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Il compositore Gabriel Prokofiev: "Nella mia musica anche i cambiamenti del rapporto tra uomo e natura"

Il nipote del celeberrimo Sergej ospite dell'Emilia-Romagna Festival. E con il suo "Breaking Screens" abbatte le barriere tra classica ed elettronica

di LORELLA BOLELLI -
7 settembre 2022
Gabriel Prokofiev è un compositore, produttore, Dj e direttore artistico russo-britannico (Facebook)

Gabriel Prokofiev è un compositore, produttore, Dj e direttore artistico russo-britannico (Facebook)

Non sempre essere figlio o nipote d'arte può agevolare l'approccio con la carriera o essere elemento facilitatore per farsi conoscere. Anzi, può anche succedere che si tema possa essere un ostacolo e scegliere un nome d'arte o semplicemente di omettere il cognome per non rischiare confronti a distanza, commenti influenzati dalla parentela o imbarazzanti aspettative poi vanificate magari da risultati non all'altezza. È quanto successo alla famiglia Prokofiev. Oleg, il figlio del grande Sergej, scultore e pittore, negli ultimi anni della sua vita cominciò a firmare i suoi quadri solo col nome di battesimo, adducendo che ciò gli trasmetteva un rinnovato senso di libertà. Il nipote Gabriel che quel nonno, grande compositore del '900, non l'ha nemmeno mai conosciuto essendo nato a Londra nel 1975, ovvero 22 anni dopo la scomparsa dell'avo, morto il 5 marzo 1953, ha fatto lo stesso. “Quel cognome mi crea apprensione avendo io stesso intrapreso una carriera nella musica. Infatti quando iniziai l'università, conscio delle aspettative che avrebbe creato il mio cognome, scelsi Filosofia. E una volta finiti gli studi cominciai con lo pseudonimo di 'Olegavich' per liberarmi dalle pressioni del mio vero cognome. Però poi quando mi resi conto che avevo raggiunto una certa reputazione come compositore, decisi di non nascondere più la mia identità. Perché del mio albero genealogico sono orgoglioso, anzi ho tratto un sacco di ispirazione e di incoraggiamenti dal lavoro di mio nonno e dalle sue vicende di vita”. Ed è col suo nome e cognome vero che si presenta mercoledì 7 a Forlì al cospetto del pubblico italiano con le sue imprevedibili tracce e rotte musicali che confluiscono nella prima esecuzione integrale italiana di “Breaking Screens”, il suo nuovo progetto musicale che tiene insieme pop, dance, classica ed elettronica.

Gabriel Prokofiev (nato il 6 gennaio 1975) è un compositore, produttore, DJ e direttore artistico russo-britannico (PH: Malihe Norouzi)

Come mai un nipote di Prokofiev ha deciso di rivoluzionare il vocabolario di famiglia buttandosi sulla musica elettronica? “Sono stato bambino e ragazzo negli anni Ottanta e sono cresciuto ascoltando l'electro-pop. Suonavo anche in una band e all'università di Birmingham sono venuto a contatto con la musica elettroacustica, l'approccio del classico contemporaneo con la musica elettronica. Ciò ha determinato un'apertura personale verso un universo del tutto nuovo che mi ha consentito di capire che con l'elettronica potevo potenzialmente creare qualsiasi tipo di suono avessi immaginato. Penso che ogni musicista possa trovare ispirazione e sollecitazioni nella musica elettronica. Comunque dopo alcuni anni di questo studio, l'ho completamente rigettato per la frustrazione e la depressione di passare intere ore di solitudine in studio senza possibilità di esibizioni dal vivo. E mi sono buttato nella composizione per orchestra, rendendomi conto dell'ampiezza e della ricchezza del suono che può esprimere, relegando l'elettronica alla stretta necessità, sapendo comunque che se ben usata, può arricchire d'immaginazione la palette dei suoni”. Pur essendo cresciuto senza il culto del nonno, ha comunque ricevuto da suo padre un'infarinatura della grandezza dell'avo? “Come detto, quando mio padre ha cercato di crearsi una carriera autonoma togliendosi di dosso l'ombra del famoso genitore, non mi ha parlato granché di lui, ma mi ha fatto conoscere concerti, balletti e opere, così ne ho conosciuto piuttosto bene la dimensione musicale che è divenuta parte integrante della mia formazione musicale. All'apparenza mio padre aveva un'indole totalmente diversa dal nonno: era piuttosto timido e schivo, gentile e per nulla sarcastico e tagliente come'era, invece, Sergej. Però dal punto di vista professionale c'erano tanti punti in comune a cominciare dalla produttività, dall'etica. E pur andando ogni giorno nel suo studio per dipingere o scolpire, tornava a casa per l'ora del tè, esattamente come il nonno. Come pure l'uso del colore e uno spiccato senso del ritmo avvicinano l'arte visuale di mio padre a quella musicale di Sergej”.
Gabriel Prokofiev è ospite dell'Emilia-Romagna Festival

Gabriel Prokofiev è ospite dell'Emilia-Romagna Festival

Nella sua identità musicale c'è qualche traccia del suo illustre antenato? “La gente commenta spesso che tra me e il nonno c'è una profonda differenza. Ma io in realtà ci vedo alcune similitudini. Come lui amo il senso del ritmo come pure la melodia, un aspetto che non manca mai nelle mie composizioni e ci sono momenti in cui credo si possano rintracciare elementi del suo stile. Tendo però a censurarli volutamente durante il processo creativo perché voglio esaltare l'autenticità della mia voce” . Quali composizioni ama di più del nonno? “La sua musica è il suono per me più familiare e quando lo ascolto mi sento proprio a casa. Mi piace l'energia che prorompe dalle sue note, mi piacciono le sue brillanti melodie e quando sono piazzate in contrasto con inaspettati cambi armonici”. Da quali elementi è nutrito il suo immaginario musicale? “Ritmo, energia, le deviazioni sincopate, i colori ricchi e contrastanti, un senso drammaturgico che alterni momenti di intimità e malinconia”. Con quali musicisti si sente più in sintonia? “Shostakovich, Schnittke, Messiaen, Raymond Scott, Wendy Carlos, Herbie Hancock, Captain Beefheart, Boosty Collins, Laurie Anderson, Jonty Harrison, Javier Alvarez, Bobby Digital, Aphex Twin, Acen, Mr. Oizo, Jeff Mills, Dr. Dre, Dj Zinc. E ovviamente mio nonno”.

Gabriel Prokofiev è il nipote del celeberrimo compositore russo Sergej

Cita un dj tra i suoi miti, anche lei lo è. Cosa guida la sua mano alla console? “Non la consideravo una professione importante perché vedevo i dj come gente che suonava musica di altri. Poi nel 2004 decisi di fare un concerto classico in un night-club perché desideravo portare la musica classica in un contesto informale, quotidiano, per raggiungere nuovo pubblico. Avevo però bisogno di un dj che mettesse musica tra un set classico e l'altro ma non ne ho trovato nessuno e così l'ho fatto io. Negli anni l'ho ripetuto in diverse circostanze e mi serve spesso per creare un'atmosfera, per condurre la sala a muoversi su suoni inusuali e non convenzionali, per rompere con l'ordinario”. Qual è il suo background di formazione musicale? “I miei genitori sono stati entrambi dediti all'arte visuale per cui non ho ricevuto da loro alcun input in questo senso, però ho cominciato le lezioni di piano a 5 anni e ho suonato dai dieci anni in poi il corno in orchestra. Ma i miei inizi come compositore datano sempre dai dieci anni quando con un compagno di classe scrivevo canzoni pop. Ci incontravamo tutte le settimane per scrivere a mo' di divertimento e a 12 anni formammo una band con altri tre amici con cui ci esibivamo nei locali dei dintorni di Londra. Fu quest'esperienza a convincermi di voler fare il compositore ma completamente indipendente dal mio predecessore e dalla tradizione di famiglia. Contemporaneamente ho studiato musica classica, mi sono laureato e ho preso un master in musica alle università di Birmingham e York, con specializzazione nella Elettroacustica”. Quando compone pensa alla presa che avrà sul pubblico o è totalmente concentrato sulla dimensione creativa? “Se la musica è onesta, ispirata e ha integrità si connette automaticamente col pubblico. È pericoloso e dannoso comporre pensando al successo. Ma una volta che la creazione è compiuta, ovviamente il tuo lavoro deve raggiungere il pubblico solo che in un pianeta popolato da 8 miliardi di persone è una bella lotta raggiungere l'audience. Così benché io ami spendere tutte le mie energie per comporre, mi sono reso conto che devo impiegarne altrettante per portare la mia musica dallo studio alla gente, al mondo reale. Mi ispiro molto a musicisti come Beethoven che non era solo un compositore ma un produttore che portava tutti i musicisti che conosceva a eventi in cui far conoscere il suo lavoro”.

Per Prokofiev "Se la musica è onesta si connette automaticamente col pubblico"

La sua musica è un linguaggio d'elite o solo per iniziati? “Assolutamente no. Il meraviglioso potere della musica sta proprio nel poter raggiungere tutti senza richiedere conoscenze particolari, né badare alle lingue parlate o ai luoghi di provenienza. In ogni caso se tutti ricevessero un'educazione musicale, ogni tipo di elitarismo sparirebbe e la musica sarebbe giudicata per la sua qualità”. È una delle battaglie sociali in cui s'impegna? “I temi sociali che più mi coinvolgono fin da giovane sono il traffico d'armi, il disarmo nucleare e l'energia pulita. Ho sempre usato la bicicletta come mezzo di locomozione privilegiato, porto i miei figli a scuola su una cargo bike e quattro anni fa ho cambiato l'auto con una elettrica. Nel 2020 composi, in risposta alla Pastorale di Beethoven, ‘Pastoral Reflections’ dove esploravo i cambiamenti intervenuti nel nostro rapporto con la natura rispetto all'epoca di Beethoven. E due movimenti di quella composizione entrano anche nel concerto per Emilia Romagna Festival”. Secondo i suoi criteri di giudizio cosa rende un uomo fortunato? “Per costruire una carriera nel campo della musica, la passione è fondamentale perché serve una forte motivazione per superare i vari ostacoli. Altrettanto importante è l'ottimismo per focalizzarsi sugli eventi positivi e aprire la mente, rendendola pronta ad accogliere Lady Fortuna quando appare. Invecchiando mi accorgo anche dell'importanza dell'esperienza: ogni anno che passa, vediamo e sentiamo il mondo e l'arte con maggiore profondità e consapevolezza”.