Può un attore protagonista, diventato icona mondiale grazie alla serie che ha riscosso il più grande successo di tutti i tempi sul piccolo schermo, prendersi delle colpe o assumersi delle responsabilità per ciò che le persone hanno fatto una volta visto lo show? Il caso in questione vede Lee Jung-Jae, attore sud coreano diventato celeberrimo grazie alla serie tv Squid Game, distribuita su Netflix e diventata in poco tempo la serie più vista di tutti i tempi sul famoso portale di streaming.
Risvolti negativi? “Non è una serie adatta ai minori”
Per molto tempo, però, si è parlato anche dei risvolti negativi del gioco del calamaro, della violenza che aveva insegnato ai bambini e dei vari tentativi di emulazione tra scuole, parchi e giardinetti. L’attore, arrivato a Firenze per l’inaugurazione del prestigioso Korea Film Festival, ha risposto a molte domane durante la conferenza di presentazione, e naturalmente non sono mancati i risvolti sociali e umani di Squid Game. “Questa serie è dedicata solo ad un pubblico maggiorenne – ha spiegato Jung-Jae –. Non so come dei bambini abbiano potuto vederla, sono dispiaciuto che i ragazzi usino la violenza. Penso serva un maggiore controllo e diversificazione tra i programmi che possono vedere gli adulti e quelli che possono essere visti dai minori”.
Il messaggio contro la violenza
L’attore si è poi addentrato in quello che Squid Game ha rappresentato per lui, e i messaggi che la serie voleva trasmettere. “In Squid Game – ha proseguito – vediamo molti tradimenti e aggressioni, però le persone non vogliono questi comportamenti, perché pensano che ci sia ancora il bene nel mondo. Molti youtuber guardano il telefilm e pensano che non si deve fare così, c’è una morale. Il messaggio di Squid Game, quindi, è corretto, non vuole incitare alla violenza, ma andare contro la violenza. Quando ho letto la sceneggiatura la prima volta pensavo fosse impossibile riuscire a creare uno show simile, poi ho visto il set e ho capito che stavamo per fare qualcosa di grande, di veramente importante”.
Riguardo poi al protagonista Seong Gi-hun (ludopata squattrinato sopravvissuto a stento ai giochi mortali) che interpreta dice: “Per me quel personaggio è molto importante perché in realtà partendo da una fase di debolezza, grazie a un percorso di crescita diventa più forte. Questo mi fa ben sperare che l’amore e l’empatia siano ancora una componente essenziale della nostra società”. “Sicuramente grazie a Netflix – ha poi aggiunto – e alle piattaforme web, ci siamo potuti avvicinare al pubblico italiano, anche perché i contenuti coreani non sono sempre facili da distribuire. Penso che queste piattaforme possano offrire contenuti rilevanti in tutto il mondo. Inoltre, a causa della pandemia la distribuzione di molti film è stata arrestata, ma spero che ora queste forme d’arte possano arrivare direttamente nelle case del pubblico di tutto il mondo”.
Squid Game fenomeno sociale
Squid Game è diventata infatti un vero e proprio fenomeno sociale: la produzione sudocoreana, un thriller distopico in nove episodi, dal debutto a settembre 2021 è la serie di maggior successo di sempre di Netflix con oltre un miliardo e 600 milioni di ore di visione. Dopo soli 28 giorni dal suo debutto sulla piattaforma ha fatto registrare 111 milioni di visualizzazioni, battendo il record storico degli 82 milioni di Bridgerton. Confermata per la seconda stagione, che dovrebbe essere pronta per il 2024, nei giorni scorsi il regista e direttore di produzione Hwang Dong-hyuk ha annunciato che nello show “e in tutti gli altri progetti a cui sto lavorando, sarà impossibile non affrontare temi come la polarizzazione politica, le divisioni culturali e sociali, l’emergenza climatica, le crisi del mondo di oggi. Sono argomenti sui quali continuo la mia osservazione e la mia critica”. Lo stesso frontman Lee Jung-jae, interpellato a Firenze dai giornalisti, non ha detto molto, se non che ci sarà – com’era già noto – e che il regista sta già lavorando alla nuova sceneggiatura e che ha “delle idee ben chiare”.