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Home » Spettacolo » Carolina Cavalli: “Scrivere è un modo per entrare in contatto con me stessa e con gli altri”

Carolina Cavalli: “Scrivere è un modo per entrare in contatto con me stessa e con gli altri”

La giovane regista e sceneggiatrice si fa largo in un mondo maschile: "Noi donne dobbiamo insistere, affermare l’autorevolezza di ciò che facciamo"

Giovanni Bogani
1 Ottobre 2022
La giovane regista e sceneggiatrice Carolina Cavalli (Instagram)

La giovane regista e sceneggiatrice Carolina Cavalli (Instagram)

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Si chiama Carolina Cavalli, ha un volto e un sorriso bellissimi, un’altezza da pallavolista e 17mila follower su Instagram. Eppure, è come se facesse di tutto per passare inosservata. Il sorriso lo mostra sempre, come a scusarsi. Di che, poi. Le gambe lunghissime le fa passare come se fosse in un balletto tutto suo, silenzioso, in mezzo ai tanti ragazzi e ragazze del Premio Solinas. La manifestazione che, nell’isola della Maddalena, in Sardegna, raccoglie giovani scrittori di film e serie televisive, in una specie di furibondo ruminare di idee, da cui nasceranno il cinema e la tv di domani.

Carolina aveva vinto una precedente edizione del premio. E adesso, dalla storia che aveva scritto, ha diretto un film, “Amanda” e per essere un lavoro d’esordio ha già percorso un cammino sontuoso: è stato presentato alla 79esima Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, e poi – unico film italiano – al festival di Toronto. Carolina irrompe, così, nel panorama ancora molto maschile del cinema italiano. Chiacchieriamo con lei, in uno spiazzo deserto, quasi da western all’italiana, dell’isola de La Maddalena.

Carolina Cavalli alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia
Carolina Cavalli alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia

Carolina, come è arrivata alla scrittura per il cinema?
“Ho sempre saputo che scrivere era una gioia, per me. Il modo per entrare in contatto con me stessa e con gli altri. Sono andata a studiare Lettere e filosofia a Parigi. Poi ho iniziato a scrivere storie. Ho vinto il premio Solinas per la scrittura di serie televisive, e ho iniziato a scrivere ‘Zero’, la serie Netflix ispirata al libro di Antonio Dikele Distefano, su un gruppo di italiani di prima e seconda generazione”.

Ha scritto, da sola, anche la sceneggiatura del suo film d’esordio, “Amanda”, con Benedetta Porcaroli protagonista…
“Sì. Mi sono sentita completamente libera, in questo caso. Non avevo una ‘storia’ da raccontare, ma un personaggio. Una ragazza che fa fatica ad accettare il senso comune, una ragazza isolata, una ragazza che non accetta mai compromessi, e che non si dà mai per vinta”.

Quanto c’è di lei in Amanda?
“Mi piacerebbe essere come lei, ma io tendo più ad adattarmi”.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Carolina Cavalli (@bluemermaidmilk)

 

Con Benedetta Porcaroli avete delle affinità anche anagrafiche: due ragazze giovani, e già in pieno mare, in pieno cinema…
“Quando ho incontrato Benedetta – abbiamo fatto circa sessanta provini, per quel ruolo – ho avuto la netta sensazione che capissimo le cose nello stesso modo. E soprattutto, che vivessimo il personaggio di Amanda nello stesso modo”.

Il film uscirà il prossimo 13 ottobre. Ma contemporaneamente, un’altra uscita la riguarda…
“Sì! Esce il mio primo libro, ‘Metropolitania’, per Fandango Libri. È un romanzo grottesco, sulla ricerca del proprio posto nel mondo”.

Ha scelto, per la sua vita, il mestiere di sceneggiatrice, prima ancora che quello di regista. Le ore da passare davanti a un computer non le sono mai pesate?
“Mi sono sempre sentita a mio agio, a scrivere dieci ore al giorno. Anzi, spesso è fuori, nelle occasioni sociali che mi sento a disagio”.

Locandina di “Amanda” con Carolina Cavalli

Lei è molto giovane, è donna. Trova che il mondo del cinema parli ancora molto al maschile?
“Per quanto riguarda i registi, forse sì. Ma per quello che riguarda la scrittura, ci sono molte sceneggiatrici brave che riescono a lavorare. Ci sono ancora, sì, piccoli dettagli che tendono a minare l’autorevolezza del lavoro di una donna rispetto a quello di un uomo: dobbiamo insistere, affermare l’autorevolezza di ciò che facciamo”.

