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Home » Spettacolo » Lauro: “Vengo dalla periferia di Roma, a 12 anni con mio fratello vivevamo in una comune”

Lauro: “Vengo dalla periferia di Roma, a 12 anni con mio fratello vivevamo in una comune”

Dall’infanzia difficile a Sanremo, dal metaverso e al nuovo disco, l'artista si racconta a Sky: "Cambiare sempre è una mia caratteristica"

Barbara Berti
3 Dicembre 2022
Achille Lauro si racconta a "Stories" su Sky Tg24 (Sky)

Achille Lauro si racconta a "Stories" su Sky Tg24 (Sky)

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Dall’ultimo singolo “Che sarà” agli anni dell’adolescenza vissuta in una comune, passando per il progetto con le scuole. Achille Lauro, artista libero come pochi, esempio di trasformismo senza paragoni nel panorama musicale italiano contemporaneo, si racconta a trecentosessanta gradi a “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky Tg24 (nella puntata in onda sabato 3 dicembre alle 21 su Sky Tg24 e sempre disponibile On Demand).

Achille Lauro, 32 anni (Instagram)
Achille Lauro, 32 anni (Instagram)

Lauro (32 anni), che recentemente ha firmato anche la sua prima linea make-up genderless, ha rilasciato nei giorni scorsi il singolo “Che sarà”, una lunga riflessione sulla vita e sulla morte. “Questo nuovo pezzo è sicuramente una ripartenza importante. Parla dell’incertezza del futuro e anche di una consapevolezza nell’accettare la vita” racconta Lauro, apprezzato per il suo talento compositivo quanto per le sue doti di performer, esaltate da uno stile impareggiabile, trasgressivo, provocatorio e glam. “Cambiare sempre è una mia caratteristica, sono una persona curiosa e che si annoia facilmente” spiega il cantante annunciando alcuni progetti futuri, tra cui quattro live unplugged: il 22 e 26 gennaio all’Auditorium Parco della Musica di Roma e il 24 e 25 gennaio al Teatro degli Arcimboldi di Milano.

 

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Un post condiviso da ACHILLE LAURO® (@achilleidol)

 

Guardando al passato, invece, l’artista svela alcuni dettagli della sua infanzia. “Prima dei 12 anni vivevo a Roma con la mia famiglia. Poi per diversi motivi io e mio fratello siamo stati allontanati e siamo andati a finire in una sorta di comune. Era una casa di ragazzi, quindi scritte sui muri ovunque. La cosa bella è che ho assorbito tanto da quel periodo della mia vita, ero in contatto con tantissimi giovani artisti, ragazzi che cantavano, artisti di qualunque tipo, gente che dipingeva” dice Lauro. E aggiunge: “Nel contesto difficile da dove provengo, l’estrema periferia romana, è palese il fatto che o cambi o finisce male. Avevo chiari gli esempi di come non sarei voluto diventare che mi hanno aiutato a diventare una persona forse migliore”.

Achille Lauro (Instagram)
Achille Lauro (Instagram)

Per quanto riguarda la carriera, Lauro svela che l’artefice della prime collaborazioni importanti. “Marracash è stato il primo insieme a DJ Shablo, che mi convocò a Milano per propormi un contratto di management” dice il cantante le cui contaminazioni musicali sono partite dal rap. “Una mia particolarità negli anni è stata proprio cambiare in ogni album. Questo perché sento chiaramente l’esigenza di fare sempre cose diverse” ammette Lauro. La svolta: “Thoiry”, singolo pubblicato il 24 gennaio 2018 come terzo estratto dal quarto album in studio “Pour l’amour”, remix di “Thoiry” di Quentin40 e Puritano. “E’ stato veramente un momento in cui ho detto ‘è cambiato qualcosa’” spiega Lauro che è arrivato al successo con “Rolls Royce”. “Avevo questa canzone da tempo e ho pensato fosse una chicca, una mosca bianca, che andava tenuta per una situazione incredibile. E così l’ho portata al Festival di Sanremo. Abbiamo lavorato per otto mesi giorno e notte” dice l’artista che ha preso parte anche all’Eurovision Song Contest 2022, rappresentando San Marino con la sua “Stripper“.

