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Iran, eseguita la prima condanna a morte: "Altre trenta persone rischiano il patibolo"

Mohsen Shekari, 23 anni, è stato impiccato per "inimicizia contro Dio", colpevole di ''crimini di guerra'' per aver partecipato alle proteste. Intanto la polizia spara al volto e ai genitali delle donne

di MARIANNA GRAZI -
8 dicembre 2022
iran condanna morte

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Nel mondo cattolico, oggi, si festeggia l'Immacolata Concezione, un'importante ricorrenza in vista del Natale. Spostandoci, invece, nel panorama religioso islamico questo 8 dicembre segna invece il giorno della prima esecuzione di una condanna a morte in Iran per "inimicizia contro Dio". Da una parte all'altra del mondo si ha quindi a che fare con la fede, da un lato per celebrare l'avvento prossimo del Salvatore, dall'altro per giustiziare chi, invece, non avrebbe rispettato i dettami imposti dall'entità celeste. Se il paragone sembra forzato pensate però a Mohsen Shekari, 23 anni, che questa mattina, 8 dicembre 2022, è stato impiccato  dopo essere stato giudicato colpevole da un tribunale rivoluzionario iraniano, con l'accusa di essere un "rivoltoso" che il 25 settembre bloccò una strada principale a Teheran e ferì con un coltello un membro delle forze paramilitari Basij. Lo riferiscono i media statali, citati dalla Bbc. Pensate a quest'uomo che, per difendere la propria libertà, i diritti umani suoi e soprattutto di tante donne che si vedono private di qualsiasi tutela o possibilità di vita dignitosa, ha deciso di scendere in piazza, in strada, per protestare contro un regime oppressivo, che giustifica la sua autorità e tutte le sue azioni in nome di Dio. Le forze di sicurezza, dalle ultime notizie diffuse dai media internazionali, starebbero addirittura sparando da distanza ravvicinata alle donne durante le manifestazioni contro l'autorità, colpendole al volto, agli occhi, al petto e ai genitali, secondo medici e sanitari intervistati dal Guardian in tutto il Paese. I medici, che trattano i feriti in segreto per evitare l'arresto, hanno detto di aver notato che le donne spesso arrivano con ferite diverse rispetto agli uomini, colpiti da pallini di fucile nelle gambe, nelle natiche e nella schiena.

Donne iraniane ascoltano il presidente Raisi durante il Giorno dello Studente, mentre fuori continuano le proteste e la repressione

Le vittime, da quando Mahsa Amini è morta ed è scoppiata la rivolta civile, sfiorano quota 500, tra le quali anche decine e decine di minori. Ma Mohsen Shekari è il primo a subire una pena imposta dalla giustizia iraniana, per aver ferito "intenzionalmente" una guardia di sicurezza con un lungo coltello e bloccato una strada nella capitale. i funzionari governativi hanno rigettato il ricorso dell'avvocato del prigioniero, ritenendo che ''non sia né valido né giustificato'', in quanto ritengono che si sia reso colpevole di ''crimini di guerra''. La Corte Suprema dell'Iran - che ritiene che le azioni del manifestante siano state un "esempio di ipocrisia" - ha approvato la sentenza stamattina e le ha dato immediatamente esecuzione. I magistrati si sono basati su presunte dichiarazioni di testimoni dell'accaduto, i quali avrebbero assicurato che i presenti erano molto spaventati dalla presenza del manifestante armato. Inoltre, il portavoce del Dipartimento di Giustizia, Masoud Setayeshi, ha spiegato che per lo stesso reato altre undici persone, tra cui tre minorenni, sono state condannate a "lunghe pene detentive", secondo l'agenzia Isna. La magistratura iraniana, finora, ha annunciato che 11 persone sono state condannate a morte per le proteste iniziate a metà settembre dopo la morte mentre era sotto la custodia della polizia morale della 22enne di origine curda, arrestata per aver indossato il suo hijab "impropriamente". Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore di Iran Human Rights, che ha sede in Norvegia, ha twittato che le esecuzioni dei manifestanti inizieranno a verificarsi quotidianamente a meno che le autorità della Repubblica Islamica non siano messe di fronte a "rapide conseguenze pratiche a livello internazionale". Altri due giovani manifestanti iraniani, infatti, sono stati portati in isolamento, "dove i prigionieri vengono tenuti prima dell'esecuzione della pena di morte: Saman Seydi e Mohammad Boroghani". "Avevamo messo in guardia che in Iran, insieme ai morti nelle strade, ci sarebbero stati morti sul patibolo - afferma invece il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury -. Un'altra trentina rischiano l'impiccagione. Cosa attende la comunità internazionale, compreso il governo italiano, a esprimere il massimo della protesta?".

Il presidente Ebrahim Raisi parla agli allievi di un'università durante lo "Student Day"

Le proteste guidate dalle donne si sono estese a 160 città in tutte le 31 province del Paese e sono viste come una delle sfide più serie per la Repubblica islamica dalla rivoluzione del 1979. I leader iraniani le hanno descritte come "rivolte" istigate dai nemici stranieri alla Repubblica, ordinando alle forze di sicurezza di "affrontarle con decisione". Finora, almeno 475 manifestanti sono stati uccisi e 18.240 sono stati arrestati, secondo l'agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani Hrana che ha anche riferito la morte di 61 membri del personale di sicurezza. Il popolo dell'Iran non si fa ingannare dagli "slogan sulla libertà", ribatte però il presidente iraniano Ebrahim Raisi, come riporta Irna. "Coloro che tentano di seminare discordia tra le persone con belle parole devono essere identificati", ha aggiunto Raisi, in riferimento agli slogan utilizzati nelle proteste che da quasi tre mesi si susseguono nel Paese.