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Elena Di Cioccio: "Sono sieropositiva". Il monologo contro lo stigma

La 48enne, ex inviata e conduttrice de Le Iene, rivela pubblicamente di avere l'Hiv durante la trasmissione: "Ho l’Hiv, sono una di quelli con l’alone viola"

di MARIANNA GRAZI -
29 marzo 2023
LE IENE_Elena Di Cioccio (1)

LE IENE_Elena Di Cioccio (1)

"Sono sieropositiva". Un fulmine a ciel sereno nella notte. Un segreto tenuto nascosto per oltre vent'anni, rivelato in un'intervista e poi monologo inaspettato al programma Le Iene, di cui è stata a lungo un'inviata e conduttrice. E dove Elena Di Cioccio è tornata, questa volta da ospite, per parlare di qualcosa di importante, qualcosa che cambia la vita: "Per me ha significato vivere senza un pezzo", racconta ai microfoni degli ex colleghi. Una rivelazione che anticipa di pochi giorni l'uscita del suo libro, "Cattivo sangue" (Vallardi), il prossimo 4 aprile. Nel testo Di Cioccio si racconta a 360 gradi: dalla malattia alla dipendenza dalla cocaina, la mancata maternità, le relazioni e l'addio alla madre morta per suicidio.

L'intervista: "Resterai in trattamento per sempre"

Elena Di Cioccio, 48 anni, da 21 anni è sieropositiva

"È strano parlarne" dice Elena di Cioccio durante l'intervista alla trasmissione di Davide Parenti, di cui per anni ha fatto parte. "Tu sei sieropositiva?" le chiedono. "Sì". Ecco, l'ha detto. Elena si sente finalmente libera di parlare pubblicamente di quella diagnosi ricevuta 21 anni fa, anche se gli occhi tradiscono l'emozione del momento, della rivelazione: "Dentro il mio corpo c'è un virus che potrebbe esplodere, che si chiama Hiv". Che significa questo? Che, solo nel peggiore dei casi, può trasformarsi "in Aids". Come accadeva fino a una ventina di anni fa: dagli anni '80 quando è stata scoperta, fino ai primi anni 2000, la sindrome da immuno deficienza ha fatto più di 20 milioni di morti. Eppure quella malattia, al giorno d'oggi e nel mondo occidentale, grazie alla scienza non è più una sentenza di morte. "Puoi avere una vita. Starai in trattamento per sempre..." spiega l'ex iena. Ma la sieropositività, questo virus, restano ancora qualcosa di poco conosciuto, avvolto nell'ignoranza... o peggio, qualcosa da nascondere.

"Non sei più quella di prima"

Di Cioccio, 48 anni, ha trovato il coraggio di parlarne pubblicamente, anche se "Sento sotto quest'esplosione di emozioni"; ma prima, in questi anni, ha attraversato tutte le fasi psicologiche che questa condizione comporta. Inevitabilmente. "È come se tu avessi perso un colore, perché non sei più quella di prima. Quella persona lì, di prima, non c'è più afferma visibilmente commossa –. I primi anni ho proprio negato la malattia, anche con me stessa". Il giorno della diagnosi è impresso a fuoco nella sua mente: "Ricordo di essermi disintegrata in mille cinquecento pezzi". "Io questa cosa non me la sono andata a cercare – continua – è arrivata per caso".

L'ignoranza sulla malattia e lo stigma

Di Cioccio racconta come ha affrontato la diagnosi e i vent'anni trascorsi, tra stigma, vergogna e cure

Aveva 26 anni, non l'ha detto a nessuno, si è sentita come "se mi avessero detto la data di scadenza: è finita così". Era il 2002, appena fuori dagli anni Novanta e tutto quello che hanno significato in tema Hiv, con i messaggi sociali che passavano e sembravano dire "Tu sei morta, tu sei il male assoluto. Perché questa sindrome era associata alla tossicodipendenza, all'omosessualità e alla promiscuità". Elena Di Cioccio, come quasi tutti gli altri sieropositivi, ha sperimentato quindi la vergogna dello stigma pur essendo incolpevole. "A me non mi hanno detto 'Guarda che...'. Non me l'ha detto!" dice riferendosi alla persona che le ha trasmesso l'Hiv. "Credo che neanche lo sapesse". Eccola, l'ignoranza che avvolge il tema.

Rimettere insieme i pezzi

"Invece in questi 21 anni, mentre le terapie mi consentivano via via di vivere una vita sempre più normale, ad uccidermi è stata una smisurata vergogna di me stessa. Ho vissuto la malattia come se fosse una colpa. Mi sentivo sporca, difettosa". E così "mi sono sdoppiata, per difendermi, a vivere una doppia vita". Le lacrime nei suoi occhi sono la testimonianza concreta di un dolore ancora vivo. Ma una vita a metà non è vita, e "ho capito che avrei dovuto rimettere insieme i pezzi altrimenti sarei morta se non avessi fatto pace con quella parte di me. Io sono tante cose e sono anche la mia malattia". Una consapevolezza che, se non di rinascita, parla almeno di ritrovata serenità. "Oggi sono fiera di me, non mi vergogno più, e l’Hiv che è molto diversa da come ve la immaginate. Io non sono pericolosa, sono negativizzata e finché mi curo io non posso infettare nessuno". Infatti Elena prende solo una pillola al giorno, anche perché i farmaci "oggi sono molto migliori, quelli del 2002... Erano diversi", continua divertita. Elena non è guarita, non si guarisce – tranne in rarissimi casi –. Me è libera? "Sono molto libera. Potete toccarmi, abbracciarmi, baciarmi e tutto il resto. Se volete continuare ad avere paura, io lo accetto, però girate lo sguardo verso il vostro vero nemico. L’ignoranza".

Il monologo

 
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"Ciao sono Elena Di Cioccio, ho 48 anni e da 21 sono sieropositiva. Ho l’Hiv, sono una di quelli con l’alone viola. Ero molto giovane quando questa diagnosi stravolse completamente la mia vita. All’inizio ho avuto paura di morire, poi di poter fare del male al prossimo. 'E se contagi qualcuno?', mi dicevo, 'Non me lo perdonerei mai'. Non è mai successo, non ho mai contagiato nessuno e non sono morta. Invece in questi 21 anni, mentre le terapie mi consentivano via via di vivere una vita sempre più normale, ad uccidermi è stata una smisurata vergogna di me stessa. Ho vissuto la malattia come se fosse una colpa. Pensavo che tra me e l’altro, la persona peggiore fossi sempre io. Mi sentivo sporca, difettosa. Avevo timore di essere derisa, insultata, squalificata dal pregiudizio che ancora esiste nei confronti di noi sieropositivi. Così per difendermi, ho nascosto la malattia iniziando a vivere una doppia vita. Una sotto le luci della ribalta e un'altra distruttiva e depressa. Ma una vita a metà non è vita, e ho capito che ne sarei morta se non avessi fatto pace con quella parte di me. Io sono tante cose e sono anche la mia malattia. Oggi sono fiera di me, non mi vergogno più, e l’Hiv che è molto diversa da come ve la immaginate. Io non sono pericolosa, sono negativizzata e finché mi curo io non posso infettare nessuno. Potete toccarmi, abbracciarmi, baciarmi e tutto il resto. Se volete continuare ad avere paura, io lo accetto, però girate lo sguardo verso il vostro vero nemico. L’ignoranza".