 

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Spaziando dall’universo creativo al Festival di “Domenica”, alla collaborazione con Gucci, passando per le opere d’arte in Nft e il metaverso, nel prossimo futuro di Lauro c’è un progetto con le scuole che partirà a breve. “Volevo fare qualcosa che fosse vicino alle persone. Legare in qualche modo l’operazione musicale a qualcosa che fosse veramente d’aiuto. L’idea è di fare un tour nelle scuole, incontrare i ragazzi e parlare proprio di orientamento, del futuro, dell’importanza di credere in quello che si fa, dell’importanza di saper sbagliare, di trovare quello che ti piace. Ognuno di noi è portato per qualcosa, è fatto per qualcosa, deve capire che cosa e perseguire quella strada” conclude Lauro.

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  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
  • La tolleranza, l’inclusione e il rispetto svaniscono nel momento in cui ci si mette davanti alla tastiera di un computer. Gli haters non sono spariti né accennano a diminuire. Esistono, sono molti più di prima, attaccano e anzi rilanciano. Oltre lo schermo, sono le donne soprattutto, e poi le persone con disabilità e le persone omosessuali, a essere i destinatari di insulti e offese di ogni tipo.

È questo il triste podio che ci consegna la ricerca condotta da Vox, Osservatorio italiano sui diritti, che ha fotografato l’odio via social, in particolare attraverso l’esame dei tweet. E le cose non vanno meglio rispetto all’anno precedente, anzi. Dalla settima edizione di questa ricerca è emerso infatti che nel 2022, da gennaio a ottobre, sono stati estratti quasi 630mila tweet, 583mila dei quali negativi, pari al 93% del totale, mentre invece l’anno prima i tweet presi in esame erano stati poco più di 797mila, 550mila dei quali erano negativi, cioè il 69% del totale.

Le donne si confermano essere il bersaglio numero uno, seguite appunto dalle persone con disabilità e dalle persone omosessuali, tornate nuovamente al centro del mirino, e non solo di quello che fa riferimento all’hate speech.

Oltre agli onnipresenti atteggiamenti di body shaming, molti attacchi hanno avuto come contenuto la competenza e la professionalità delle donne stesse. E, dunque, è il lavoro delle donne a emergere anche quest’anno quale co-fattore scatenante lo hate speech misogino, a conferma di una tendenza già rilevata lo scorso anno. Quanto alle persone con disabilità, risultata la seconda categoria più colpita.

Per quanto concerne invece gli stranieri e i migranti, la categoria sociale con una percentuale più alta di incremento di tweet negativi all’interno del cluster rispetto al 2021. Anche qui, va sottolineata la forte attenzione mediatica che si accende sugli sbarchi dei migranti e sulla situazione dei profughi provenienti dall’Ucraina, nonché dal contesto politico italiano e dalla sua relazione con l’Unione europea circa la gestione della situazione migratoria.

📲Come difendersi? Qual è la cura contro l
  • “Sesso. Libertà. Uguaglianza. Amore in tutti i sensi. E tutti a tavola!”. È il messaggio che Rosa Chemical, all’anagrafe Manuel Franco Rocati, porta a Sanremo 2023 per quello che sarà il suo esordio al festival con il brano “Made in Italy”.

Il rapper classe 1998, arriva da debuttante, ma con una storia già ben definita alle spalle. Poliedrico, eclettico, difficilmente etichettabile, ha dato sfogo alla sua creatività non solo a livello musicale – con influenze che spaziano dall’hiphop alla trap all’elettronica -, ma lavorando anche come modello per Gucci, come art and creative director e dedicandosi anche alla scrittura di videoclip. 

Nel 2019 ha pubblicato “Forever”, il suo primo album, che è stato certificato disco d’oro, da lì una serie di collaborazioni che lo hanno portato anche ad affiancare Tananai l’anno scorso nella serata cover del Festival.

“Molto spesso sono giudicato perché diverso, ma dal diverso bisogna imparare, assorbire. In Italia invece ciò che è diverso è giudicato. E io da diverso in passato mi sono sentito sbagliato” racconta Rosa Chemical. 

Non a caso, a Sanremo, il 25enne paladino della libertà di essere se stessi senza farsi condizionare dalle norme della società, arriva con il brano “Made in Italy” e un obiettivo ben preciso: “portare un messaggio di libertà contro ogni tipo di discriminazione, per promuovere l’uguaglianza e il rispetto. Cerco di creare dibattito: sono sempre pronto a spiegare il mio punto di vista, ma se non c’è apertura mentale non mi sento di dover dire nulla”.

Il brano “È piedi, con cui calpestare ciò che è generalista e che chiude tutto dentro una gabbia fatta di tabù. ‘Made in Italy vuole’ liberarci dalle censure, dagli stereotipi e dal politicamente corretto”. 

