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Home » Spettacolo » Daphne Di Cinto, da Bridgerton al Moro di Firenze: “Il razzismo? Con me non ha storia”

Daphne Di Cinto, da Bridgerton al Moro di Firenze: “Il razzismo? Con me non ha storia”

Ora anche regista e sceneggiatrice, l'attrice ha conquistato il premio per il miglior cortometraggio all'Integrazione Film Festival: "Alessandro de' Medici è stato il primo capo di Stato nero dell’Europa Occidentale: ma qualcuno tenta di cancellare la sua memoria"

Letizia Cini
22 Maggio 2022
Daphne di Cinto

Daphne di Cinto

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Gli appassionati di Bridgerton la identificano con la Duchessa di Hastings, ruolo che ha interpretato nella serie-evento targata Netflix. In realtà Daphne Di Cinto, over trent’anni (“ma… non diciamo l’età, per favore”, sorride la giovane attrice) è nata in un paesino del Nord Italia: studi fra Roma e Parigi, corso di recitazione a New York, è – ed ha fatto – anche molte altre cose.

Daphne Di Cinto ha conquistato il premio per il Miglior cortometraggio’ al 16° IFF – Integrazione Film Festival di Bergamo 2022

Regista, sceneggiatrice e produttrice, dopo l’affermazione ai Fabrique du Cinema Awards 2021 ha ora conquistato il premio per il Miglior cortometraggio’ al 16° IFF – Integrazione Film Festival di Bergamo 2022 grazie a Il Moro, gioiello in costume tutto italiano che racconta la storia semisconosciuta di Alessandro I de’ Medici (1510-1537) e delle sue origini africane.

Daphne Di Cinto nei panni della Duchessa di Hastings in ’Bridgerton’
Daphne Di Cinto nei panni della Duchessa di Hastings in ’Bridgerton’

In Italia per ritirare il prestigioso riconoscimento (da anni vive e lavora a Londra) in questi giorni Daphne Di Cinto si trovava in Toscana, dove ha tenuto alcune lezioni e si è data alla ricerca di nuovi indizi per un progetto che riguardano nuovamente il primo Duca di Firenze mixed-race.  La cultura e la vita della popolazione italiana afro-discendente sono incredibilmente ancora agli albori del loro riconoscimento ufficiale, anche in Italia. Un riconoscimento che andrebbe normalizzato nelle scuole, nel nome di un’integrazione costruttiva, aperta al dialogo e alla curiosità verso l’altro. Ma andiamo alla scoperta del Moro di Firenze grazie al racconto dell’attrice – qui anche nei panni di regista, sceneggiatrice e produttrice – Daphne Di Cinto.

Come mai ha scelto Alessandro De’ Medici per il suo short-movie?

“Ho voluto raccontare la storia di un personaggio storico italiano pressoché dimenticato per il suo background misto, come il mio (la madre della regista è delle isole Seychelles, ndr). Anche la mamma di Alessandro era una donna afro-discendente tenuta in schiavitù al servizio della famiglia de’ Medici e il padre era Papa Clemente VII (al secolo Giulio de’ Medici). Mi ha incuriosito soprattutto per il fatto di non aver mai saputo nulla su di lui, così ho iniziato a fare qualche ricerca e… non ne sono più uscita”.

Ed è proprio con il Moro che ha iniziato la carriera dietro la macchina da presa…

“Sì, è stata la mia prima regia e confesso di aver trovato molto stimolante poter creare un parallelismo con l’Italia di oggi, sollevando la questione su chi possa o meno definirsi italiano. Quando ho studiato la vicenda di Alessandro de’ Medici mi è sembrata di un’analogia eclatante con la realtà e con il mondo di oggi. Forse con l’Italia in particolare, perché è una storia italiana che non si conosce e che dice così tanto del nostro Paese. Soprattutto mi lascia sgomenta che, nonostante storie come quella di Alessandro, in Italia c’è ancora chi ha dei dubbi sullo ius soli. Mi verrebbe da chiedergli: Ma se cinquecento anni fa il  Duca di Firenze era afro-italiano, qual è il problema oggi?“.

Si aspettava tanto successo?

Alessandro I de’ Medici nella versione di Alberto Malanchino e nel ritratto del Bronzino
Da ‘Il Moro’ di Daphne Di Cinto, Alessandro I de’ Medici nella versione di Alberto Malanchino

“Sinceramente me lo auguravo, ma no, non speravo che l’interesse verso il Moro di Firenze sarebbe cresciuto in modo esponenziale, tanto che sto pensando di fare una serie incentrata proprio su di lui”.

Spinta dalla necessità di portare alla luce questa storia, ha preferito non aspettare di raccogliere fondi per iniziare a girare: ha dovuto bussare a molte porte?

