Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Evento 2022
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Evento 2022
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Spettacolo » Julia Roberts: “Martin Luther King pagò il conto l’ospedale quando nacqui”

Julia Roberts: “Martin Luther King pagò il conto l’ospedale quando nacqui”

Il premio Nobel e la moglie Coretta erano amici dei genitori dell'attrice: "Ci aiutarono a uscire da una situazione difficile"

Barbara Berti
1 Novembre 2022
L'attrice Premio Oscar, Julia Roberts (Instagram)

L'attrice Premio Oscar, Julia Roberts (Instagram)

Share on FacebookShare on Twitter

“Martin Luther King pagò l’ospedale quando nacqui”. A rivelarlo è Julia Roberts (55 anni), attrice e produttrice, attualmente protagonista, insieme a George Clooney, di “Ticket to Paradise”, commedia romantica e brillante, diretta da Ol Parker.

L'attrice Premio Oscar, Julia Roberts (Instagram)
L’attrice Premio Oscar, Julia Roberts (Instagram)

L’aneddoto finora sconosciuto, che collega alle origini il padre dei diritti civili con l’attrice premio Oscar (per il film “Erin Brockovich – Forte come la verità” di Steven Soderbergh, basato su una storia vera, dove interpreta la parte dell’attivista statunitense alle prese con una battaglia legale contro la Pacific Gas and Electric Company, società responsabile della contaminazione delle falde acquifere di una cittadina californiana, causa dei tumori della popolazione) è stato svelato dalla stessa Roberts in un’intervista “A+E” e “History Channel” ma che era passato totalmente inosservato fino a quando un utente di Twitter, qualche giorno, fa l’ha rilanciata sulla piattaforma di microblogging rendendola rapidamente virale.

L'attrice Julia Roberts (Instagram-Ansa)
L’attrice Julia Roberts (Instagram-Ansa)

“La famiglia King pagò il mio conto di ospedale” sono le parole della diva di Hollywood, ammettendo così che i suoi genitori erano amici di Martin Luther King e la moglie Coretta perché gestivano una scuola di teatro ad Atlanta, la “Roberts’s Actors and Writers Academy”, che all’epoca era una delle poche, se non l’unica scuola del Sud segregato disponibile ad accogliere i figli del (futuro) Premio Nobel per la pace. Così quando, alla nascita di Julia, i Roberts si trovarono in cattive acque economiche e non avevano i soldi per pagare il conto dell’ospedale, fu la famiglia King ad intervenire. “Erano amici e ci aiutarono a uscire da un pasticcio”, ha detto la star di “Pretty Woman”.

"La famiglia King ha pagato le mie spese ospedaliere": la rivelazione di Julia Roberts (Instagram)
“La famiglia King ha pagato le mie spese ospedaliere”: la rivelazione di Julia Roberts (Instagram)

L’attrice divenne poi amica di Yolanda King, la maggiore dei figli della famiglia King, morta nel 2007 per complicazioni cardiache. Yolanda aveva recitato in una produzione dei genitori della Roberts in cui aveva baciato un attore bianco provocando un attentato del Ku Klux Klan fuori dal teatro.

I legami con la famiglia King aiutano a spiegare le ferme prese di posizione della Roberts contro il razzismo: celebre l’episodio del 1990, quando l’attrice, dopo aver girato “Pretty Woman”, era sul punto di sfondare a Hollywood. La futura diva finì nei guai per aver definito “orribilmente razzista” la cittadina di Abbeville in South Carolina dove aveva appena girato “Sleeping with the Enemy” e dove un suo amico di colore si era visto mettere alla porta da un bar. La città non la prese bene e acquistò una pagina intera di “Variety” per accusare di “bassezza” la giovane attrice.

