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Home » Spettacolo » Venezia 79, “L’Immensità” è il racconto poetico dell’infanzia fluida di Emanuele Crialese

Venezia 79, “L’Immensità” è il racconto poetico dell’infanzia fluida di Emanuele Crialese

Il regista romano dirige Penelope Cruiz nel film autobiografico: "Riduttivo definirlo il mio coming out"

Barbara Berti
5 Settembre 2022
Il regista romano Emanuele Crialese alla Mostra del Cinema di Venezia (Ansa)

Il regista romano Emanuele Crialese alla Mostra del Cinema di Venezia (Ansa)

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“E’ il racconto della mia infanzia fluida”. Così il regista romano Emanuele Crialese (57 anni) parla del suo film “L’Immensità”, in concorso alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia. La pellicola (dal 15 settembre nelle sale) narra la storia di una famiglia che si trasferisce a Roma negli anni Settanta, una famiglia in cui l’amore è finito e nell’infelicità la madre (interpretata da Penelope Cruz) cresce tre figli, la maggiore delle quali rifiuta il suo nome e la sua identità sessuale: Adriana ha 12 anni e si fa chiamare Andrea (Luana Giuliani).

Il regista Emanuele Crialese e l'attrice Penelope Cruiz alla Mostra del Cinema di Venezia (Ansa)
Il regista Emanuele Crialese e l’attrice Penelope Cruiz alla Mostra del Cinema di Venezia (Ansa)

Si tratta di racconto autobiografico che Crialese inseguiva da sempre. “E’ una storia che mi riguarda molto da vicino, è la mia storia in chiave poetica, sarebbe riduttivo definirlo il mio coming out” dice il regista. E aggiunge: “Mi sono avvicinato al cinema forse per questo, ma se l’avessi fatto come primo film sarebbe stato pallosissimo, magari didascalico, sarebbe stata la storia di un poveraccio che vive la crisi di genere, invece ho aspettato: cose come queste bisogna riuscire a raccontarle quando si sa parlare”. D’altronde ci si può mettere una vita per raccontare come si è, “come sono sempre stato, non ho ricordi di me diversi da quelli, non sono scelte, bisogna solo credere in sé stessi come si è”.

Nel racconto poetico dell’infanzia, il regista ci tiene a sottolineare che “non c’è nessuna trasformazione o transizione, sarebbe una disinformazione”. Ma in quella memoria c’è una casa degli anni Settanta in uno dei quartieri in costruzione a Roma in quel periodo, “identica alla mia” e poi ci sono le dinamiche familiari, le gioie di ballare le canzoni di Raffaella Carrà, ma soprattutto i dolori. “Mia madre non sapeva dove sbattere la testa – dice ancora il regista senza nascondere la commozione – si nascondeva con me proprio come accade nel film, cercava di proteggermi, ma io soffrivo del dolore che le davo”.

Il cast del film "L'Immensità" (Ansa)
Il cast del film “L’Immensità” (Ansa)

Una sofferenza che è andata avanti fin quando Crialese non è riuscito a cambiare la “a” con la “e” nel suo nome, da Emanuela a Emanuele. “Ho dovuto lasciare un pezzo del mio corpo, il pegno che mi ha chiesto la società, sennò non avrei potuto cambiare nei documenti” spiega il regista. Anche se non lo specifica, Crialese si riferisce con ogni probabilità a una legge che in Italia è stata valida fino al 2015 e che prevedeva l’obbligo di sottoporsi a un’operazione chirurgica ai genitali (con la conseguenza della sterilizzazione) per le persone trans che volevano il riconoscimento legale del proprio genere.