“Fra i finanziatori ci sono alcuni comuni romagnoli: avevo anche bussato alle porte di Palazzo Vecchio, a dire il vero, ma…”

Ma?

“L’allora assessore alla Cultura Tommaso Sacchi (che ora copre la stessa carica a Milano, ndr) non mi ha mai ricevuta: nulla è perduto, potrebbe nascere un interessamento per la serie. E ho anche una altro desiderio”.

Che sarebbe?

“È proprio nell’ufficio del primo cittadino Dario Nardella, la sala di Clemente VII, che ci sono alcuni dipinti che ritraggono Alessandro de ’Medici. Il mio sogno sarebbe poterli vedere: figlio naturale di Lorenzo duca d’Urbino, col favore dello zio Clemente VII (che in realtà era il suo vero padre), papa della Chiesa cattolica dal 1523 alla morte, ottenne, dopo la caduta della Repubblica fiorentina (1530), il titolo di Duca (1531). Recentemente i suoi resti sono stati esumati: un altro grande desiderio sarebbe poter condividere con gli studiosi gli esami effettuati sulle spoglie mortali di Alessandro, per poter sciogliere alcuni degli interrogativi collegati alla sua origine, che ancora oggi qualcuno tenta di cancellare“.

A cosa si riferisce, Daphne?

Alessandro I de’Medici nel ritratto del Bronzino custodito all’Hermitage di San Pietroburgo
Alessandro I de’ Medici nel ritratto del Bronzino custodito al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo

“Ogni volta che intervengo su Wikipedia per aggiornare il paragrafo sul Moro alla luce delle tante e inequivocabili fonti disponibili, qualcuno cancella il testo inserendo che quel soprannome era dovuto esclusivamente alla sua carnagione olivastra“.

Una specie di razzismo storico?

“Evidentemente… Alessandro de’ Medici era afro-discendente; era a tutti gli effetti un membro della potente famiglia che tanto lustro ha dato alla Toscana. Duca di Penne dal 1522, poi signore di Firenze dal 1523 al 1527 e dal 1530 al 1532, infine Duca della Repubblica Fiorentina dal 1532 alla sua morte, vanta il titolo di primo esponente della dinastia Medici afro-italiano. Ribattezzato il Moro per il colore della pelle, appunto”.

Come lei anche Alessandro era quindi un italiano nero…

“Sua madre era una donna afrp-discendente a servizio in casa Medici, identificata come Simonetta da Collevecchio: riconosciuto figlio illegittimo di Lorenzo II de’ Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico, secondo molti studiosi il Moro sarebbe invece figlio naturale del cardinale Giulio de’ Medici, diventato papa Clemente VII, il 219° papa della Chiesa cattolica, dal 1523 alla morte. Alessandro, quindi di fatto è il primo capo di Stato nero dell’Europa Occidentale in epoca moderna. Nonostante l’importanza della posizione che ha ricoperto, la sua storia è passata in sordina e le sue origini sembrano essere fonte di dibattito: ho voluto riportare alla luce la vicenda, perché pochi conoscono la sua esistenza e in tanti si stupiscono che una persona dai tratti africani, ben 500 anni, abbia ricoperto un ruolo di rilievo: Duca, non servitore“.

Che fine ha fatto Alessandro de’ Medici

Daphne Di Cinto, dirige Alberto Malanchino nei panni del Moro di Firenze (foto Resina)
La regista e sceneggiatrice Daphne Di Cinto, dirige Alberto Malanchino nei panni del Moro di Firenze (foto Resina)

Il Moro venne assassinato in una congiura ordita da suo cugino Lorenzino de’ Medici, spinto da oscuri risentimenti o da insidiosi ideali umanistici del tirannicidio. Lorenzino lo attirò con un pretesto a casa sua, nella notte fra il 6 e il 7 gennaio 1537, e lo uccise con l’aiuto di un sicario. Ancora giovane, Alessandro morì lasciando due figli illeggittimi, che non saranno considerati per la successione. Le sue spoglie mortali sono regolarmente sepolte nella Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo, nel cuore capoluogo toscano, all’interno della stessa tomba di Lorenzo di Piero de’ Medici. Ma il suo nome non è ricordato in nessuna targa e non rimane traccia della sua esistenza.

Il commento

“L’importanza del cortometraggio di Daphne Di Cinto sta nella credibilità della regista di origine afroitaliane che attraverso la rinarrazione storico-socio-culturale, mira a promuovere la parità sociale, l’inclusione e l’educazione alla diversità facendo luce su un capitolo importante della storia italiana – scrive Vogue Italia – . La consapevolezza di narrare una storia e la Storia attraverso un punto di vista non mainstream e dare voce alla vita di un uomo le cui origini rappresentavano un’onta e un peccato, la consapevolezza di come solo da poco questa cultura è cambiata”.

