione dell’opinione pubblica. Poi, certo, la pandemia e i confinamenti hanno portato qualche aggravamento della situazione”.

Cosa può fare la politica?

“In questa fase, oltre a intervenire sul piano legislativo, la politica deve promuovere il lavoro culturale. Bisogna cambiare cultura e mentalità e si tratta di un lavoro molto lungo. Ritengo poi che la politica locale abbia un ruolo determinante. E in questo senso l’appoggio del comune di Firenze e del sindaco Dario Nardella al comitato sia un segnale da cui prendere esempio”.

Potrebbe interessarti anche

Smartwatch antiviolenza, cos'è: il primo consegnato a una donna di Napoli
Attualità

Smartwatch antiviolenza, cos’è: il primo consegnato a una donna di Napoli

19 Marzo 2023
"Juditha Triumphans devicta Holofernis barbarie" al Teatro Verdi di Pisa
Spettacolo

Le putte di Vivaldi sul palco a Pisa: “Così riscattiamo le voci angeliche delle orfane”

17 Marzo 2023
CoorDown lancia la campagna "Ridiculous excuses not to be inclusive" per la giornata mondiale sulla sindrome di Down
Attualità

Giornata sindrome di Down: le scuse ridicole per non includere

21 Marzo 2023

Instagram

  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
"Siamo un gruppo di uomini che hanno deciso di dire basta. Siamo padri, zii, mariti, fratelli, partner o soltanto amici di donne che talvolta non abbiamo rispettato o lasciato essere. Ma siamo uomini che finalmente hanno preso consapevolezza di un grave problema sociale e della necessità di farsene carico tutti, senza delegare”. Comincia così il manifesto del comitato ‘Impariamo a dire Noi’ nato a Firenze con l’obiettivo di ribadire un principio tanto semplice quanto pericolosamente taciuto: la violenza sulle donne è innanzitutto un problema degli uomini. Di chi quella violenza cioè la pensa, la pianifica, la realizza, occasionalmente o sistematicamente. E dunque è, anche se non soprattutto sugli uomini, che bisogna lavorare per difendere le donne. “Il comitato nasce dall’iniziativa di diverse persone, sia uomini che donne, ma nasce dalla necessità di diffondere una sensibilità sul fatto che stiamo parlando di violenza maschile. Agita dagli uomini. E quindi è necessario che siano proprio gli uomini a fare un percorso di consapevolezza su quanto diffuso sia il retroterra di questa violenza” dice Pippo Russo, sociologo, uno degli animatori dell’iniziativa.“Noi guardiamo agli atti eclatanti di violenza sulle donne che culminano nel femminicidio come se fossero delle eccezioni che non ci toccano che ci riguardano da lontano, ameno che non siamo direttamente coinvolti e invece questi atti sono il culmine di una cultura molto diffusa che parte dai piccoli abusi quotidiani dalle prevaricazioni alle violenze maschili ed è su quelle che bisogna agire e che bisogna creare una consapevolezza diffusa. Il comitato nasce prendendo ad esempio di collettivi che sono sorti altrove ma vuole avere l’ambizione di essere un soggetto civico e questa è la vera novità". Qual è l’obiettivo? "L’obiettivo è quello di produrre una cultura diffusa sull’emergenza violenza di genere che è un’emergenza proprio per il gatto di essere banalizzata. E in questo senso credo che molto importante il lavoro che siintende fare presso gli istituti scolastici con i ragazzi. Abbiamo già cominciato E poso dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla diffusione di una sensibilità e di una consapevolezza presso le ragazze e i ragazzi delle giovani generazioni che ci può far ben sperare Chi fa parte del comitato? "Del comitato, oltre a me, fanno parte Eros Cruccolini, Donata Bianchi, Mohamed Abu El Elàn, Eduardo Villa, Andrea Bagni. Inoltre c’è un grande sostegno da parte dì Alessandra Pauncz del Cam e di Elena Baragli di Artemisia. Da dove nasce secondo lei questa forte recrudescenza dei reati nei confronti delle donne, che siano violenze fisiche, psicologiche, o addirittura omicidi? Si tratta dell’emersione di un fenomeno sempre esistito ma nascosto o siamo di fronte a qualcosa di inedito? "La mia opinione è che non vi sia una recrudescenza, ma che piuttosto siano aumentate la sensibilità e l’attenzione dell’opinione pubblica. Poi, certo, la pandemia e i confinamenti hanno portato qualche aggravamento della situazione". Cosa può fare la politica? "In questa fase, oltre a intervenire sul piano legislativo, la politica deve promuovere il lavoro culturale. Bisogna cambiare cultura e mentalità e si tratta di un lavoro molto lungo. Ritengo poi che la politica locale abbia un ruolo determinante. E in questo senso l’appoggio del comune di Firenze e del sindaco Dario Nardella al comitato sia un segnale da cui prendere esempio".
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto