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Home » Spettacolo » Il tumore di Carolina Marconi: “La chemio mi ha reso sterile, ma ho congelato un ovulo”

Il tumore di Carolina Marconi: “La chemio mi ha reso sterile, ma ho congelato un ovulo”

Continua la battaglia dell'ex showgirl per diventare madre: "Ho solo il 10% di possibilità di restare incinta. Intanto continuo a lottare per il diritto all'oblio"

Ilaria Vallerini
21 Maggio 2022
Valentina Marconi e la battaglia contro il cancro

Valentina Marconi e la battaglia contro il cancro

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“La chemio mi ha reso momentaneamente sterile”. A rivelare la scioccante notizia è l’ex attrice e showgirl Carolina Marconi che si è raccontata sul settimanale Chi. Dalla battaglia contro il tumore al seno fino al sogno di diventare madre. “Purtroppo non sono idonea ad intraprendere un’adozione perché ho avuto un tumore anche se sono guarita”, aveva scritto sul suo profilo Instagram, trasformandosi di post in post in un simbolo della lotta per il diritto all’oblio dei pazienti oncologici. Ma le difficoltà non hanno abbattuto questa donna coraggiosa che crede ancora nel suo sogno di diventare madre: “Prima di iniziare le sessioni di chemioterapia, ho congelato un ovulo. Uno solo. Dunque ho il 10% di possibilità di restare incinta“, confessa su Chi.  L’intenzione era di “congelarne dieci, ma non potevo fare terapie ormonali con il tumore al seno, sarebbe stato un accelerante per il mio male”, spiega Carolina. “Siccome devo aspettare per provare a restare incinta, ho pensato: intanto adotto un bambino. Mi sono anche informata sull’utero surrogato, ma per me è troppo”.

Carolina Marconi e la battaglia contro il cancro

Come funziona l’adozione in Italia per gli ex pazienti oncologici

In Italia non esiste una regola scritta che nega agli ex pazienti oncologici di adottare un bambino. Il primo passo per una coppia è quello di chiedere l’idoneità all’adozione al Tribunale dei minori della propria città. Fra i numerosi requisiti richiesti figura anche la certificazione delle condizioni di salute dei partner. Una condicio sine qua non per evitare a chi viene adottato nuovi traumi. “Per avere l’idoneità – spiega il presidente del Tribunale dei minori di Firenze, Luciano Trovato – bisogna dimostrare di poter garantire quell’assistenza fisica e morale che accompagni il bambino all’età adulta. Chi chiede di adottare dovrebbe rendersene conto”.  Tutto ciò è pensato in funzione della tutela del minore in attesa di una famiglia il più possibile adatta ad accoglierlo e a lenire le ferite. Un anno dalla malattia in Italia è un tempo ritenuto troppo breve per dare queste garanzie, quindi è necessario attendere. Senza fretta e con l’intenzione di adottare, senza vivere questo delicato processo come un risarcimento alle proprie sofferenze legate alla malattia.

Carolina Marconi e Alessandro Tulli e il sogno di diventare genitori

Oltre 70mila firme per il diritto all’oblio dei tumori

“Non siamo il nostro tumore”. Parte da questo slogan la campagna sui social di Carolina per cambiare le regole dell’adozione di un bambino. “Più di 900mila persone in Italia, guarite dal tumore,  non possono essere libere di guardare al futuro senza convivere con l’ombra della malattia – scrive l’ex gieffina sul suo profilo instagram -. Per questo motivo, è molto difficile adottare un bambino, ottenere un mutuo, farsi assumere. Una vera e propria discriminazione. Ci sono paesi come la Francia, Olanda, Lussemburgo, Portogallo, Belgio che hanno aderito al riconoscimento del Diritto dell’oblio oncologico con l’obiettivo di ottenere una legge che tuteli le persone che hanno avuto una neoplasia. Grazie all’ associazione Aiom che ha lanciato una campagna per richiedere all’ Italia di garantire i diritti degli ex pazienti oncologici“. I followers hanno risposto all’appello della showgirl di firmare la raccolta firme lanciata dalla Fondazione Aiom per “il diritto all’oblio dei pazienti oncologici”, raggiungendo in poco tempo quota 70mila firme. “L’obiettivo della raccolta – conclude – è il raggiungimento di più di 100.000 firme che verranno poi portate al Presidente del Consiglio per chiedere l’approvazione della legge“.

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  • È la storia di Carson Pickett che non è solo una favola sportiva, ma un esempio di forza volontà e voglia di superare limiti fisici e pregiudizi. ⚽️

Nell’amichevole contro la Colombia, la Nazionale femminile degli Stati Uniti ha dimostrato ancora una volta quanto è all’avanguardia e ha fatto esordire Carson Pickett, giocatrice nata senza una parte del braccio sinistro. 