“Io sono figlio del mio tempo, ora per fortuna i tempi sono cambiati, i bambini in questo sono grandi maestri, sanno usare le nuove parole, il gender fluid per esempio, e ci dicono ‘maschio – femmina sono categorie’, siamo quello che siamo, ossia esseri umani prima che definiti sessualmente. Oggi c’è un’altra società rispetto a quella in cui sono cresciuto io, ma bisogna sostenere le famiglie e non lasciarle sole come è stata mia madre all’epoca”.
E sulla madre del film, ovvero l’attrice spagnola Penelope Cruz, il regista la definisce “l’archetipo di donna e madre, è come la Penelope di Ulisse”. E aggiunge: “E’ stata generosissima, i ragazzi sul set la vedevano come una dea e lei giocava con loro: è stata una magia”. Sulla giovane interprete Luana Giuliani che rifiuta il nome Adriana ammette di aver “rivisto me stesso”.

L'attore Vincenzo Amato, il regista Emanuele Crialese e l'attrice Luana Giuliani (Ansa)
L’attore Vincenzo Amato, il regista Emanuele Crialese e l’attrice Luana Giuliani (Ansa)

Il rapporto madre-figlia è il cuore della storia, “forse perché i personaggi femminili sono quelli che mi interessano davvero, gli uomini invece sono una noia” dice il regista che ci tiene a ricordare che “non c’è film che non sia autobiografico”, citando altri suoi lavori precedenti, come “Terraferma” e “Nuovomondo”. “Ho sempre fatto film sulle migrazioni, sulle transizioni anche da un luogo all’altro” dice il regista che ritornando all’ultima opera conclude: “per tanto tempo ho pensato: prima o poi racconto questa storia autobiografica, sta lì, ti ossessiona, poi è arrivato il tempo e tutto è andato come doveva andare”.

 

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Un post condiviso da Penélope Cruz (@penelopecruzoficial)

Il ricordo di Raffaella Carrà

Raffaella Carrà è una sorta di nume tutelare del film “L’Immensità” di Crialese presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. “La scena del ballo sulle note di ‘Rumore’ che fa Penelope con i suoi ragazzi è stata girata il giorno in cui il produttore Mario Gianani è venuto a dirci che Raffaella, di cui aspettavamo una visita sul set, era morta, è stata una strana sincronia” racconta il regista. Anche Penelope Cruz, sull’emblematica scena in cui mamma e pargoli si scatenano su “Rumore”, dice: “Io sono pazza di Raffaella da sempre, cantavo le sue canzoni a squarciagola per tutta la mia famiglia, è stata una donna molto importante per me”.

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"Ve lo risparmio ragazzi, non è proprio il mio forte" ha risposto l
  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran

“E’ il racconto della mia infanzia fluida”. Così il regista romano Emanuele Crialese (57 anni) parla del suo film “L’Immensità”, in concorso alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia. La pellicola (dal 15 settembre nelle sale) narra la storia di una famiglia che si trasferisce a Roma negli anni Settanta, una famiglia in cui l'amore è finito e nell’infelicità la madre (interpretata da Penelope Cruz) cresce tre figli, la maggiore delle quali rifiuta il suo nome e la sua identità sessuale: Adriana ha 12 anni e si fa chiamare Andrea (Luana Giuliani).

Il regista Emanuele Crialese e l'attrice Penelope Cruiz alla Mostra del Cinema di Venezia (Ansa)
Il regista Emanuele Crialese e l'attrice Penelope Cruiz alla Mostra del Cinema di Venezia (Ansa)

Si tratta di racconto autobiografico che Crialese inseguiva da sempre. “E’ una storia che mi riguarda molto da vicino, è la mia storia in chiave poetica, sarebbe riduttivo definirlo il mio coming out” dice il regista. E aggiunge: “Mi sono avvicinato al cinema forse per questo, ma se l’avessi fatto come primo film sarebbe stato pallosissimo, magari didascalico, sarebbe stata la storia di un poveraccio che vive la crisi di genere, invece ho aspettato: cose come queste bisogna riuscire a raccontarle quando si sa parlare”. D’altronde ci si può mettere una vita per raccontare come si è, “come sono sempre stato, non ho ricordi di me diversi da quelli, non sono scelte, bisogna solo credere in sé stessi come si è”.

