
Elvira Notari nella pellicola "È Piccerella" del 1922
Si chiama “inVisibili. Le pioniere del cinema”. Con quella “in” iniziale cancellata da un tratto orizzontale. Per dirci che sì, adesso invisibili non lo sono più. È una mostra in corso a Roma, all’Istituto centrale della grafica in via della Stamperia, fino al 28 settembre. Una mostra dedicata alle donne che hanno segnato la storia del cinema italiano delle origini, nei primi anni del Novecento.
Attrici, sì. Ma anche produttrici, registe, sceneggiatrici: donne che hanno caratterizzato, in alcuni casi trasformato, la storia del cinema italiano, e delle quali pochissimo si parla. La mostra è ospitata dall’Istituto centrale della Grafica di Roma, ed è promossa dal Ministero della cultura con l’archivio Luce Cinecittà.
Elvira Notari, una pioniera osteggiata dal fascismo
Chi sono queste donne? Per esempio, Elvira Notari. La prima regista donna italiana. Che, con la sua casa di produzione Dora Film, realizzò film tratti spesso da romanzi popolari, o da fatti realmente accaduti. Per molti versi, la sua opera è considerata precorritrice del Neorealismo. I suoi film approdarono anche negli Stati Uniti, ed ebbero grande seguito fra gli emigranti di origine italiana, gli stessi che a centinaia di migliaia, dall’inizio del secolo, avevano affrontato quel viaggio che avrebbe cambiato la loro vita, alla volta dell’America.

Elvira Notari, che talvolta prendeva parte ai suoi film come attrice, ha realizzato un cinema molto attento ai temi sociali, e caratterizzato da un grande realismo nelle interpretazioni. Era anche una brava imprenditrice: si occupava personalmente dei rapporti con la stampa, della pubblicità, delle locandine.
Diresse sessanta film, di cui scriveva anche le sceneggiature, spesso ispirati a fatti realmente accaduti nella Napoli di quell’epoca. Superfluo dire che il suo cinema ambientato nei bassifondi, fra la povera gente, con eroine insofferenti alle regole sociali, non piacque per niente al regime fascista, che ne osteggiò il lavoro, e in alcuni casi ne proibì la diffusione all’estero.
Le altre donne nel cinema
Ma non c’era solo lei. Ci sono figure delle quali si conosceva poco e nulla. Come Astrea, probabilmente la contessa Amalia Barbieri, nobile veneziana, una delle “forzute” del cinema muto. Alta, forte, carismatica, fu un’icona degli anni ’10, soprannominata “donna Maciste”, in ruoli che ne esaltavano la forza fisica, così come la bellezza. O Esterina Zuccarone, che divenne responsabile della CineFiat, il reparto cinematografico della casa automobilistica.

E c’era, naturalmente, la diva Francesca Bertini, caratterizzata da una recitazione melodrammatica, enfatica, sensuale. Ma la Bertini non era solo attrice: interveniva nella scelta dei soggetti, nelle scelte di regia. Fu una “regista ombra” nei film che interpretava. Lo confessava lo stesso regista Gustavo Serena, il regista del suo film più celebre, “Assunta Spina”: “E chi poteva fermarla? La Bertini era un vulcano di idee, di iniziative, di suggerimenti. Organizzava, comandava, spostava le comparse, il punto di vista, l’angolazione della macchina da presa…”.
E ancora, Daisy Sylvan, la produttrice che fondò la Daisy film, i cui lungometraggi sono andati perduti; Elettra Raggio, attrice e produttrice; Giulia Cassini Rizzotto, attrice e regista; le attrici Maria Roasio, Adriana Costamagna, Bianca Guidetti Conti.
L’uguaglianza nella storia del cinema
“L’esposizione dimostra come le origini del cinema in Italia appartengano tanto agli uomini quanto alle donne”, sottolinea Carlo Chatrian, direttore del Museo nazionale del cinema. “Montatrici, registe, produttrici, sceneggiatrici, attrici, doppiatrici: agli albori il cinema in Italia era un campo di espressione libera, in cui le donne avevano un loro spazio”.
“Quando il cinema muoveva i primi passi”, ha affermato il sottosegretario alla cultura Lucia Borgonzoni presentando la mostra a Roma, “le donne erano lì, a segnarne il cammino con la loro visionarietà. Eppure il racconto di quegli anni non ne riporta pressoché traccia. Con questa mostra vogliamo restituire voce alle protagoniste degli esordi della settima arte, riconsegnando alla memoria collettiva un capitolo del nostro passato troppo poco conosciuto, tutto al femminile”.
“Due anni fa ho letto che in America, all’inizio del Novecento, la metà delle sceneggiature erano state depositate da donne: questo dato mi ha incuriosito, ho pensato al nostro cinema. Mi veniva in mente solo Elvira Notari”, dice Lucia Borgonzoni. “Lei era già abbastanza nota. Ma le altre? Così abbiamo iniziato una ricerca specifica nell’ambito del cinema. Bisogna correggere questo falso storico, che le donne non siano esistite nei campi creativi e produttivi della società. La mostra delle ‘inVisibili’ è solo il primo tassello”.
Incrementare la visibilità delle donne
Le fa eco Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà: “Io ho davvero un’ossessione per far emergere il ruolo delle donne nelle arti della rappresentazione. Restituire loro visibilità è, ora più che mai, un’urgenza”.
La mostra è articolata in trenta sezioni, ognuna dedicata a una pioniera. Presenta riviste d’epoca, documenti d’archivio, lettere private, sceneggiature, fotografie, bozzetti. Il catalogo è edito da Mondadori Electa, con un inedito firmato da Margaret Mazzantini. La mostra “inVisibili” è realizzata con la collaborazione del Centro sperimentale di cinematografia, del Museo nazionale del cinema e della Cineteca di Bologna.