Come il titolo e la copertina, anche il testo è provocatorio e racchiude al suo interno tutta l’essenza e l’irriverenza prorompente di Rosa Chemical perché parla in maniera sfrontata di temi ancora oggi considerati tabù come il sesso, la fluidità e il poliamore. 

“Non c’è cosa più ‘Made in Italy’ del Festival di Sanremo. Non vedo l’ora di salire su quel palco”.

#lucenews #sanremo2023 #rosachemical
Dall’ultimo singolo “Che sarà” agli anni dell’adolescenza vissuta in una comune, passando per il progetto con le scuole. Achille Lauro, artista libero come pochi, esempio di trasformismo senza paragoni nel panorama musicale italiano contemporaneo, si racconta a trecentosessanta gradi a “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky Tg24 (nella puntata in onda sabato 3 dicembre alle 21 su Sky Tg24 e sempre disponibile On Demand).
Achille Lauro, 32 anni (Instagram)
Achille Lauro, 32 anni (Instagram)
Lauro (32 anni), che recentemente ha firmato anche la sua prima linea make-up genderless, ha rilasciato nei giorni scorsi il singolo “Che sarà”, una lunga riflessione sulla vita e sulla morte. “Questo nuovo pezzo è sicuramente una ripartenza importante. Parla dell'incertezza del futuro e anche di una consapevolezza nell'accettare la vita” racconta Lauro, apprezzato per il suo talento compositivo quanto per le sue doti di performer, esaltate da uno stile impareggiabile, trasgressivo, provocatorio e glam. “Cambiare sempre è una mia caratteristica, sono una persona curiosa e che si annoia facilmente” spiega il cantante annunciando alcuni progetti futuri, tra cui quattro live unplugged: il 22 e 26 gennaio all’Auditorium Parco della Musica di Roma e il 24 e 25 gennaio al Teatro degli Arcimboldi di Milano.
 
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  Guardando al passato, invece, l’artista svela alcuni dettagli della sua infanzia. “Prima dei 12 anni vivevo a Roma con la mia famiglia. Poi per diversi motivi io e mio fratello siamo stati allontanati e siamo andati a finire in una sorta di comune. Era una casa di ragazzi, quindi scritte sui muri ovunque. La cosa bella è che ho assorbito tanto da quel periodo della mia vita, ero in contatto con tantissimi giovani artisti, ragazzi che cantavano, artisti di qualunque tipo, gente che dipingeva” dice Lauro. E aggiunge: “Nel contesto difficile da dove provengo, l’estrema periferia romana, è palese il fatto che o cambi o finisce male. Avevo chiari gli esempi di come non sarei voluto diventare che mi hanno aiutato a diventare una persona forse migliore”.
Achille Lauro (Instagram)
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Per quanto riguarda la carriera, Lauro svela che l’artefice della prime collaborazioni importanti. “Marracash è stato il primo insieme a DJ Shablo, che mi convocò a Milano per propormi un contratto di management” dice il cantante le cui contaminazioni musicali sono partite dal rap. “Una mia particolarità negli anni è stata proprio cambiare in ogni album. Questo perché sento chiaramente l'esigenza di fare sempre cose diverse” ammette Lauro. La svolta: “Thoiry”, singolo pubblicato il 24 gennaio 2018 come terzo estratto dal quarto album in studio “Pour l'amour”, remix di “Thoiry” di Quentin40 e Puritano. “E’ stato veramente un momento in cui ho detto ‘è cambiato qualcosa’” spiega Lauro che è arrivato al successo con “Rolls Royce”. “Avevo questa canzone da tempo e ho pensato fosse una chicca, una mosca bianca, che andava tenuta per una situazione incredibile. E così l'ho portata al Festival di Sanremo. Abbiamo lavorato per otto mesi giorno e notte” dice l’artista che ha preso parte anche all'Eurovision Song Contest 2022, rappresentando San Marino con la sua "Stripper".
 
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  Spaziando dall’universo creativo al Festival di “Domenica”, alla collaborazione con Gucci, passando per le opere d’arte in Nft e il metaverso, nel prossimo futuro di Lauro c’è un progetto con le scuole che partirà a breve. “Volevo fare qualcosa che fosse vicino alle persone. Legare in qualche modo l'operazione musicale a qualcosa che fosse veramente d'aiuto. L'idea è di fare un tour nelle scuole, incontrare i ragazzi e parlare proprio di orientamento, del futuro, dell'importanza di credere in quello che si fa, dell'importanza di saper sbagliare, di trovare quello che ti piace. Ognuno di noi è portato per qualcosa, è fatto per qualcosa, deve capire che cosa e perseguire quella strada” conclude Lauro.
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