L’autore (o l’autrice) cinematografico che ama di più?
“Aki Kaurismaki, Roy Anderson, e in generale i registi che usano un’ironia spiazzante. Quel modo di dire tutto con una cosa piccolissima. L’ironia è un sollievo, nel cinema ma soprattutto nella vita”.

 

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Si chiama Carolina Cavalli, ha un volto e un sorriso bellissimi, un’altezza da pallavolista e 17mila follower su Instagram. Eppure, è come se facesse di tutto per passare inosservata. Il sorriso lo mostra sempre, come a scusarsi. Di che, poi. Le gambe lunghissime le fa passare come se fosse in un balletto tutto suo, silenzioso, in mezzo ai tanti ragazzi e ragazze del Premio Solinas. La manifestazione che, nell’isola della Maddalena, in Sardegna, raccoglie giovani scrittori di film e serie televisive, in una specie di furibondo ruminare di idee, da cui nasceranno il cinema e la tv di domani. Carolina aveva vinto una precedente edizione del premio. E adesso, dalla storia che aveva scritto, ha diretto un film, "Amanda" e per essere un lavoro d’esordio ha già percorso un cammino sontuoso: è stato presentato alla 79esima Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, e poi – unico film italiano – al festival di Toronto. Carolina irrompe, così, nel panorama ancora molto maschile del cinema italiano. Chiacchieriamo con lei, in uno spiazzo deserto, quasi da western all’italiana, dell’isola de La Maddalena.
Carolina Cavalli alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia
Carolina Cavalli alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia
Carolina, come è arrivata alla scrittura per il cinema? "Ho sempre saputo che scrivere era una gioia, per me. Il modo per entrare in contatto con me stessa e con gli altri. Sono andata a studiare Lettere e filosofia a Parigi. Poi ho iniziato a scrivere storie. Ho vinto il premio Solinas per la scrittura di serie televisive, e ho iniziato a scrivere ‘Zero’, la serie Netflix ispirata al libro di Antonio Dikele Distefano, su un gruppo di italiani di prima e seconda generazione". Ha scritto, da sola, anche la sceneggiatura del suo film d’esordio, "Amanda", con Benedetta Porcaroli protagonista... "Sì. Mi sono sentita completamente libera, in questo caso. Non avevo una ‘storia’ da raccontare, ma un personaggio. Una ragazza che fa fatica ad accettare il senso comune, una ragazza isolata, una ragazza che non accetta mai compromessi, e che non si dà mai per vinta". Quanto c’è di lei in Amanda? "Mi piacerebbe essere come lei, ma io tendo più ad adattarmi".
 
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  Con Benedetta Porcaroli avete delle affinità anche anagrafiche: due ragazze giovani, e già in pieno mare, in pieno cinema... "Quando ho incontrato Benedetta – abbiamo fatto circa sessanta provini, per quel ruolo – ho avuto la netta sensazione che capissimo le cose nello stesso modo. E soprattutto, che vivessimo il personaggio di Amanda nello stesso modo". Il film uscirà il prossimo 13 ottobre. Ma contemporaneamente, un’altra uscita la riguarda… "Sì! Esce il mio primo libro, ‘Metropolitania’, per Fandango Libri. È un romanzo grottesco, sulla ricerca del proprio posto nel mondo". Ha scelto, per la sua vita, il mestiere di sceneggiatrice, prima ancora che quello di regista. Le ore da passare davanti a un computer non le sono mai pesate? "Mi sono sempre sentita a mio agio, a scrivere dieci ore al giorno. Anzi, spesso è fuori, nelle occasioni sociali che mi sento a disagio".
Locandina di "Amanda" con Carolina Cavalli
Lei è molto giovane, è donna. Trova che il mondo del cinema parli ancora molto al maschile? "Per quanto riguarda i registi, forse sì. Ma per quello che riguarda la scrittura, ci sono molte sceneggiatrici brave che riescono a lavorare. Ci sono ancora, sì, piccoli dettagli che tendono a minare l’autorevolezza del lavoro di una donna rispetto a quello di un uomo: dobbiamo insistere, affermare l’autorevolezza di ciò che facciamo". L’autore (o l’autrice) cinematografico che ama di più? "Aki Kaurismaki, Roy Anderson, e in generale i registi che usano un’ironia spiazzante. Quel modo di dire tutto con una cosa piccolissima. L’ironia è un sollievo, nel cinema ma soprattutto nella vita".  
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