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Alessandro Fiori torna con un nuovo album: "Provo a prendere i lati positivi del periodo che viviamo"

di GIOVANNI BALLERINI -
4 maggio 2022
Luce dx Fiori

Luce dx Fiori

Archiviata da tempo l’esperienza con i Mariposa (con cui ha realizzato nove dischi e più di 400 concerti), per Alessandro Fiori le soddisfazioni non mancano anche da solista. Lo dimostrano i tanti apprezzamenti per "Mi sono perso nel bosco", il nuovo album che il cantautore violinista (ma anche attore e pittore) aretino, classe 1976, ha appena pubblicato per 42 Records sottolineando il suo talento, come uno dei più originali della nuova scena cantautorale italiana. Merito di un rock pop asciutto al punto giusto e di un linguaggio eclettico e versatile. Una colorata psichedelia linguistica irresistibile e contagiosa, in cui confluiscono scenari visionari e naif, ma anche caustica poesia urbana. Il segreto di Alessandro è la disarmante genuinità con cui riesce a parlare di sé e del mondo, trasformandosi in una sorta di poeta/menestrello capace di rapire i sentimenti della gente. Come facevano il primo Jannacci, Piero Ciampi, Ivan Graziani o i Cochi Renato al tempo de "Il Poeta e il Contadino", ma con un’attitudine e un disincanto contemporaneo.
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Alessandro Fiori, classe 1976, è un cantautore e violinista aretino, ex fondatore dei Mariposa e oggi solista (foto Stefano Amerigo Santoni)

Ma torniamo a "Mi sono perso nel bosco", il nuovo album che è anche il piacevole frutto di un lavoro collettivo. Oltre ai produttori Giovanni Ferrario e Alessandro 'Asso' Stefana, sono infatti tanti i musicisti che hanno collaborato con Alessandro Fiori alla realizzazione del progetto: da Brunori Sas a Levante, da Colapesce a Massimo Martellotta, e poi Dente, Enrico Gabrielli e Iosonouncane, che hanno esaltato la vena musicale di Fiori con la loro verve. Alessandro, quale nuova realtà si è trovato davanti una volta uscito dal bosco? "Credo sia una realtà ricca di pietà, con lo sguardo sull’uomo, che non è più così cinico. L’ho sottolineata nel disco. C’è tanta dolcezza nel guardare l’essere umano: le difficoltà sono evidenti, ma alla fine di questo disco si capisce che vale la pena affrontarle. Un modo per riuscire a fare uno step in avanti è giocare per bene all’amore, come dico nel ritornello del brano L’appuntamento".
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La cover del nuovo disco di Alessandro Fiori, "Mi sono perso nel bosco"

Tutte le canzoni di questo album parlano d’amore? "Sì, un amore maturo, in tutte le sue forme. Nella canzone Estate c’è un amore che sta iniziando, che coinvolge degli anziani in quella scintilla primordiale. Poi c’è il versante quotidiano e i pasticci che viviamo tutti". Come ha fatto a convincere tanti artisti a collaborare a questo disco? "Come si diceva, sono molto stimato e quindi è stato facile. Scherzi a parte, a me piace, soprattutto dopo il periodo del lockdown, pensare che siamo una squadra, non delle monadi. Siamo un gruppo, ci piacciamo, ci apprezziamo, impariamo ognuno dall’altro e quindi è stato un gioco collettivo, un grosso abbraccio che ha dato al disco la capacità di intraprendere direzioni impreviste, insospettabili e questo mi piace molto". Come nasce la sua colorata psichedelia linguistica? "Leggo molto poco. Ho avuto un innamoramento adolescenziale con i surrealisti spagnoli, con Garcia Lorca e nell’ultimo pezzo Troppo silenzio cito poi Pedro Calderón de la Barca. C’è stato un periodo in cui amavo Carver, poi ho letto molto Cortázar e due italiani: Ginni Celati e Piero Chiara. L’ultimo libro che ho letto è Confessioni di una coppia scambista al figlio morente, di un acuto scrittore come Alessandro Gori". Poi però nelle sue canzoni si avvertono citazioni, similitudini con Jannacci, alla Piero Ciampi e Ivan Graziani... "Erano artisti che avevano un modo molto personale di guardare le cose e non si peritavano di trattare i crepacci della passeggiata. Sono artisti in cui mi ritrovo molto".
Alessandro Fiori

Alessandro Fiori per il nuovo album ha collaborato con artisti del calibro di Brunori Sas, Levante e Iosonouncane (foto Silvia Facchetti)

Le piace creare canzoni su problemi sociali? "Mi è capitato, anche se ho sempre avuto un approccio prudente perché sono delle tematiche che ho paura ad affrontare con leggerezza. Ho scritto una canzone, Porto Diaz, sugli accadimenti alla famosa scuola durante il G8 di Genova, e in questo disco c’è Pigi Pigi, che parla del genocidio nel Mediterraneo, però non è scritta da me ma da Luca Caserta". Che ne pensa della società attuale? "Provo a prendere i lati positivi del periodo che viviamo. La cosa strana di questa società è che ti pone davanti a uno stritolamento omeopatico, per questo fai anche fatica a focalizzare le problematiche o il nemico da provare a osteggiare. È come se fosse un’entropia continua e sempre più effervescente". Infilarsi nel bosco è una soluzione a questo? "Non è una via di fuga ma un’azione che implica tanto coraggio e responsabilità" È mai stato bullizzato da piccolo? "Non molto. Sono stato un bambino abbastanza fortunato e spesso un po’ paraculo. Riuscivo sempre a svicolare. L’unico che non me ne passava mai una era mio padre, che era anche il mio allenatore di calcio e, per il terrore di essere accusato di nepotismo, infieriva spesso contro di me. Mi faceva giocare poco e mi puniva in maniera esemplare davanti a tutti. Ma sono sopravvissuto".
alessandro ferri

L'artista aretino dice di non affrontare spesso tematiche sociali nella sua produzione musicale per non voler trattare con leggerezza argomenti importanti

Essere aretino aiuta nella musica? "Secondo me no. L’aretinitas, aretinità, è una condizione umana abbastanza comoda, credo che un artista possa trovare giovamento in una grossa metropoli in cui sono tanti gli imput e molte più possibilità di entrare una rete, oppure in una situazione di provincia estrema con dei disagi, come la periferia urbana o paesini molto piccoli. Arezzo è una via di mezzo, non evoca grossi stimoli e non spinge nemmeno più di tanto nemmeno il senso di rivalsa che ti fa emergere fra gli altri". La musica di questo album è diversa dal solito? "La produzione è stata curata da Giovanni Ferrario e Alessandro 'Asso' Stefana. Volevo che questo disco fosse un mix tra Luigi Tenco e i Flaming Lips e mi hanno aiutato a sottolineare il concetto. L’impianto è quello della canzone italiana classica, ma mi faceva piacere che i suoni rendessero omaggio anche al lato onirico del disco con un po’ di psichedelia. Con l’elettronica mi ero sfogato abbastanza con il lavoro precedente, "Plancton", ma ci sono tanti sintetizzatori analogici degli anni ‘70 e un grande uso per il nastro". Quando si vedrà in concerto? "Nella tournée estiva che stiamo preparando".