"La sensazione di essere diverso e l’ansia di non adattarsi è qualcosa che ho passato. Spero di incoraggiare altri a non vergognarsi di quello che sono.”

Questa volta la Nazionale statunitense ha mostrato, ancora una volta, quanto sia avanti nell’inclusione sociale e nelle pari opportunità. I diritti umani e sociali sono sempre in primo piano nella testa delle ragazze e della Federazione, che non di rado si sono esposte su tematiche importanti come il razzismo, l’omofobia e più in generale su questioni spinose.

Dopo il raggiungimento dell’obiettivo della parità salariale con i colleghi uomini, lo sdoganamento dell’omosessualità e altro ancora, ora i riflettori si puntano verso la disabilità e come nonostante essa si possa diventare giocatrici professioniste.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #carsonpickett #football #colombie #womensoccer #uswomensoccer #inspiretheworld
  • Il suo desiderio, più che legittimo, è semplicemente quello di partecipare al Jova Beach party di Viareggio, a settembre, insieme ai suoi amici. Eppure Enrico, classe 1965, padre di due meravigliosi figli adottivi e costretto su una sedia a rotelle dal 1988, non è riuscito a fare quello che tutto il resto della sua comitiva ha fatto con pochi semplici click sul sito di Ticketone: acquistare il suo biglietto. 

“Per noi disabili cose come questa sarebbero troppo semplici. Forse non tutti sanno che la realtà è che, se una persona nelle mie condizioni desidera partecipare a un qualsiasi evento, solitamente gli viene richiesto di individuare per conto proprio gli organizzatori, cercare sul rispettivo sito le indicazioni sulla modalità di richiesta dei biglietti (che variano da organizzatore ad organizzatore) e in fine allegare alla domanda di partecipazione il certificato di invalidità e un documento d’identità. Mai ci è permesso di usare le piattaforme online ad acquisto diretto come Ticketone.

Mi sono sentito ulteriormente discriminato: oltre ai miei limiti fisici mi sono dovuto scontrare con ulteriori ostacoli rappresentati da procedure imposte da persone che non hanno la minima idea di cosa significhi la parola ‘inclusione‘. E quello che più mi ha sorpreso è che questi limiti siano arrivati in abbinamento ad un evento di Jovanotti, che ritengo un paladino dell’inclusione. Mi chiedo se lui sia a conoscenza di tutto questo e cosa ne pensi in tal caso”.

Il racconto di Enrico nell’intervista a cura di Caterina Ceccuti ✍

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  • “Per cantare ho affrontato un lungo percorso di logopedia, ma voglio fare della musica un posto più inclusivo. 

Mi chiamo Francesco, in arte Brazzo, sono sordo e nella vita faccio rap”. In una frase, lo specchio di una vita in salita. La fatica di imparare a cantare senza poter ascoltare nulla se non “le vibrazioni delle casse”, gli anni della logopedia e la voglia di mettere in versi la realtà, le battaglie per il riconoscimento della propria comunità e la denuncia sociale.

Brazzo nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008.

“Già da bambino desideravo cantare solo che mi sentivo imbarazzato per il fatto che un sordo potesse cantare. Ho iniziato a parlare a cinque anni, all’inizio non parlavo molto bene e ho affrontato un lungo percorso di logopedia. Poi a trent’anni avevo questo desiderio lasciato nel cassetto e ho deciso di lanciarmi”.

Quando rappa – e rappa bene – lo fa anche attraverso la lingua dei segni. Nel 2020 ha partecipato a Italia
"La chemio mi ha reso momentaneamente sterile". A rivelare la scioccante notizia è l'ex attrice e showgirl Carolina Marconi che si è raccontata sul settimanale Chi. Dalla battaglia contro il tumore al seno fino al sogno di diventare madre. "Purtroppo non sono idonea ad intraprendere un'adozione perché ho avuto un tumore anche se sono guarita", aveva scritto sul suo profilo Instagram, trasformandosi di post in post in un simbolo della lotta per il diritto all'oblio dei pazienti oncologici. Ma le difficoltà non hanno abbattuto questa donna coraggiosa che crede ancora nel suo sogno di diventare madre: "Prima di iniziare le sessioni di chemioterapia, ho congelato un ovulo. Uno solo. Dunque ho il 10% di possibilità di restare incinta", confessa su Chi.  L'intenzione era di "congelarne dieci, ma non potevo fare terapie ormonali con il tumore al seno, sarebbe stato un accelerante per il mio male", spiega Carolina. "Siccome devo aspettare per provare a restare incinta, ho pensato: intanto adotto un bambino. Mi sono anche informata sull'utero surrogato, ma per me è troppo".
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