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Home » Spettacolo » Lorenza, artista della manipolazione: danzava sul foglio dipingendo col pennello tra i denti

Lorenza, artista della manipolazione: danzava sul foglio dipingendo col pennello tra i denti

Böttner, dopo un incidente 'folgorante' la giovane artista cilena nata in Germania ha trasformato una pratica pittorica in un'arte performativa

Luca Scarlini
8 Ottobre 2022
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Lorenza amava l’impossibile in tutte le manifestazioni della sua arte. Dipingeva e agiva nella performance con i piedi, da quando un gravissimo incidente nell’infanzia, le aveva tolto le braccia mentre si arrampicava su un palo della luce, dove la attendeva una scossa micidiale, ferite tremende, una lunga convalescenza. Cilena di nascita tedesca (1959-1994), si recò con la famiglia nel Paese d’origine, presso Kassel, per cercare terapie migliori per la sua condizione, sfuggendo un ambiente che la emarginava, unendola nel disprezzo ai bambini che avevano braccia piccole e malformate per via dei nefandi effetti del talidomide. Trovò invece sé stessa come artista della manipolazione, lavorando intensamente sull’autoritratto in vesti maschili e femminili.

Lorenza Boettner (Documenta 14 ©Mathias Voelzke)

Proprio la Documenta 14, nel 2017, le ha reso omaggio, con una ampia retrospettiva delle sue opere, dal 1975, giovanissima, fino alla morte. In tutto il suo lavoro, usando come mezzi di espressione la bocca o i piedi, ella dipinse se stessa, nelle vesti del suo sogno e del desiderio. Ideò vestiti per creature transgender disabili, dal glam estremo: creò icone di bellezza assoluta, in cui l’esperienza autobiografica e il sogno futuribile si univano, dando come risultati la creazione di un nuovo essere, che traeva la propria forza dalle limitazioni che il corpo subiva irreparabilmente.

Lorenza Boettner (Documenta 14_©Mathias Voelzke)

Lorenza danzava sul foglio steso a terra, tenendo il pennello tra i denti e inventando un personalissimo dripping, che trasgrediva le regole inventate da Jackson Pollock. La vernice, il corpo che ruotava, le davano l’icona di una divinità del desiderio. Eppure il mondo con tutta la sua brutalità era sempre ben presente, come dimostrano le scene che rappresentano graficamente la violenza della polizia. Nutrice di bambini o Venere di Milo, la provocazione era quella di esporre un fisico aggredito dalla vita, come canone di una nuova rappresentazione. Naturalmente i musei pubblici non volevano riconoscere all’inizio la sua opera come arte a tutto tondo: da qui la sua partecipazione al “Disabled Artist Network”, insieme a Sandra Aronson, chiedendo udienza per le sue visioni, al di fuori del facile ghetto della solidarietà. Danzatrice, contorsionista, seduttrice o sorridente, infine Lorenza decise di lasciare la Germania per Barcellona. Qui terminò clamorosamente la sua opera, dando vita a Petra, la mascotte delle Paralimpiadi inventata da Javier Mariscal. Con una maschera in testa, sfidava la folla: poco dopo morì per malattie legate all’HIV, lasciando un’eredità di grazia e rivolta.

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Lorenza Boettner (Documenta 14 ©Mathias Voelzke)
Proprio la Documenta 14, nel 2017, le ha reso omaggio, con una ampia retrospettiva delle sue opere, dal 1975, giovanissima, fino alla morte. In tutto il suo lavoro, usando come mezzi di espressione la bocca o i piedi, ella dipinse se stessa, nelle vesti del suo sogno e del desiderio. Ideò vestiti per creature transgender disabili, dal glam estremo: creò icone di bellezza assoluta, in cui l’esperienza autobiografica e il sogno futuribile si univano, dando come risultati la creazione di un nuovo essere, che traeva la propria forza dalle limitazioni che il corpo subiva irreparabilmente.
Lorenza Boettner (Documenta 14_©Mathias Voelzke)
Lorenza danzava sul foglio steso a terra, tenendo il pennello tra i denti e inventando un personalissimo dripping, che trasgrediva le regole inventate da Jackson Pollock. La vernice, il corpo che ruotava, le davano l’icona di una divinità del desiderio. Eppure il mondo con tutta la sua brutalità era sempre ben presente, come dimostrano le scene che rappresentano graficamente la violenza della polizia. Nutrice di bambini o Venere di Milo, la provocazione era quella di esporre un fisico aggredito dalla vita, come canone di una nuova rappresentazione. Naturalmente i musei pubblici non volevano riconoscere all’inizio la sua opera come arte a tutto tondo: da qui la sua partecipazione al "Disabled Artist Network", insieme a Sandra Aronson, chiedendo udienza per le sue visioni, al di fuori del facile ghetto della solidarietà. Danzatrice, contorsionista, seduttrice o sorridente, infine Lorenza decise di lasciare la Germania per Barcellona. Qui terminò clamorosamente la sua opera, dando vita a Petra, la mascotte delle Paralimpiadi inventata da Javier Mariscal. Con una maschera in testa, sfidava la folla: poco dopo morì per malattie legate all’HIV, lasciando un’eredità di grazia e rivolta.
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