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L'altra Luna, al cinema una delicata storia d'amore a Sarajevo

di BARBARA BERTI -
23 giugno 2022
Un'immagine del film "L'altra luna"

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Quando l'amore va oltre i pregiudizi e i soprusi: ecco il film "L'altra Luna", nelle sale dal 16 giugno, distribuito da Hurricane e Stemo Production, per la regia di Carlo Chiaramonte, e interpretato da Luna Mijović, Tania Bambaci, Matteo Silvestri, Armin Omerović e Maja Jurić. Girato tra Roma e Sarajevo, il film è prodotto da Stemo Production in associazione con Xenon Servizi e Seven Dreams, in collaborazione con Rai Cinema, sceneggiato dal regista con Carla Scicchitano, Elma Tataragić e Asja Krsmanović e si avvale della direzione della fotografia di Beppe Gallo, delle scenografie di Marco Dentici, delle musiche originali di Antonino&Luca Chiaramonte e del montaggio di Annalisa Schillaci (recentemente vincitrice del David di Donatello).
Un'immagine del film "L'altra luna"

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L'altra luna, la trama del film

E' la storia di un amore tra due ragazze ma anche un focus sulla visione dell’omosessualità nei territori sotto la Bosnia-Erzegovina: una condizione non accettata, in un Paese ancora lontano da una visione occidentale della questione e capace di arrivare a forti violenze verso la persona omosessuale per spingerla fuori dalla comunità cittadina o dallo Stato bosniaco. Le protagoniste sono Luna (l’attrice Luna Zimic Mijovic) e Martina (col volto di Tania Bambaci): per entrambe è la prima esperienza lesbo. Una relazione che però vive duplici ostacoli, non solo legati al contesto bosniaco ma anche alla vita della stessa Luna. Infatti, Luna è una ragazza di Sarajevo, all'ultimo anno di studi all'Università di Sarajevo, in procinto di sposarsi col fidanzato di lunga data, Haris, un giovane proveniente da una famiglia potente che lavora presso lo studio del padre, il più importante avvocato d’affari del paese. Il padre di Luna, Saša, è un importante chirurgo di origine serba mentre la madre, Amela, è di famiglia musulmana ma non praticante. Luna ha un fratello minore, Nermin, adolescente problematico, razzista e xenofobo. Nermin è in forte conflitto con i genitori e frequenta un giro poco raccomandabile di teppisti di strada, coinvolti in aggressioni ai danni di zingari e barboni. In questa situazione, Luna incontra la giovane italiana Martina, venuta in Bosnia in un momento di crisi personale perché oppressa da un padre invadente, incerta di fronte al suo futuro professionale e con alle spalle delle relazioni sentimentali burrascose. Proprio in Bosnia, la ragazza italiana ha una relazione ambigua con Matteo, attuale fidanzato di Maja che la miglior amica di Luna. Luna e Martina si incontrano a cena a casa di Matteo e sono fin da subito incuriosite ed attratte l’una dall’altra. Nonostante la vita di Luna sembri scorrere normalmente, la vicinanza di Martina la scuote non poco. Un po’ alla volta Luna inizia ad avvertire un cambiamento nel suo rapporto con Haris: è come se non fossero più sulla stessa lunghezza d’onda e lui non fosse più capace di capirla veramente. È così che le due ragazze iniziano a frequentarsi assiduamente e, man mano che la loro amicizia si fa più profonda, si isolano dal mondo circostante per trascorrere sempre più tempo insieme. Matteo, preoccupato, affronta con durezza Martina che però non si lascia intimorire e si trasferisce nella casa disabitata che la nonna ha lasciato in eredità a Luna. Qui le due ragazze fanno l’amore per la prima volta. Tra loro nasce così una relazione tenera e coinvolgente che le due ragazze, consapevoli del contesto, mantengono segreta. Quando però il loro rapporto viene scoperto, la famiglia di Luna reagisce con durezza e non si dimostra affatto pronta ad accettare l’omosessualità della figlia. Così, mentre Luna è ancora inconsapevole di esser stata scoperta e continua a condurre la sua doppia vita, Haris insieme a Nermin e ai suoi amici teppisti prepara il suo piano per spingere Martina a tornarsene in Italia: Nermin e Esad partono per “dare una lezione” all’italiana ma la situazione sfugge loro di mano. Il legame che unisce Luna e Martina è più forte di ogni avversità, e le due ragazze decidono di continuare a vivere il loro amore finalmente alla luce del sole, lontano da Sarajevo.  
Un'immagine del film "L'altra luna"

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"La prima idea del soggetto de 'L'altra luna' mi è balenata in mente nel maggio 2011, durante uno dei miei numerosi viaggi a Sarajevo. Il mio personale rapporto con la capitale bosniaca è forte, profondo e di lunga data: la mia prima volta in città fu nel marzo 1996, appena pochi mesi dopo la fine della guerra. In quel periodo, parallelamente alla mia attività professionale nel settore cinematografico, ero impegnato anche nel volontariato internazionale con una ONG italiana presente in Bosnia con le sue attività di aiuto umanitario" racconta il regista Carlo Chiaramonte, nato a L’Aquila nel 1965. Da allora il cineasta è tornato numerose volte a Sarajevo dove ha anche girato anche il documentario “Il centro del mondo”, ritratto affettuoso della città di Sarajevo, ispirato a un libro dello scrittore e drammaturgo bosniaco Dževad Karahasan. Tornando all'amore raccontato da "L'altra Luna", Chiaramonte ricorda che "prima di partire per Sarajevo avevo avuto una lunga conversazione con una giovane amica che stava attraversando una sorta di tragedia familiare perché i suoi genitori, fino ad allora all’oscuro della sua omosessualità, avevano appena scoperto la sua relazione lesbica con una ragazza. Così, mentre a Sarajevo passavo per la principale strada pedonale del centro sempre affollata di ragazzi a passeggio, la visione per me ormai consueta, ma sempre affascinante, di una coppia di giovani amiche che procedevano sotto braccio, l’una velata secondo tradizione islamica e l’altra vestita 'all’occidentale' in maniera persino provocante, mi ha colpito in modo del tutto nuovo: la vicenda della mia amica a Roma ha fatto corto circuito con l’immagine delle due giovani di Sarajevo e mi sono ritrovato a domandarmi come la ragazza islamica avrebbe potuto reagire di fronte alla scoperta di una relazione omosessuale della sua migliore amica con una ragazza straniera. Lo spunto drammatico iniziale de 'L'altra luna' è contenuto interamente nella relazione tra quell’immagine e quell’interrogativo".