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Home » Spettacolo » Carmen Diodato, la ballerina non udente che affronta il silenzio in punta di piedi

Carmen Diodato, la ballerina non udente che affronta il silenzio in punta di piedi

Nonostante la sordità grave bilaterale, diagnostica all'età di due anni, la ragazza è riuscita a calcare i teatri di Verona e Palermo. E ha fatto un provino anche per Italia's Got Talent

Edoardo Martini
29 Dicembre 2022
La ballerina sorda Carmen Diodato

La ballerina sorda Carmen Diodato

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Si può fare di una difficoltà una propria peculiarità? La risposta è sì e la dà Carmen Diodato, calabrese di Belvedere Marittimo in provincia di Cosenza, sorda dalla nascita. I medici le diagnosticarono all’età di due anni la “sordità grave bilaterale”, ma lei non si è mai arresa ed è entrata a far parte del corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo.

La ballerina durante un’esibizione al Teatro Massimo di Palermo

“Avrei danzato ad ogni costo”: tutta la determinazione della ragazza

Come lei raccontò tempo fa al giornale “La Sicilia”: “Sono nata sorda pare per trasmissione ereditaria, ma sino a quando avevo due anni nessuno l’aveva mai diagnosticato. Il fatto che io non parlassi veniva ricondotto alla mia timidezza. Poi un giorno, a mia mamma è caduto per terra un oggetto voluminoso, c’è stato un gran baccano, tutti sono saltati in aria, mentre io neanche me ne sono accorta. È stato in quel momento che si è intuito ci fosse dell’altro”.

Dopo gli esami il referto fu chiaro, Carmen soffre di una ipoacusia grave bilaterale e per questo i genitori la portarono subito da una logopedista per insegnarle a parlare. “Non esistono i sordomuti, contrariamente a quanto si pensi – continua la ragazza – esistono i non udenti che non sentendo alcun suono, non riescono ad esprimerlo. In questi casi occorre insegnare il suono della parola e come emetterlo. Questo è quello che hanno fatto con me sin da quando avevo due anni. E infatti io oggi parlo”. Ma ancor prima di parlare Carmen scoprì la musica: “Non sentivo la musica ma percepivo le vibrazioni sul pavimento in parquet e le onde sonore emesse dalle casse. Ero stregata da quell’armonia, come ipnotizzata e allora seguivo gli insegnamenti della mia maestra di ballo e danzavo”.

La prima audizione arriva a 12 anni alla scuola di danza del Teatro San Carlo di Napoli. Questo momento speciale coincide con i ricordi di tutti i sacrifici fatti dalla ragazza: “Quanti sacrifici ho fatto in quegli anni, ogni mattina mi alzavo fra le 4 e mezza e le cinque per studiare, alle otto andavo a scuola, mio padre mi veniva a prendere all’uscita per portarmi al San Carlo e riprendermi poi quasi a ora cena. Sono stati anni duri ma molto formativi, perché lì ho deciso che avrei danzato a ogni costo“.

L’esibizione di Carmen a Italia’s Got Talent del 28 gennaio

Dopo i sacrifici finalmente la consacrazione

Provino dopo provino arriva finalmente la consacrazione. Nel 2013 si aprono le porte dell’Arena di Verona riuscendo ad entrare a far parte del corpo di ballo dell’anfiteatro veneto. Come racconta alla Repubblica: “L’Aida fu la prima opera in cui mi esibii, vedere tutta quella gente in una cornice così maestosa fu forse l’emozione più incredibile della mia vita.” E ancora: “La prima volta in quel posto magico tremavo, i miei genitori erano emozionatissimi. Io, non udente, sorda per dirla in modo non politicamente corretto, avrei danzato in uno dei più importanti palcoscenici del mondo”.

Terminato il contratto con l’Arena, dopo tre anni, entra nel corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo dove tutt’ora ne fa parte. Un fidanzato di nome Mirko e un’esibizione ad “Italia’s Got Talent” le sue ultime novità. Per la ragazza un futuro ancora tutto da scrivere, quello che sicuramente è certo è che lo affronterà in punta di piedi. 

 

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Instagram

  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Si può fare di una difficoltà una propria peculiarità? La risposta è sì e la dà Carmen Diodato, calabrese di Belvedere Marittimo in provincia di Cosenza, sorda dalla nascita. I medici le diagnosticarono all'età di due anni la "sordità grave bilaterale", ma lei non si è mai arresa ed è entrata a far parte del corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo.
La ballerina durante un'esibizione al Teatro Massimo di Palermo

"Avrei danzato ad ogni costo": tutta la determinazione della ragazza

Come lei raccontò tempo fa al giornale "La Sicilia": "Sono nata sorda pare per trasmissione ereditaria, ma sino a quando avevo due anni nessuno l’aveva mai diagnosticato. Il fatto che io non parlassi veniva ricondotto alla mia timidezza. Poi un giorno, a mia mamma è caduto per terra un oggetto voluminoso, c’è stato un gran baccano, tutti sono saltati in aria, mentre io neanche me ne sono accorta. È stato in quel momento che si è intuito ci fosse dell’altro". Dopo gli esami il referto fu chiaro, Carmen soffre di una ipoacusia grave bilaterale e per questo i genitori la portarono subito da una logopedista per insegnarle a parlare. "Non esistono i sordomuti, contrariamente a quanto si pensi - continua la ragazza - esistono i non udenti che non sentendo alcun suono, non riescono ad esprimerlo. In questi casi occorre insegnare il suono della parola e come emetterlo. Questo è quello che hanno fatto con me sin da quando avevo due anni. E infatti io oggi parlo". Ma ancor prima di parlare Carmen scoprì la musica: "Non sentivo la musica ma percepivo le vibrazioni sul pavimento in parquet e le onde sonore emesse dalle casse. Ero stregata da quell’armonia, come ipnotizzata e allora seguivo gli insegnamenti della mia maestra di ballo e danzavo". La prima audizione arriva a 12 anni alla scuola di danza del Teatro San Carlo di Napoli. Questo momento speciale coincide con i ricordi di tutti i sacrifici fatti dalla ragazza: "Quanti sacrifici ho fatto in quegli anni, ogni mattina mi alzavo fra le 4 e mezza e le cinque per studiare, alle otto andavo a scuola, mio padre mi veniva a prendere all’uscita per portarmi al San Carlo e riprendermi poi quasi a ora cena. Sono stati anni duri ma molto formativi, perché lì ho deciso che avrei danzato a ogni costo".
L'esibizione di Carmen a Italia's Got Talent del 28 gennaio

Dopo i sacrifici finalmente la consacrazione

Provino dopo provino arriva finalmente la consacrazione. Nel 2013 si aprono le porte dell'Arena di Verona riuscendo ad entrare a far parte del corpo di ballo dell'anfiteatro veneto. Come racconta alla Repubblica: "L'Aida fu la prima opera in cui mi esibii, vedere tutta quella gente in una cornice così maestosa fu forse l'emozione più incredibile della mia vita." E ancora: "La prima volta in quel posto magico tremavo, i miei genitori erano emozionatissimi. Io, non udente, sorda per dirla in modo non politicamente corretto, avrei danzato in uno dei più importanti palcoscenici del mondo". Terminato il contratto con l'Arena, dopo tre anni, entra nel corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo dove tutt'ora ne fa parte. Un fidanzato di nome Mirko e un'esibizione ad "Italia's Got Talent" le sue ultime novità. Per la ragazza un futuro ancora tutto da scrivere, quello che sicuramente è certo è che lo affronterà in punta di piedi.   
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