Una donna potente, sconvolgente. Imprevedibile. È un ritratto di donna come raramente se ne sono viste nel cinema italiano, quello che disegna Elena Gigliotti nel film “L’invenzione della neve“, presentato a Venezia alle Giornate degli Autori, e in questi giorni nelle sale italiane – ieri presentato a Firenze, dalla protagonista insieme al regista e a parte del cast.
È il ritratto di una donna ferita, istintiva, manipolatrice, seduttrice, prepotente, forte e fragile.
Una donna che ha tatuata sulla schiena una tigre – e l’attrice se l’è tatuata davvero, legando vita e cinema – e che reagisce in maniera selvaggia, ferina al dramma, alla tragedia che sta vivendo: dopo una separazione, le è permesso di vedere la figlia solo una volta ogni quindici giorni. Ma la situazione può ancora peggiorare: la sua instabilità psicologica, la mancanza di un lavoro stabile, il suo continuo oscillare fra la dolcezza e gli scatti d’ira.
La protagonista Elena Gigliotti
Elena Gigliotti ha una formazione teatrale: ha studiato recitazione al Teatro Stabile di Genova, poi ha proseguito attraverso laboratori con Giancarlo Sepe, Valerio Binasco, Emma Dante, Gabriele Vacis. È stata scelta da Vittorio Moroni al termine di un casting quasi ossessivo, con provini infiniti. Poi il regista ha chiesto a lei, come agli altri attori, di “mescolare il loro Dna con quelli del personaggio“.
Tradotto: mettere nel personaggio molto di sé, fino ad appropriarsene, fino a rendere carne viva la pagina della sceneggiatura. Lei lo ha fatto. Ha creato la sua Carmen: una donna che fa cose discutibili, spiacevoli, sgradevoli. Eppure, riusciamo a vedere anche con i suoi occhi: fa paura, Carmen, quando sembra fuori controllo. Ma stai dalla sua parte, quando capisci che sono gli altri a cercare di tenerla lontano, di renderla “inoffensiva”.
È un film strano, caotico e affascinante, “L’invenzione della neve”. Mescola un realismo spietato e toni fiabeschi, con alcuni intermezzi in cui letteralmente “vediamo” i pensieri della protagonista, con le immagini di animazione di Gianluigi Toccafondo, un fuoriclasse dell’animazione italiana, con le sue figure fluttuanti.
Il film: un ritratto sulla complessità femminile
Le riprese sono state effettuate in appena 18 giorni, e si compongono di sei lunghissimi piani sequenza. Senza stacchi, senza tagli. Anche l’errore doveva diventare un’opportunità per gli attori: l’importante era non fermarsi, non uscire da quella intensità, da quella tensione che Elena Gigliotti mantiene in tutto il film, e fa vivere a noi spettatori.
“Carmen è complessa, difficile da giudicare”, dice l’attrice. “Abbiamo lavorato molto sull’essere ‘animale’ di questa donna, partendo dalla figura della tigre che ho tatuato realmente sulla mia schiena. Faccio fatica, adesso, a capire dove finisce Carmen e dove finisce Elena. Carmen è una tigre chiusa in una gabbia: ma quando esce si difende”.
Ci sono delle scene possenti, disturbanti, che vanno dritte dentro la storia del cinema recente più coraggioso: come il lungo dialogo in cui Carmen mette sotto pressione la nuova compagna del marito, in un misto di complicità, minacce, rivelazioni, finte carinerie, perfidie. “L’invenzione della neve” è un film fatto di contraddizioni e il personaggio di donna che ci consegna è un omaggio sontuoso, e drammatico, alla complessità femminile.