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  • Il suo desiderio, più che legittimo, è semplicemente quello di partecipare al Jova Beach party di Viareggio, a settembre, insieme ai suoi amici. Eppure Enrico, classe 1965, padre di due meravigliosi figli adottivi e costretto su una sedia a rotelle dal 1988, non è riuscito a fare quello che tutto il resto della sua comitiva ha fatto con pochi semplici click sul sito di Ticketone: acquistare il suo biglietto. 

“Per noi disabili cose come questa sarebbero troppo semplici. Forse non tutti sanno che la realtà è che, se una persona nelle mie condizioni desidera partecipare a un qualsiasi evento, solitamente gli viene richiesto di individuare per conto proprio gli organizzatori, cercare sul rispettivo sito le indicazioni sulla modalità di richiesta dei biglietti (che variano da organizzatore ad organizzatore) e in fine allegare alla domanda di partecipazione il certificato di invalidità e un documento d’identità. Mai ci è permesso di usare le piattaforme online ad acquisto diretto come Ticketone.

Mi sono sentito ulteriormente discriminato: oltre ai miei limiti fisici mi sono dovuto scontrare con ulteriori ostacoli rappresentati da procedure imposte da persone che non hanno la minima idea di cosa significhi la parola ‘inclusione‘. E quello che più mi ha sorpreso è che questi limiti siano arrivati in abbinamento ad un evento di Jovanotti, che ritengo un paladino dell’inclusione. Mi chiedo se lui sia a conoscenza di tutto questo e cosa ne pensi in tal caso”.

Il racconto di Enrico nell’intervista a cura di Caterina Ceccuti ✍

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  • “Per cantare ho affrontato un lungo percorso di logopedia, ma voglio fare della musica un posto più inclusivo. 

Mi chiamo Francesco, in arte Brazzo, sono sordo e nella vita faccio rap”. In una frase, lo specchio di una vita in salita. La fatica di imparare a cantare senza poter ascoltare nulla se non “le vibrazioni delle casse”, gli anni della logopedia e la voglia di mettere in versi la realtà, le battaglie per il riconoscimento della propria comunità e la denuncia sociale.

Brazzo nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008.

“Già da bambino desideravo cantare solo che mi sentivo imbarazzato per il fatto che un sordo potesse cantare. Ho iniziato a parlare a cinque anni, all’inizio non parlavo molto bene e ho affrontato un lungo percorso di logopedia. Poi a trent’anni avevo questo desiderio lasciato nel cassetto e ho deciso di lanciarmi”.

Quando rappa – e rappa bene – lo fa anche attraverso la lingua dei segni. Nel 2020 ha partecipato a Italia
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Alessandro I de’ Medici nella versione di Alberto Malanchino e nel ritratto del Bronzino
Da 'Il Moro' di Daphne Di Cinto, Alessandro I de’ Medici nella versione di Alberto Malanchino
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Che fine ha fatto Alessandro de’ Medici

Daphne Di Cinto, dirige Alberto Malanchino nei panni del Moro di Firenze (foto Resina)
La regista e sceneggiatrice Daphne Di Cinto, dirige Alberto Malanchino nei panni del Moro di Firenze (foto Resina)
Il Moro venne assassinato in una congiura ordita da suo cugino Lorenzino de’ Medici, spinto da oscuri risentimenti o da insidiosi ideali umanistici del tirannicidio. Lorenzino lo attirò con un pretesto a casa sua, nella notte fra il 6 e il 7 gennaio 1537, e lo uccise con l’aiuto di un sicario. Ancora giovane, Alessandro morì lasciando due figli illeggittimi, che non saranno considerati per la successione. Le sue spoglie mortali sono regolarmente sepolte nella Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo, nel cuore capoluogo toscano, all'interno della stessa tomba di Lorenzo di Piero de’ Medici. Ma il suo nome non è ricordato in nessuna targa e non rimane traccia della sua esistenza.

Il commento

"L’importanza del cortometraggio di Daphne Di Cinto sta nella credibilità della regista di origine afroitaliane che attraverso la rinarrazione storico-socio-culturale, mira a promuovere la parità sociale, l’inclusione e l’educazione alla diversità facendo luce su un capitolo importante della storia italiana - scrive Vogue Italia - . La consapevolezza di narrare una storia e la Storia attraverso un punto di vista non mainstream e dare voce alla vita di un uomo le cui origini rappresentavano un’onta e un peccato, la consapevolezza di come solo da poco questa cultura è cambiata".
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