Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Spettacolo » Kristen Stewart si unisce alla protesta “Donne, vita, libertà” contro il regime iraniano

Kristen Stewart si unisce alla protesta “Donne, vita, libertà” contro il regime iraniano

L'attrice americana al Festival Internazionale del Cinema di Berlino: "Che vi piaccia o no, questo evento è storicamente conflittuale e politico

Marianna Grazi
19 Febbraio 2023
Kristen Stewart presidente di giuria alla Berlinale

Kristen Stewart presidente di giuria alla Berlinale

Share on FacebookShare on Twitter

Le proteste del popolo iraniano contro il regime sono un tema che esula il semplice ambito politico e che è entrato ormai a pieno diritto nel dibattito pubblico. Come accaduto con la guerra in Ucraina, così come, prima ancora, per il ritorno dei talebani in Afghanistan. Accadimenti che non possono lasciarci indifferenti, nemmeno quando si parla di spettacolo, settore apparentemente lontano da questi argomenti, ma che invece su quello che accade fuori dal set dimostra una sensibilità spiccata.

La protesta per i diritti umani in Iran alla Berlinale

Attrici e registe sul red carpet del festival del cinema di Berlino manifestano per i diritti umani in Iran con lo slogan “Donna, vita, libertà”

In questo contesto si colloca la presa di posizione dell’attrice americana Kristen Stewart a favore dei diritti umani in Iran durante il Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2023. Come riporta Variety, sabato 18 febbraio sul tappeto rosso della kermesse tedesca, la candidata all’Oscar, 32 anni, quest’anno presidente della giuria alla Berlinale, si è unita a registi e attori iraniani in una manifestazione contro il regime repressivo del Paese con lo slogan “Donne, vita, libertà“. Il gruppo di professionisti del settore cinematografico reggeva cartelli con la scritta, diventata un grido di battaglia per gli attivisti antigovernativi per i diritti umani che da settembre protestano in tutto il mondo. La Stewart si è unita alla direttrice esecutiva della Berlinale Mariëtte Rissenbeck e al direttore artistico Carlo Chatrian, nonché al collega membro della giuria e star irano-americana di “The Siren”, Golshifteh Farahani. Anche la regista del film, Sepideh Farsi, e l’attrice di “Holy Spider”, Zar Amir Ebrahimi, hanno partecipato alla dimostrazione silenziosa di sabato in vista della prima di “Bai Ta Zhi Guang” (“The Shadowless Tower”) di Zhang Lü.

Il ruolo del cinema e degli artisti nella rivolta

Farsi ed Ebrahimi hanno anche partecipato al panel “Il ruolo del cinema e delle arti nella rivoluzione iraniana” prima della manifestazione. Stando a quanto si legge su The Hollywood Reporter, inoltre, poiché nel corso degli anni il festival del cinema di Berlino è diventato un fulcro per molte questioni sociali e politiche, il gala di apertura di giovedì ha reso omaggio anche al popolo ucraino nel contesto dell’invasione in corso da parte della Russia. Nel frattempo, sul tappeto rosso si sono svolte alcune manifestazioni a favore dei diritti delle donne in Iran, del cambiamento climatico e di salari equi per i lavoratori dei cinema tedesco. “Che vi piaccia o no, questo festival in particolare, da sempre, è in modo positivo, conflittuale e politico“, ha detto Stewart alla conferenza stampa di apertura.

Kristen Stewart ha indossato un abito bianco in tulle per l’inaugurazione del festival, dove si è schierata apertamente a favore delle proteste in Iran

Ebrahimi, nata a Teheran e costretta a fuggire dall’Iran nel 2008, ha dichiarato che la comunità di registi che ancora risiede nel Paese sta diventando sempre più coraggiosa nello sfidare il governo iraniano integralista: “Hanno semplicemente abbandonato le loro paure. Vogliono far parte di qualcosa di importante”, ha detto alla giuria. “Vogliono fare qualcosa senza censura, senza il controllo del governo, e ciò comporta rischi per le loro carriere in Iran e può costare loro la vita“. “Abbiamo sempre discusso su quale dovesse essere il nostro ruolo nel cinema – ha concluso l’attrice –. Non siamo attivisti. Non siamo politici. Ma questo è un atto importante come regista”.

Le richieste al governo iraniano

Le proteste nella Repubblica Islamica sono scoppiate in varie città del Paese, per poi diffondersi in tutto il mondo, da settembre, quando Mahsa Amini, ragazza curda di 22 anni, è stata arrestata dalla polizia morale del Paese per non essersi coperta correttamente i capelli in pubblico con il velo, come richiesto dalla legge. È morta sotto la custodia della polizia tre giorni dopo. Sul red carpet della Berlinale, sabato, sono apparsi cartelli con le foto delle giornaliste iraniane Niloofar Hamedi ed Elaheh Mohammadi, arrestate per aver raccontato la morte della 22enne. I manifestanti hanno anche chiesto il rilascio dell’artista dissidente Toomaj Salehi, ballerino di hip hop iraniano, accusato di diffondere propaganda e che potrebbe rischiare la pena di morte.

