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Home » Spettacolo » I mille cancelli di Filippo, Enrico Zoi e l’autismo del figlio: “Basta con la storia dei genietti, il cinema racconti storie vere”

I mille cancelli di Filippo, Enrico Zoi e l’autismo del figlio: “Basta con la storia dei genietti, il cinema racconti storie vere”

Il padre del 25enne con disturbi dello spettro autistico presenta a Firenze il suo documentario: "Un consiglio a chi è in una situazione come la nostra? Non chiudersi"

Caterina Ceccuti
27 Giugno 2022
La famiglia di Filippo e di Enrico Zoi

La famiglia di Filippo e di Enrico Zoi

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Dopo la standing ovation ricevuta lo scorso 2 aprile al Cinema La Compagnia di Firenze e il fortunato tour avviato nei cinema e nei teatri della Toscana, il documentario “I mille cancelli di Filippo” sarà nuovamente proiettato lunedì 27 giugno alle 21, nella Limonaia di Villa Strozzi a Firenze. Al centro della narrazione il figlio del noto autore Enrico Zoi, il giovane Filippo, colpito da spettro autistico.

Con la delicatezza e la magia tipica di uno scrittore che, prima di tutto, è un babbo amorevole, Enrico – insieme a sua moglie Raffaella Braghieri – apre una volta ancora le porte della sua casa per raccontare al mondo la realtà speciale della sua famiglia, stavolta attraverso il documentario prodotto da Alessandro Salaorni e diretto da Adamo Antonacci, quanto mai abile a mettere a proprio agio i protagonisti. Degno di nota anche il lavoro di Claudio Giusti, che si è occupato dell’animazione delle streghe disegnate dallo stesso “Pippo” Zoi e dell’autore della colonna sonora Carlo Chiarotti, che prevede tra l’altro una canzone finale composta a quattro mani con Simone Papi e cantata da Elio delle Storie Tese. Alle precedenti presentazioni hanno anche partecipato l’attore Massimo Blaco, Irene Grandi e Alessandro Benvenuti (con una video testimonianza), segno che anche il mondo dello spettacolo ha captato e compreso in pieno l’importanza del messaggio lanciato dalla famiglia Zoi.

A Filippo e ai suoi genitori va infatti il merito di diffondere la cultura della dedizione e dell’impegno che quotidianamente devono essere messi al servizio di una persona con spettro autistico, non solo da parte dei genitori, ma dell’intera comunità. Questo permette di migliorare la qualità della vita non soltanto dei diretti interessati, ma della collettività intera, in un’ottica di reciproca inclusività. Un recente studio condotto dal critico musicale Giancarlo Passarella ha dimostrato per esempio l’impatto della musica sulla vita quotidiana dei bambini con spettro autistico, in età compresa tra i 6 e i 12 anni che, coinvolti in lavori di gruppo musicale, hanno riportato miglioramenti significativi nelle capacità comunicative e nella qualità della vita familiare.

Una scena tratta dal documentario ‘I mille cancelli di Filippo”

Enrico Zoi, come autore e come persona è impegnato da anni nella sensibilizzazione pubblica sul tema dell’autismo. 

“È un’attività che, potendola fare, sinceramente giudico necessaria. L’autismo è un fenomeno che riguarda sì, in primo luogo gli autistici e le loro famiglie, ma anche la società in generale. Un nato o nata ogni 70/80 rientra nello spettro autistico ormai ed è quindi bene che anche i cosiddetti neuro tipici sappiano di cosa si parla”.

Filippo è impegnato con lei in prima linea, per esempio realizzando i disegni e le illustrazioni che animano i suoi libri.

“Filippo ama molto disegnare e mostrare agli altri la sua opera e le sue attività. Partecipare a queste iniziative, con il giusto dosaggio del suo impegno e coinvolgimento, gli piace molto”.

Il padre e autore Enrico Zoi racconta che per Filippo realizzare il documentario è stata “un’ottima gratificazione”

Come ha vissuto Filippo l’esperienza del documentario?

“Nel documentario, tutto il suo mondo era al centro dell’attenzione. Per il suo ego era un’ottima gratificazione. Aggiungi il feeling che si è da subito creato con la troupe e la famiglia e il gioco è fatto. È stata una bella esperienza per tutti noi anche dal punto di vista umano: con il produttore (e operatore) Alessandro Salaorni siamo amici da oltre vent’anni, lui ci ha portato l’ottimo regista Adamo Antonacci, persona sensibile e assai empatica, e Elena D’Anna, che ha curato la fotografia, una ragazza solare oltre che professionalmente valida. Insomma, avere la casa trasformata in set è stato impegnativo, certo, ma molto divertente per tutti”.

Qual è il principale luogo comune rispetto alle persone con spettro autistico che desidererebbe abbattere?

“Che gli autistici siano dei genietti. La neuro diversità degli autistici li può portare ad avere indubbiamente degli aspetti di genialità, però fiction come ‘The Good Doctor’ o serie tv come la pur valida (per altri aspetti) ‘Touch’ con Kiefer Sutherland anche no, grazie! Raccontiamo le storie vere. Questo cerca di fare (e secondo noi ci riesce) I mille cancelli di Filippo”.