Potrebbe interessarti anche

Lazio, da febbraio pillola anticoncezionale gratis nei consultori
Attualità

Pillola anticoncezionale gratuita nei consultori del Lazio. La ginecologa: “Passo verso le donne”

24 Gennaio 2023
La modella russa Irina Shayk con l'abito 'incriminato' (Instagram)
Lifestyle

Sfilata di Schiaparelli, la modella Irina Shayk e l’associazione Peta in difesa dello stilista

24 Gennaio 2023
Il pugile Chris Eubank Jr. (Instagram)
Sport

Il pugile Chris Eubank Jr. indossa la fascia arcobaleno: “Lo sport deve essere inclusivo”

24 Gennaio 2023

Instagram

  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
  • La tolleranza, l’inclusione e il rispetto svaniscono nel momento in cui ci si mette davanti alla tastiera di un computer. Gli haters non sono spariti né accennano a diminuire. Esistono, sono molti più di prima, attaccano e anzi rilanciano. Oltre lo schermo, sono le donne soprattutto, e poi le persone con disabilità e le persone omosessuali, a essere i destinatari di insulti e offese di ogni tipo.

È questo il triste podio che ci consegna la ricerca condotta da Vox, Osservatorio italiano sui diritti, che ha fotografato l’odio via social, in particolare attraverso l’esame dei tweet. E le cose non vanno meglio rispetto all’anno precedente, anzi. Dalla settima edizione di questa ricerca è emerso infatti che nel 2022, da gennaio a ottobre, sono stati estratti quasi 630mila tweet, 583mila dei quali negativi, pari al 93% del totale, mentre invece l’anno prima i tweet presi in esame erano stati poco più di 797mila, 550mila dei quali erano negativi, cioè il 69% del totale.

Le donne si confermano essere il bersaglio numero uno, seguite appunto dalle persone con disabilità e dalle persone omosessuali, tornate nuovamente al centro del mirino, e non solo di quello che fa riferimento all’hate speech.

Oltre agli onnipresenti atteggiamenti di body shaming, molti attacchi hanno avuto come contenuto la competenza e la professionalità delle donne stesse. E, dunque, è il lavoro delle donne a emergere anche quest’anno quale co-fattore scatenante lo hate speech misogino, a conferma di una tendenza già rilevata lo scorso anno. Quanto alle persone con disabilità, risultata la seconda categoria più colpita.

Per quanto concerne invece gli stranieri e i migranti, la categoria sociale con una percentuale più alta di incremento di tweet negativi all’interno del cluster rispetto al 2021. Anche qui, va sottolineata la forte attenzione mediatica che si accende sugli sbarchi dei migranti e sulla situazione dei profughi provenienti dall’Ucraina, nonché dal contesto politico italiano e dalla sua relazione con l’Unione europea circa la gestione della situazione migratoria.

📲Come difendersi? Qual è la cura contro l
  • “Sesso. Libertà. Uguaglianza. Amore in tutti i sensi. E tutti a tavola!”. È il messaggio che Rosa Chemical, all’anagrafe Manuel Franco Rocati, porta a Sanremo 2023 per quello che sarà il suo esordio al festival con il brano “Made in Italy”.

Il rapper classe 1998, arriva da debuttante, ma con una storia già ben definita alle spalle. Poliedrico, eclettico, difficilmente etichettabile, ha dato sfogo alla sua creatività non solo a livello musicale – con influenze che spaziano dall’hiphop alla trap all’elettronica -, ma lavorando anche come modello per Gucci, come art and creative director e dedicandosi anche alla scrittura di videoclip. 

Nel 2019 ha pubblicato “Forever”, il suo primo album, che è stato certificato disco d’oro, da lì una serie di collaborazioni che lo hanno portato anche ad affiancare Tananai l’anno scorso nella serata cover del Festival.

“Molto spesso sono giudicato perché diverso, ma dal diverso bisogna imparare, assorbire. In Italia invece ciò che è diverso è giudicato. E io da diverso in passato mi sono sentito sbagliato” racconta Rosa Chemical. 

Non a caso, a Sanremo, il 25enne paladino della libertà di essere se stessi senza farsi condizionare dalle norme della società, arriva con il brano “Made in Italy” e un obiettivo ben preciso: “portare un messaggio di libertà contro ogni tipo di discriminazione, per promuovere l’uguaglianza e il rispetto. Cerco di creare dibattito: sono sempre pronto a spiegare il mio punto di vista, ma se non c’è apertura mentale non mi sento di dover dire nulla”.