Potrebbe interessarti anche

Chiara Sommi al concerto dei Maneskin di Torino (Facebook)
Lifestyle

Maneskin, disabile al concerto: “Pensati in transenna”

20 Marzo 2023
La Comunicazione Aumentativa Alternativa è ancora poco diffusa nelle scuole italiane
Attualità

Disabilità comunicative, parte “Popy on the Road”

24 Marzo 2023
"Fa' la cosa giusta!" dal 24 al 26 marzo a Milano
Lifestyle

Fa’ la cosa giusta!, donne sempre più protagoniste

24 Marzo 2023

Instagram

  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Le proteste del popolo iraniano contro il regime sono un tema che esula il semplice ambito politico e che è entrato ormai a pieno diritto nel dibattito pubblico. Come accaduto con la guerra in Ucraina, così come, prima ancora, per il ritorno dei talebani in Afghanistan. Accadimenti che non possono lasciarci indifferenti, nemmeno quando si parla di spettacolo, settore apparentemente lontano da questi argomenti, ma che invece su quello che accade fuori dal set dimostra una sensibilità spiccata.

La protesta per i diritti umani in Iran alla Berlinale

Attrici e registe sul red carpet del festival del cinema di Berlino manifestano per i diritti umani in Iran con lo slogan "Donna, vita, libertà"
In questo contesto si colloca la presa di posizione dell'attrice americana Kristen Stewart a favore dei diritti umani in Iran durante il Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2023. Come riporta Variety, sabato 18 febbraio sul tappeto rosso della kermesse tedesca, la candidata all'Oscar, 32 anni, quest'anno presidente della giuria alla Berlinale, si è unita a registi e attori iraniani in una manifestazione contro il regime repressivo del Paese con lo slogan "Donne, vita, libertà". Il gruppo di professionisti del settore cinematografico reggeva cartelli con la scritta, diventata un grido di battaglia per gli attivisti antigovernativi per i diritti umani che da settembre protestano in tutto il mondo. La Stewart si è unita alla direttrice esecutiva della Berlinale Mariëtte Rissenbeck e al direttore artistico Carlo Chatrian, nonché al collega membro della giuria e star irano-americana di "The Siren", Golshifteh Farahani. Anche la regista del film, Sepideh Farsi, e l'attrice di "Holy Spider", Zar Amir Ebrahimi, hanno partecipato alla dimostrazione silenziosa di sabato in vista della prima di "Bai Ta Zhi Guang" ("The Shadowless Tower") di Zhang Lü.

Il ruolo del cinema e degli artisti nella rivolta

Farsi ed Ebrahimi hanno anche partecipato al panel "Il ruolo del cinema e delle arti nella rivoluzione iraniana" prima della manifestazione. Stando a quanto si legge su The Hollywood Reporter, inoltre, poiché nel corso degli anni il festival del cinema di Berlino è diventato un fulcro per molte questioni sociali e politiche, il gala di apertura di giovedì ha reso omaggio anche al popolo ucraino nel contesto dell'invasione in corso da parte della Russia. Nel frattempo, sul tappeto rosso si sono svolte alcune manifestazioni a favore dei diritti delle donne in Iran, del cambiamento climatico e di salari equi per i lavoratori dei cinema tedesco. "Che vi piaccia o no, questo festival in particolare, da sempre, è in modo positivo, conflittuale e politico", ha detto Stewart alla conferenza stampa di apertura.
Kristen Stewart ha indossato un abito bianco in tulle per l'inaugurazione del festival, dove si è schierata apertamente a favore delle proteste in Iran
Ebrahimi, nata a Teheran e costretta a fuggire dall'Iran nel 2008, ha dichiarato che la comunità di registi che ancora risiede nel Paese sta diventando sempre più coraggiosa nello sfidare il governo iraniano integralista: "Hanno semplicemente abbandonato le loro paure. Vogliono far parte di qualcosa di importante", ha detto alla giuria. "Vogliono fare qualcosa senza censura, senza il controllo del governo, e ciò comporta rischi per le loro carriere in Iran e può costare loro la vita". "Abbiamo sempre discusso su quale dovesse essere il nostro ruolo nel cinema – ha concluso l'attrice –. Non siamo attivisti. Non siamo politici. Ma questo è un atto importante come regista".

Le richieste al governo iraniano

Le proteste nella Repubblica Islamica sono scoppiate in varie città del Paese, per poi diffondersi in tutto il mondo, da settembre, quando Mahsa Amini, ragazza curda di 22 anni, è stata arrestata dalla polizia morale del Paese per non essersi coperta correttamente i capelli in pubblico con il velo, come richiesto dalla legge. È morta sotto la custodia della polizia tre giorni dopo. Sul red carpet della Berlinale, sabato, sono apparsi cartelli con le foto delle giornaliste iraniane Niloofar Hamedi ed Elaheh Mohammadi, arrestate per aver raccontato la morte della 22enne. I manifestanti hanno anche chiesto il rilascio dell'artista dissidente Toomaj Salehi, ballerino di hip hop iraniano, accusato di diffondere propaganda e che potrebbe rischiare la pena di morte.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto