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La soprano Elena Rossi: "Io come Magda di Puccini: indipendente e un po’ femme fatale"

La cantante si divide tra il "bel canto" e l'essere madre. E denuncia: "I templi della lirica non sono immuni dal vizio di molestie e pretese offensive"

di GUIDO GUIDI GUERRERA -
6 settembre 2022
La soprano Elena Rossi

La soprano Elena Rossi

Vissi d’arte, vissi d’amore”. Così canta Tosca nella celebre opera di Giacomo Puccini. La famosa aria fa pensare agli spiriti liberi e battaglieri, a quelle donne che hanno cercato identità e autoaffermazione anche nella difesa di un amore contrastato, difficile, talvolta impossibile. E proprio in quel darsi hanno esibito tutti i segni di una natura ‘virile’ senza nessuna remora, senza il timore di essere giudicate, pronte a misurarsi con il potere e a scontrarsi con il muro dei pregiudizi da combattenti. Come Tosca, Carmen, Aida, la stessa Violetta o Turandot. Donne pronte a usare ogni mezzo di cui dispongono pur di non soccombere alle consuetudini dell’epoca che le vorrebbero remissive e sottomesse alla volontà dell’uomo dominatore. Disposte a riscattare se stesse e addirittura il loro mondo con gesti determinati e assoluti, fino al sacrificio della propria vita che è il prezzo da pagare per non soggiacere alla vigliaccheria prepotente o al sopruso di leggi inventate per tarpare le ali e rendere impossibile anche la sola idea di una vera emancipazione. Elena Rossi, soprano di grande talento e famosa per essersi esibita nei maggiori teatri della lirica, sembra incarnare questi ruoli per volere stesso del fato che oltre ad averla dotata di straordinaria bellezza ne ha fatto una creatura passionale, indipendente in ogni sua scelta, seducente quanto Carmen e ferma nei propositi come Aida o Tosca. Emiliana di Reggio Emilia, Elena ha vissuto dall’infanzia il contrasto delle due differenti correnti che hanno concorso alla sua formazione: quella delle donne ribelli appartenute alla famiglia materna e l’altra, più tradizionalista del padre non troppo incline ad accogliere con favore certi mutamenti epocali. Forse per questo si è precocemente trovata a volare alto come le aquile ma nel contempo a stare poggiata bene con i piedi per terra, attenta a evitare di perdere il senso della realtà. Per una persona che non è mai voluta scendere a compromessi, nonostante le mille tentazioni, è un imperativo categorico limitare i cedimenti, anche quando "vivere d’arte" appare più difficile come lo è di questi tempi dopo il duro colpo sofferto dai teatri del mondo a causa della pandemia. Una situazione che solo lentamente sta vedendo barlumi di luce ma il cui processo di vera e propria normalizzazione si prospetta lento e tutto sommato incerto.
La soprano Elena Rossi

La soprano Elena Rossi

Questo è un momento particolarmente difficile per chi vive d'arte. Un soprano come lei come affronta la sua battaglia? “Sono stati anni difficili da affrontare: stupore, rabbia, lotta, sono stati i miei sentimenti più ricorrenti. A volte ho perfino pensato alla resa definitiva, rendendomi conto che in Italia, presunta culla di ogni espressione artistica, la tutela della cultura non ha nessuna importanza. Un pensiero drammatico, il mio, eppure molto aderente alla realtà dei fatti. Ricordo come tutto ha avuto inizio nel marzo 2020 mentre mi trovavo a Catania per iniziare le prove di due bellissime produzioni, 'Cavalleria Rusticana' e 'Pagliacci'. Ero al settimo cielo. Ma dopo solo due giorni di prove riceviamo dalla direzione un comunicato agghiacciante: a causa di una non meglio specificata emergenza sanitaria il teatro avrebbe dovuto chiudere. Da quel giorno, la vita dell'intero Pianeta è stata un inferno, tutto si è talmente stravolto da costringere tanti lavoratori, come quelli del mondo dello spettacolo di cui faccio parte, a sospendere ogni attività per un lunghissimo periodo. Comunque fedele a me stessa non ho mai smesso di studiare, consapevole che il dono del canto è troppo prezioso per andare sprecato, per non essere dedicato a chi lo ama, a prescindere dalla indifferenza della nostra politica e dai mille ostacoli da superare". Si è mai dovuta difendere? “Come potrebbe essere diversamente? Mi sono dovuta difendere nel teatro come nella vita, ho molta fiducia nelle persone, mi piace la diversità e adoro la libertà. Ho dovuto lottare per le mie idee, i miei propositi e le mie scelte. E naturalmente mi sono dovuta opporre a chi avrebbe voluto usare l’arma del ricatto per darmi quello che mi spettava. Non nego che mi piace essere vista come una bella donna, ma odio chi pensa che questo faccia rima con mancanza di cervello. Purtroppo devo ammettere che anche i templi della lirica non sono immuni dal vizio di molestie e pretese offensive a vario titolo. In poche parole quello che non sopporto è la prepotenza e la possessività di molte persone che negli anni mi è capitato di incontrare, lezione istruttiva che mi ha insegnato a evitarle".
La soprano Elena Rossi

La soprano Elena Rossi

Più eroina o più disarmata? Più santa o più audace? “Dico sempre che le persone sono fatte di tanti colori, io penso di averne moltissimi: l'importante è essere curiosi e cercare di esplorare la maggior parte delle tonalità che convivono in noi. Siamo terra e cielo, possiamo essere eroi ma anche schiavi, come apparire sante ed esseri audaci. Tutto questo dipende dal momento che viviamo, perciò forse per imparare a essere eroi bisogna prima essere schiavi e per apprendere la virtù bisogna aver frequentato il vizio. Insomma, quello che conta è l’esperienza e così soltanto vivendo impariamo a comprendere meglio cosa desideriamo essere. Nella quiete dell’anima, chiusi nell’assenza silenziosa dei pensieri, in stato meditativo ascoltiamo noi stessi con attenzione e allora scopriremo chi siamo".
Elena Rossi, cantante lirica originaria di Reggio Emilia

Elena Rossi, cantante lirica originaria di Reggio Emilia

Ci sono personaggi femminili delle opere che possono essere considerati esempio di coraggio e forza di resilienza? “Il primo personaggio che mi viene in mente è Tosca, donna innamorata in modo esclusivo e passionale, cantante pronta a preferire la morte piuttosto che cedere ai propri aguzzini. Ma donne meravigliose nell'opera ce ne sono moltissime, donne dotate di straordinaria energia interiore e di un temperamento talmente appassionato da non esitare a scegliere di dare la propria vita piuttosto che cedere. E che dire di Magda de ‘La Rondine’ di Puccini? E’ moderna, sfrontata quanto basta, un po’ femme fatale, indipendente fino al midollo, guarda dritto verso il futuro: consapevole del fatto che il presente è fuggevole e il passato solo motivo di nostalgia. Un personaggio contemporaneo che mi calza a pennello". Pensa che il "bel canto" riesca ancora a poter entrare nei cuori di ascoltatori contemporanei le cui orecchie sono abituate a ben altra musica? “Il cosiddetto ‘bel canto' non ha tempo ed è certamente ancora un linguaggio che può entrare nel cuore delle persone emozionandole. Il vero problema è semmai rappresentato dalla mancanza di un'adeguata educazione musicale nelle scuole che avvicini i giovani al teatro all'ascolto. La nostra società è ricchissima di proposte musicali, siamo bombardati ogni giorno da mille suoni di ogni genere, il risultato è che purtroppo non sappiamo più distinguere cosa è rumore e cosa è vera musica. Per questo forse avremmo tutti un po' più necessità di quel silenzio che guarda caso è musica".
Elena Rossi nei panni di Violetta ne "La Traviata" (Facebook)

Elena Rossi nei panni di Violetta ne "La Traviata" (Facebook)

Come concilia il suo ruolo di artista con quello di madre? E' una esperienza che fortifica o comporta rinunce? “Mi sono innamorata dell'opera e del teatro in quarta superiore, gli ultimi due anni li ho fatti mentre ero iscritta al conservatorio dove ho iniziato a frequentare la classe di canto, buttandomi a capofitto nello studio della musica. Lavoravo part-time per cercare di essere economicamente indipendente e nel frattempo studiavo, nella speranza di fare le prime audizioni nei teatri. Lo scopo massimo della mia vita era cantare, non avevo voglia di relazioni amorose o altri tipi di divertimento, l'unica cosa che in quel momento aveva valore per me era il teatro. Le cose non cambiarono neppure quando scoprii di essere in attesa Matilde, era il 2007. Continuai a viaggiare per teatri anche esteri e a esibirmi fino all'ottavo mese di gravidanza per riprendere dopo soli novanta giorni dalla nascita di mia figlia. Fu un evento accolto con grande gioia che ho considerato un’esperienza normalissima e non ho mai vissuto alla stregua di un ostacolo. Mi accorsi che tutto procedeva come sempre, con l’unica differenza di non essere più sola. Allattavo Mati in camerino tra una pausa e l'altra delle prove, aiutata da mia mamma che tante volte le faceva da babysitter e a cui non smetterò mai di dire grazie. Mia figlia ha iniziato a frequentare e respirare l’aria dei teatri da piccolissima, tanto che una volta usciti in strada canticchiava le arie o i passaggi dell'opera più orecchiabili. E’ incredibile quanto sviluppata sia la sensibilità musicale e l’attenzione nei bambini, cosa che a maggior ragione dovrebbe spingere a investire seriamente in questo maltrattato settore culturale. Oggi Matilde ha 15 anni, è una ragazza, e molte cose sono cambiate da quel lontano giorno della sua nascita. Questo è fatale: noto in me una profonda metamorfosi e tante priorità sono mutate, eppure la mia passione per il canto è un fuoco che rimarrà sempre acceso. Un amore che si unisce a quello altrettanto potente dell’essere madre, entrambi doni che fanno l’esistenza ricca e degna di essere vissuta".