Il brano “È piedi, con cui calpestare ciò che è generalista e che chiude tutto dentro una gabbia fatta di tabù. ‘Made in Italy vuole’ liberarci dalle censure, dagli stereotipi e dal politicamente corretto”. 

Come il titolo e la copertina, anche il testo è provocatorio e racchiude al suo interno tutta l’essenza e l’irriverenza prorompente di Rosa Chemical perché parla in maniera sfrontata di temi ancora oggi considerati tabù come il sesso, la fluidità e il poliamore. 

“Non c’è cosa più ‘Made in Italy’ del Festival di Sanremo. Non vedo l’ora di salire su quel palco”.

#lucenews #sanremo2023 #rosachemical
“Martin Luther King pagò l’ospedale quando nacqui”. A rivelarlo è Julia Roberts (55 anni), attrice e produttrice, attualmente protagonista, insieme a George Clooney, di “Ticket to Paradise”, commedia romantica e brillante, diretta da Ol Parker.
L'attrice Premio Oscar, Julia Roberts (Instagram)
L'attrice Premio Oscar, Julia Roberts (Instagram)
L’aneddoto finora sconosciuto, che collega alle origini il padre dei diritti civili con l’attrice premio Oscar (per il film “Erin Brockovich - Forte come la verità” di Steven Soderbergh, basato su una storia vera, dove interpreta la parte dell'attivista statunitense alle prese con una battaglia legale contro la Pacific Gas and Electric Company, società responsabile della contaminazione delle falde acquifere di una cittadina californiana, causa dei tumori della popolazione) è stato svelato dalla stessa Roberts in un’intervista “A+E” e “History Channel” ma che era passato totalmente inosservato fino a quando un utente di Twitter, qualche giorno, fa l’ha rilanciata sulla piattaforma di microblogging rendendola rapidamente virale.
L'attrice Julia Roberts (Instagram-Ansa)
L'attrice Julia Roberts (Instagram-Ansa)
“La famiglia King pagò il mio conto di ospedale” sono le parole della diva di Hollywood, ammettendo così che i suoi genitori erano amici di Martin Luther King e la moglie Coretta perché gestivano una scuola di teatro ad Atlanta, la “Roberts’s Actors and Writers Academy”, che all’epoca era una delle poche, se non l'unica scuola del Sud segregato disponibile ad accogliere i figli del (futuro) Premio Nobel per la pace. Così quando, alla nascita di Julia, i Roberts si trovarono in cattive acque economiche e non avevano i soldi per pagare il conto dell’ospedale, fu la famiglia King ad intervenire. “Erano amici e ci aiutarono a uscire da un pasticcio”, ha detto la star di “Pretty Woman”.
"La famiglia King ha pagato le mie spese ospedaliere": la rivelazione di Julia Roberts (Instagram)
"La famiglia King ha pagato le mie spese ospedaliere": la rivelazione di Julia Roberts (Instagram)
L’attrice divenne poi amica di Yolanda King, la maggiore dei figli della famiglia King, morta nel 2007 per complicazioni cardiache. Yolanda aveva recitato in una produzione dei genitori della Roberts in cui aveva baciato un attore bianco provocando un attentato del Ku Klux Klan fuori dal teatro. I legami con la famiglia King aiutano a spiegare le ferme prese di posizione della Roberts contro il razzismo: celebre l'episodio del 1990, quando l’attrice, dopo aver girato “Pretty Woman”, era sul punto di sfondare a Hollywood. La futura diva finì nei guai per aver definito “orribilmente razzista” la cittadina di Abbeville in South Carolina dove aveva appena girato “Sleeping with the Enemy” e dove un suo amico di colore si era visto mettere alla porta da un bar. La città non la prese bene e acquistò una pagina intera di “Variety” per accusare di “bassezza” la giovane attrice.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • Evento 2022

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2021 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto