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Iran, il pluripremiato regista Jafar Panahi inizia lo sciopero della fame in carcere

Detenuto nella prigione di Evin, è considerato un oppositore del regime. Il suo gesto contro il trattamento "illegale e disumano" delle autorità

di GIOVANNI BOGANI -
2 febbraio 2023
Il regista iraniano Jafar Panahi (Instagram)

Il regista iraniano Jafar Panahi (Instagram)

Il regista iraniano Jafar Panahi, uno dei registi più premiati e più conosciuti al mondo, vincitore dell’Orso d’oro a Berlino, del Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia, e l’anno scorso del Premio speciale della giuria a Venezia, ha iniziato lo sciopero della fame nella prigione di Evin, a Teheran, in cui è detenuto. Lo hanno annunciato la moglie Tahereh Saeedi, e il figlio Panah Panahi, che hanno condiviso sui propri account Instagram una dichiarazione del regista, che spiega le ragioni della sua decisione.
 
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Un post condiviso da Tahereh saeedi (@taherehsaidii)

  "Lo scorso 20 luglio, in segno di protesta contro l’arresto di due dei nostri amati colleghi, Mohammad Rasulof e Mostafa Al-Ahmad, ci siamo riuniti con altri filmmakers davanti ala prigione di Evin - scrive Jafar Panahi -. Insieme agli avvocati dei nostri colleghi detenuti. Eravamo entrati nel cortile della prigione e stavamo parlando pacificamente con le autorità, quando un agente è arrivato e mi ha portato davanti a un giudice. Il quale mi ha detto, senza preamboli: ‘La cercavamo dappertutto, la troviamo qui. Lei è in arresto’". La dichiarazione di Panahi si conclude così: "Oggi, come molte persone intrappolate in Iran, non ho scelta se non protestare contro questo trattamento disumano con ciò che ho di più caro in mio possesso: la mia vita. Perciò, ho iniziato uno sciopero della fame e rifiuterò di mangiare o bere qualsiasi cibo e qualsiasi medicina fino al momento della mia liberazione. Rimarrò in questo stato fino, forse, a quando il mio corpo senza vita sarà portato via dalla prigione. Con amore per l'Iran e per la gente della mia terra, Jafar Panahi". Panahi è stato arrestato per una vecchia condanna, non eseguita per più di undici anni. E secondo la legge, spiega Panahi, una condanna non eseguita per oltre dieci anni cade in prescrizione. "Perciò, questo arresto ha più l’aspetto di una presa in ostaggio che dell’esecuzione di una sentenza". Gli avvocati di Panahi hanno portato il caso alla Corte suprema iraniana. "Grazie al loro intervento, il caso è stato rinviato, e io, secondo le leggi, avrei dovuto essere immediatamente rilasciato su cauzione. Cosa che non è avvenuta. Sono stato tenuto in prigione, con ripetute scuse" scrive il regista. "Sono passati mesi dal mio arresto: mentre abbiamo visto che bastano meno di trenta giorni dall’arresto per impiccare la gioventù innocente del mio paese", scrive Panahi, con riferimento ai processi sommari e alle impiccagioni di giovanissimi manifestanti.
Jafar Panahi, il regista iraniano pluripremiato arrestato l'11 luglio scorso, dopo aver chiesto informazioni sull'arresto di un altro regista iraniano, Mohammad Rasoulof (Ansa)

Jafar Panahi, il regista iraniano pluripremiato arrestato l'11 luglio scorso, dopo aver chiesto informazioni sull'arresto di un altro regista iraniano, Mohammad Rasoulof (Ansa)

Sono diciassette le pene capitali comminate dall’inizio delle proteste in Iran, scoppiate a settembre dopo la morte di Mahsa Amini, la ragazza curda di 22 anni massacrata a morte dalla polizia morale per la colpa di avere indossato male l’hijab. Quattro di queste condanne sono state già eseguite. Si trattava di giovani fra i 20 e i 23 anni. Due di loro, Mahdi Karami e Seyed Mohammad Hosseini, sono stati impiccati all’inizio di gennaio, dopo un processo che Amnesty International ha definito "una farsa". La famiglia di Karami, 22 anni, afferma che non gli è stato permesso di incontrarlo prima che fosse impiccato.
Jafar Panahi in una scena del film "Gli orsi non esistono"

Jafar Panahi in una scena del film "Gli orsi non esistono"

Jafar Panahi, 62 anni, è conosciuto in tutto il mondo per opere premiate come "Il cerchio", Leone d’oro a Venezia nel 2000, "Offside", Orso d’argento a Berlino nel 2006. E recentemente, con "Gli orsi non esistono" ha vinto il Premio speciale della giuria a Venezia nel settembre scorso. Lui non c’era. Era già nel mirino del regime iraniano. Panahi è da anni in conflitto con il governo iraniano. Nel dicembre 2010 era stato arrestato per "propaganda contro il governo", e condannato nel dicembre 2010 a sei anni di prigione e al divieto assoluto, per vent’anni, di dirigere film e di concedere interviste. Il 4 gennaio le autorità iraniane hanno rilasciato Taraneh Alidoosti, l’attrice del film premio Oscar "Il cliente" di Ashgar Farhadi, dopo averla tenuta tre settimane in carcere, per aver criticato la repressione delle proteste operata dal regime iraniano. Il carcere di Evin, dove è rinchiuso Jafar Panahi, è tristemente famoso per l’efferatezza del trattamento verso i prigionieri. Lo scorso anno sono emersi sedici video che contenevano scioccanti prove dei pestaggi, del diniego di cure mediche e delle molestie sessuali che hanno luogo in quel carcere. La blogger italiana Alessia Piperno, che vi è stata detenuta per 43 giorni, descrive quel carcere "un angolo di inferno". Scrive in un suo post su Instagram: "Non avevamo fatto nulla per meritarci di essere rinchiusi tra quelle mura, e non posso negare che siano stati i giorni più duri della mia vita. Ho visto, subito e sentito cose, che non dimenticherò mai".