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Home » Spettacolo » Eugenio Finardi, l’eterno ribelle: “Con Euphonia cerco un senso interiore contro il malessere che viviamo”

Eugenio Finardi, l’eterno ribelle: “Con Euphonia cerco un senso interiore contro il malessere che viviamo”

Il cantautore milanese in un'inedita formazione a trio con i due musicisti con cui collabora da anni porta in tour il nuovo disco, nato durante il lockdown. Prima tappa questa sera al Teatro Politeama di Prato

Giovanni Ballerini
19 Febbraio 2023
Il trio di Euphonia Suite: Eugenio Finardi con Mirko Signorile e Raffaele Casarano

Il trio di Euphonia Suite: Eugenio Finardi con Mirko Signorile e Raffaele Casarano

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“Durante il periodo tormentato del lockdown volevo fare un’opera che fosse un balsamo per lo spirito ed è nato ‘Euphonia Suite‘, un percorso emozionale attraverso brani del mio repertorio che si abbandona a un flusso musicale, alla costante ricerca di un senso ulteriore ed interiore”. Un’esperienza sempre diversa, che supera la parola per arrivare a una trascendenza condivisa tra musicisti e pubblico. È questo il concetto alla base di “Euphonia”, l’ottimo album, pubblicato su Incipit Records e distribuito da Egea Music, già disponibile su cd, vinile e tutte le piattaforme streaming e download.
Il nuovo disco, come il tour, vede alla ribalta un ispirato Eugenio Finardi in trio e nasce dalla magica intesa che si è sviluppata con Mirko Signorile al pianoforte e Raffaele Casarano al sassofono. I due musicisti, che collaborano con Eugenio da più di dieci anni, esaltano questa riuscita rivisitazione in chiave acustica (e libera) di alcuni successi del raffinato cantautore milanese e altre perle di amici cantautori, come “Una notte in Italia” di Ivano Fossati.

Il tour domenica 19 febbraio, alle 21, sbarca al Teatro Politeama Pratese, il 18 marzo al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano, il 22 marzo all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 24 marzo al Cineteatro Gavazzeni di Seriate, il 31 marzo al Teatro di Varese, il 14 aprile all’Alexander Girardi Hall di Cortina d’Ampezzo, il 19 aprile al Teatro Colosseo di Torino.

Eugenio, con questo album taumaturgico cosa le interessa curare nei tempi che viviamo?
“Non c’è veramente bisogno di tutto il malessere che viviamo, anche perché la tecnologia ci ha portato a vivere il mondo in maniera completamente diversa. Da figli siamo diventati padri. Siamo gli dei sulla terra, possiamo decidere il fato degli animali, dei minerali, di quasi tutto, ma siamo ancora paleolitici nelle nostre emozioni. E, il ricorso alla clava non è veramente il massimo delle coincidenza temporali che avvertiamo”.

È mai stato vessato o bullizzato nella sua vita?
“Più che altro hanno cercato di omologarmi. È tutta la vita che mi ribello a questo. La verità è che io sono psichiatricamente un ribelle. Sono da sempre un bastian contrario, un polemista. Forse dipende dalla mia famiglia, dall’essere nato in due culture, quella italiana e quella americana, ma ho sempre vissuto due punti di vista, i due lati (anche quello assurdo) del problema. È un gioco dialettico, un po’ come a scacchi, ma l’ho vissuto più per il gusto di giocarmela che per sopraffare gli altri”.

“Euphonia Suite” il nuovo album di Eugenio Finardi, in trio con Mirko Signorile e Raffaele Casarano

Che ne pensa dell’ultimo Sanremo?
“Ti è chiesto molto per andare in televisione. Devi umiliarti o comunque c’è quasi sempre di mezzo una rinuncia alla propria dignità per apparire, per divertire, per non essere noioso. Il mio essere ribelle mi porta poi a non accettare di essere trattato, come diceva De André, come una santa reliquia. Mi sento uno normale che suona, che ha scritto e canta canzoni e penso la stessa cosa anche degli altri artisti. Se incontrassi Mick Jagger non mi sentirei a disagio, magari preferirei incontrare Keith Richard per parlare di chitarre, ma non c’è nessuno al mondo che mi fa perdere la favela”.

Si sente più ribelle forever o extraterrestre?
“Quando sono diventato famoso con ‘Musica ribelle’, poi con ‘Diesel’, che è stato un disco potentissimo, mi sono trovato a esibirmi anche al Parco Lambro. E, mentre fuori imperversava l’autonomia del ’77, l’arrivo dell’eroina e delle p 38, io scrissi ‘Extraterrestre’ che si ribellava a quello stato di cose. C’è chi allora la considerò una canzone escapista, un tradimento. Invece sosteneva che non si può scappare da se stessi. Anche andando su una lontana galassia quello che si è si rimane: se sei pirla, rimani un pirla anche nello spazio”.

Lei si diverte spesso a cambiare contesto?
“L’ho fatto spesso. Oltre che con un nuovo candido look quando lanciai ‘Extraterrestre’, in ‘Dal blu’, dopo canzoni rockissime ho fatto nell’anno della vittoria dei mondiali di calcio un disco triste e malinconico in onore di mia figlia down. Anche i rutilanti Ottanta, quando imperversava la Milano da bere, per me sono stati anni molto tristi, di crescita dura, anche perché non ero più con la Cramps, ma con la Fonit Cetra, una casa discografica di stato con i suoi tempi, le sue logiche”.

Il trio di Euphonia: Eugenio Finardi con Mirko Signorile e Raffaele Casarano

Quelle della musica leggera?
“Ho sempre odiato quel termine: la musica non deve essere leggera, ma bella o brutta. Io ho comunque un rispetto altissimo per tutta la musica. Del resto, mia zia, che era una pianista nata alla fine dell’800, ai suoi tempi considerava quella di Mozart musica da tè, quella seria era quella di Brahms, Chopin Schubert”.

Perché non ha messo nel disco “Musica ribelle”?
“Dal vivo ogni tanto la facciamo, come bis. Ma, ha un altro spirito: è un pezzo molto rock, con un altro tipo di intensità rispetto a quelli del disco. Ci sono tanti pezzi, come ‘Patrizia’, ‘Non è nel cuore’ che con questa formazione abbiamo deciso di non inserire nell’album. Avevamo chiaro che avremmo iniziato con ‘Voglio’, che parte con le parole: ‘Da piccoli ci hanno insegnato…’ e quindi con l’infanzia come prima cosa, mentre l’ultima è ‘Estraterrestre’ che dice ‘Voglio tornare per ricominciare’. I pezzi nel mezzo si sono trovati da soli. Il risultato è un percorso che sottolineava la circolarità, la sfericità del progetto. Anche se si può iniziare ad ascoltare ‘Euphonia’ da qualunque punto mantenendo inalterata la sua coerenza”.

Come si trova nella dimensione del trio?
“Benissimo, amo interloquire con i musicisti. È la cosa più bella: essere su un palco in grande sintonia con due musicisti che suonano con te, è un po’ come fare l’amore. Per me la musica è quello, non importa se acustica o elettrica. È un flusso blues, che con l’improvvisazione si eleva ancora di più. Mi piace la musica che trasporta, che porta via, amo il minimalismo, la musica ipnotica, il barocco di Scarlatti, la musica pre-romantica di Pergolesi. Anche in ‘Euphonia’ il trasporto è amplificato dal piacere di essere accanto a un sassofonista eccelso e a un pianoforte Steinway suonato divinamente con straordinarie improvvisazioni. Per poi tuffarsi in questo flusso di note col canto e nuotarci dentro. A 70 anni mi sono convinto di essere uno dei tre uccellini in copertina di ‘Euphonia’, un usignolo canterino dei caraibi che ha il nome scientifico di euphonia musica”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
"Durante il periodo tormentato del lockdown volevo fare un’opera che fosse un balsamo per lo spirito ed è nato 'Euphonia Suite', un percorso emozionale attraverso brani del mio repertorio che si abbandona a un flusso musicale, alla costante ricerca di un senso ulteriore ed interiore". Un’esperienza sempre diversa, che supera la parola per arrivare a una trascendenza condivisa tra musicisti e pubblico. È questo il concetto alla base di "Euphonia", l’ottimo album, pubblicato su Incipit Records e distribuito da Egea Music, già disponibile su cd, vinile e tutte le piattaforme streaming e download. Il nuovo disco, come il tour, vede alla ribalta un ispirato Eugenio Finardi in trio e nasce dalla magica intesa che si è sviluppata con Mirko Signorile al pianoforte e Raffaele Casarano al sassofono. I due musicisti, che collaborano con Eugenio da più di dieci anni, esaltano questa riuscita rivisitazione in chiave acustica (e libera) di alcuni successi del raffinato cantautore milanese e altre perle di amici cantautori, come "Una notte in Italia" di Ivano Fossati.