Nel racconto poetico dell’infanzia, il regista ci tiene a sottolineare che “non c'è nessuna trasformazione o transizione, sarebbe una disinformazione”. Ma in quella memoria c’è una casa degli anni Settanta in uno dei quartieri in costruzione a Roma in quel periodo, “identica alla mia” e poi ci sono le dinamiche familiari, le gioie di ballare le canzoni di Raffaella Carrà, ma soprattutto i dolori. “Mia madre non sapeva dove sbattere la testa – dice ancora il regista senza nascondere la commozione - si nascondeva con me proprio come accade nel film, cercava di proteggermi, ma io soffrivo del dolore che le davo”.

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Il cast del film "L'Immensità" (Ansa)

Una sofferenza che è andata avanti fin quando Crialese non è riuscito a cambiare la “a” con la “e” nel suo nome, da Emanuela a Emanuele. “Ho dovuto lasciare un pezzo del mio corpo, il pegno che mi ha chiesto la società, sennò non avrei potuto cambiare nei documenti” spiega il regista. Anche se non lo specifica, Crialese si riferisce con ogni probabilità a una legge che in Italia è stata valida fino al 2015 e che prevedeva l’obbligo di sottoporsi a un’operazione chirurgica ai genitali (con la conseguenza della sterilizzazione) per le persone trans che volevano il riconoscimento legale del proprio genere.

“Io sono figlio del mio tempo, ora per fortuna i tempi sono cambiati, i bambini in questo sono grandi maestri, sanno usare le nuove parole, il gender fluid per esempio, e ci dicono ‘maschio - femmina sono categorie’, siamo quello che siamo, ossia esseri umani prima che definiti sessualmente. Oggi c’è un'altra società rispetto a quella in cui sono cresciuto io, ma bisogna sostenere le famiglie e non lasciarle sole come è stata mia madre all'epoca”. E sulla madre del film, ovvero l’attrice spagnola Penelope Cruz, il regista la definisce “l’archetipo di donna e madre, è come la Penelope di Ulisse”. E aggiunge: “E’ stata generosissima, i ragazzi sul set la vedevano come una dea e lei giocava con loro: è stata una magia”. Sulla giovane interprete Luana Giuliani che rifiuta il nome Adriana ammette di aver “rivisto me stesso”.

L'attore Vincenzo Amato, il regista Emanuele Crialese e l'attrice Luana Giuliani (Ansa)
L'attore Vincenzo Amato, il regista Emanuele Crialese e l'attrice Luana Giuliani (Ansa)

Il rapporto madre-figlia è il cuore della storia, “forse perché i personaggi femminili sono quelli che mi interessano davvero, gli uomini invece sono una noia” dice il regista che ci tiene a ricordare che “non c’è film che non sia autobiografico”, citando altri suoi lavori precedenti, come “Terraferma” e “Nuovomondo”. “Ho sempre fatto film sulle migrazioni, sulle transizioni anche da un luogo all’altro” dice il regista che ritornando all’ultima opera conclude: “per tanto tempo ho pensato: prima o poi racconto questa storia autobiografica, sta lì, ti ossessiona, poi è arrivato il tempo e tutto è andato come doveva andare”.

 
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Il ricordo di Raffaella Carrà

Raffaella Carrà è una sorta di nume tutelare del film "L'Immensità" di Crialese presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. "La scena del ballo sulle note di ‘Rumore’ che fa Penelope con i suoi ragazzi è stata girata il giorno in cui il produttore Mario Gianani è venuto a dirci che Raffaella, di cui aspettavamo una visita sul set, era morta, è stata una strana sincronia” racconta il regista. Anche Penelope Cruz, sull’emblematica scena in cui mamma e pargoli si scatenano su “Rumore”, dice: “Io sono pazza di Raffaella da sempre, cantavo le sue canzoni a squarciagola per tutta la mia famiglia, è stata una donna molto importante per me”.

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