La locandina del documentario “I mille cancelli di Filippo”

Lei e la sua famiglia siete una fucina di idee artistiche. Cosa bolle in pentola per il futuro?

“Per ora nessuna novità particolare. Filippo sforna i suoi fumetti artigianali in continuazione, ma adesso a livello più casalingo dopo il gigantesco exploit delle 2127 vignette delle streghe di cui si racconta nel film. Io sto pensando, ma con calma, a un nuovo libro, stavolta di teatro. Ma soprattutto siamo impegnati a diffondere il più possibile il documentario. A luglio saremo ospiti del prestigioso Cartoon Club di Rimini con tre appuntamenti: dal 12 al 17 luglio tornerà la mostra ‘Tutte le streghe che ho in mente’, già allestita a ottobre scorso, a Firenze, nel Chiostro di Villa Vogel, grazie al Quartiere 4 e al suo presidente Mirko Dormentoni; il 13 luglio ci sarà una tavola rotonda su arte e disabilità; il 14 luglio la proiezione del documentario. Poi rientriamo a Firenze e vediamo. L’importante è far viaggiare questo film!”

Ai genitori che hanno appena ricevuto una diagnosi di autismo sul proprio bambino cosa si sentirebbe di dire?

“Di non chiudersi, di non chiedersi perché, di guardare al mondo esterno, di aprirsi. Chiudersi non serve a niente, anzi… è un po’ come una partita di calcio: se non scendi in campo la perdi a tavolino, se invece accetti il confronto te la puoi giocare!”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Dopo la standing ovation ricevuta lo scorso 2 aprile al Cinema La Compagnia di Firenze e il fortunato tour avviato nei cinema e nei teatri della Toscana, il documentario “I mille cancelli di Filippo” sarà nuovamente proiettato lunedì 27 giugno alle 21, nella Limonaia di Villa Strozzi a Firenze. Al centro della narrazione il figlio del noto autore Enrico Zoi, il giovane Filippo, colpito da spettro autistico. Con la delicatezza e la magia tipica di uno scrittore che, prima di tutto, è un babbo amorevole, Enrico - insieme a sua moglie Raffaella Braghieri - apre una volta ancora le porte della sua casa per raccontare al mondo la realtà speciale della sua famiglia, stavolta attraverso il documentario prodotto da Alessandro Salaorni e diretto da Adamo Antonacci, quanto mai abile a mettere a proprio agio i protagonisti. Degno di nota anche il lavoro di Claudio Giusti, che si è occupato dell’animazione delle streghe disegnate dallo stesso “Pippo” Zoi e dell'autore della colonna sonora Carlo Chiarotti, che prevede tra l'altro una canzone finale composta a quattro mani con Simone Papi e cantata da Elio delle Storie Tese. Alle precedenti presentazioni hanno anche partecipato l'attore Massimo Blaco, Irene Grandi e Alessandro Benvenuti (con una video testimonianza), segno che anche il mondo dello spettacolo ha captato e compreso in pieno l'importanza del messaggio lanciato dalla famiglia Zoi. A Filippo e ai suoi genitori va infatti il merito di diffondere la cultura della dedizione e dell'impegno che quotidianamente devono essere messi al servizio di una persona con spettro autistico, non solo da parte dei genitori, ma dell'intera comunità. Questo permette di migliorare la qualità della vita non soltanto dei diretti interessati, ma della collettività intera, in un'ottica di reciproca inclusività. Un recente studio condotto dal critico musicale Giancarlo Passarella ha dimostrato per esempio l’impatto della musica sulla vita quotidiana dei bambini con spettro autistico, in età compresa tra i 6 e i 12 anni che, coinvolti in lavori di gruppo musicale, hanno riportato miglioramenti significativi nelle capacità comunicative e nella qualità della vita familiare.
Una scena tratta dal documentario 'I mille cancelli di Filippo"
Enrico Zoi, come autore e come persona è impegnato da anni nella sensibilizzazione pubblica sul tema dell'autismo.  “È un’attività che, potendola fare, sinceramente giudico necessaria. L’autismo è un fenomeno che riguarda sì, in primo luogo gli autistici e le loro famiglie, ma anche la società in generale. Un nato o nata ogni 70/80 rientra nello spettro autistico ormai ed è quindi bene che anche i cosiddetti neuro tipici sappiano di cosa si parla”. Filippo è impegnato con lei in prima linea, per esempio realizzando i disegni e le illustrazioni che animano i suoi libri. “Filippo ama molto disegnare e mostrare agli altri la sua opera e le sue attività. Partecipare a queste iniziative, con il giusto dosaggio del suo impegno e coinvolgimento, gli piace molto”.
Il padre e autore Enrico Zoi racconta che per Filippo realizzare il documentario è stata "un'ottima gratificazione"
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La locandina del documentario "I mille cancelli di Filippo"
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