Il tour domenica 19 febbraio, alle 21, sbarca al Teatro Politeama Pratese, il 18 marzo al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano, il 22 marzo all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 24 marzo al Cineteatro Gavazzeni di Seriate, il 31 marzo al Teatro di Varese, il 14 aprile all’Alexander Girardi Hall di Cortina d’Ampezzo, il 19 aprile al Teatro Colosseo di Torino. Eugenio, con questo album taumaturgico cosa le interessa curare nei tempi che viviamo? "Non c’è veramente bisogno di tutto il malessere che viviamo, anche perché la tecnologia ci ha portato a vivere il mondo in maniera completamente diversa. Da figli siamo diventati padri. Siamo gli dei sulla terra, possiamo decidere il fato degli animali, dei minerali, di quasi tutto, ma siamo ancora paleolitici nelle nostre emozioni. E, il ricorso alla clava non è veramente il massimo delle coincidenza temporali che avvertiamo". È mai stato vessato o bullizzato nella sua vita? "Più che altro hanno cercato di omologarmi. È tutta la vita che mi ribello a questo. La verità è che io sono psichiatricamente un ribelle. Sono da sempre un bastian contrario, un polemista. Forse dipende dalla mia famiglia, dall’essere nato in due culture, quella italiana e quella americana, ma ho sempre vissuto due punti di vista, i due lati (anche quello assurdo) del problema. È un gioco dialettico, un po’ come a scacchi, ma l’ho vissuto più per il gusto di giocarmela che per sopraffare gli altri".
"Euphonia Suite" il nuovo album di Eugenio Finardi, in trio con Mirko Signorile e Raffaele Casarano
Che ne pensa dell’ultimo Sanremo? "Ti è chiesto molto per andare in televisione. Devi umiliarti o comunque c’è quasi sempre di mezzo una rinuncia alla propria dignità per apparire, per divertire, per non essere noioso. Il mio essere ribelle mi porta poi a non accettare di essere trattato, come diceva De André, come una santa reliquia. Mi sento uno normale che suona, che ha scritto e canta canzoni e penso la stessa cosa anche degli altri artisti. Se incontrassi Mick Jagger non mi sentirei a disagio, magari preferirei incontrare Keith Richard per parlare di chitarre, ma non c’è nessuno al mondo che mi fa perdere la favela". Si sente più ribelle forever o extraterrestre? "Quando sono diventato famoso con 'Musica ribelle', poi con 'Diesel', che è stato un disco potentissimo, mi sono trovato a esibirmi anche al Parco Lambro. E, mentre fuori imperversava l’autonomia del ’77, l’arrivo dell’eroina e delle p 38, io scrissi 'Extraterrestre' che si ribellava a quello stato di cose. C’è chi allora la considerò una canzone escapista, un tradimento. Invece sosteneva che non si può scappare da se stessi. Anche andando su una lontana galassia quello che si è si rimane: se sei pirla, rimani un pirla anche nello spazio". Lei si diverte spesso a cambiare contesto? "L’ho fatto spesso. Oltre che con un nuovo candido look quando lanciai 'Extraterrestre', in 'Dal blu', dopo canzoni rockissime ho fatto nell’anno della vittoria dei mondiali di calcio un disco triste e malinconico in onore di mia figlia down. Anche i rutilanti Ottanta, quando imperversava la Milano da bere, per me sono stati anni molto tristi, di crescita dura, anche perché non ero più con la Cramps, ma con la Fonit Cetra, una casa discografica di stato con i suoi tempi, le sue logiche".
Il trio di Euphonia: Eugenio Finardi con Mirko Signorile e Raffaele Casarano
Quelle della musica leggera? "Ho sempre odiato quel termine: la musica non deve essere leggera, ma bella o brutta. Io ho comunque un rispetto altissimo per tutta la musica. Del resto, mia zia, che era una pianista nata alla fine dell’800, ai suoi tempi considerava quella di Mozart musica da tè, quella seria era quella di Brahms, Chopin Schubert". Perché non ha messo nel disco "Musica ribelle"? "Dal vivo ogni tanto la facciamo, come bis. Ma, ha un altro spirito: è un pezzo molto rock, con un altro tipo di intensità rispetto a quelli del disco. Ci sono tanti pezzi, come 'Patrizia', 'Non è nel cuore' che con questa formazione abbiamo deciso di non inserire nell’album. Avevamo chiaro che avremmo iniziato con 'Voglio', che parte con le parole: 'Da piccoli ci hanno insegnato...' e quindi con l’infanzia come prima cosa, mentre l’ultima è 'Estraterrestre' che dice 'Voglio tornare per ricominciare'. I pezzi nel mezzo si sono trovati da soli. Il risultato è un percorso che sottolineava la circolarità, la sfericità del progetto. Anche se si può iniziare ad ascoltare 'Euphonia' da qualunque punto mantenendo inalterata la sua coerenza". Come si trova nella dimensione del trio? "Benissimo, amo interloquire con i musicisti. È la cosa più bella: essere su un palco in grande sintonia con due musicisti che suonano con te, è un po' come fare l’amore. Per me la musica è quello, non importa se acustica o elettrica. È un flusso blues, che con l’improvvisazione si eleva ancora di più. Mi piace la musica che trasporta, che porta via, amo il minimalismo, la musica ipnotica, il barocco di Scarlatti, la musica pre-romantica di Pergolesi. Anche in 'Euphonia' il trasporto è amplificato dal piacere di essere accanto a un sassofonista eccelso e a un pianoforte Steinway suonato divinamente con straordinarie improvvisazioni. Per poi tuffarsi in questo flusso di note col canto e nuotarci dentro. A 70 anni mi sono convinto di essere uno dei tre uccellini in copertina di 'Euphonia', un usignolo canterino dei caraibi che ha il nome scientifico di euphonia musica".
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